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L’infinito in un paesaggio. Giorgio Morandi incanta Art Basel 2022 nello stand di g.a.m.

Giorgio Morandi, Paesaggio, 1937 - Courtesy Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. Giorgio Morandi, Paesaggio, 1937 - Courtesy Galleria d'Arte Maggiore g.a.m.
Giorgio Morandi, Paesaggio, 1937 - Courtesy Galleria d'Arte Maggiore g.a.m.
Giorgio Morandi, Paesaggio, 1937 – Courtesy Galleria d’Arte Maggiore g.a.m.
La Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. presenta ad Art Basel 2022 (16-19 giugno, Basilea, Svizzera) una mostra dedicata al tema del paesaggio all’interno della produzione artistica di Giorgio Morandi.

C’è un pittore che non ha mai lasciato casa sua, a Bologna. Non ha mai nemmeno lasciato Bologna, a dire il vero. Per dipingere gli bastava guardare fuori dalla finestra, oppure predisporre sul tavolo bottiglie e bicchieri, nature morte da eternare in composizioni delicate. Quel pittore è Giorgio Morandi e ora le sue opere, al contrario di chi le ha realizzate, girano tutto il mondo. In questo momento ne si trova un esempio ad Art Basel 2022 (qui il nostro report), dove Galleria d’Arte Maggiore presenta uno stand a lui dedicato.

In via eccezionale, però, non si tratta di nature morte o dei tetti di Bologna, ma di una selezione di paesaggi che l’artista ha realizzato durante i soggiorni estivi a Grizzana. L’unico luogo, come lui stesso racconta, dove poteva trovare settanta sfumature di verde.

Il solo posto, all’infuori della città natale, dove l’artista usava immergersi per la sua indagine pittorica. Sempre declinata, qualsiasi sia il soggetto, sulla strada che conduce all’astrattismo. Le nature morte, la vista dalla finestra di casa, in via Fondazza a Bologna, o Grizzana, non sono che il pretesto di questa astrazione, allo stesso modo delle sue bottiglie, o della montagna dell’Estaque per Cézanne o dei campi di Arles per Van Gogh.

Come sottolinea Cesare Bardi: «è proprio nei paesaggi che si può seguire la relazione, mai mimetica, che lo lega al modello, alla natura. Certamente questo modello risulta indispensabile al distacco della fantasia dell’artista: è l’occasione dell’opera». Va evidenziato altresì come l’interesse di Morandi non sia quello di fissare sulla tela l’atmosfera e la luce dell’alba, o del tramonto, perché il suo sguardo non si posa su una vicenda che si compie nel giro di un giorno. Se nella natura morta l’occasione dell’opera era una composizione fissa su cui l’artista si andava nel tempo a soffermare, nel paesaggio tale occasione è costituita dalla natura.

Dai paesaggi morandiani non si avrà mai il senso del momento colto e sottratto alla natura, quel senso che non è di immagine ma di documentario. Non c’è l’interesse di fermare l’istantanea di un paesaggio. La dimensione temporale alla base dei paesaggi di Morandi, come delle sue nature morte, non è l’istantaneità quanto piuttosto la durata infinita.

Analogamente a certe immagini del passato che tracciano segni indelebili nel nostro sentire, i paesaggi di Morandi non ci raccontano solo del diverso comporsi delle luci e delle ombre, ma si fanno visioni di elementi appartenenti a un nostro ricordo. La durata di questi paesaggi è “durata infinita” proprio perché la loro immagine è prima di tutto un’immagine mentale conservata e riattivata nella memoria.

I suoi paesaggi non rispondono alla percezione ottica, ma alla sua visione interiorizzata e restituita. I paesaggi di Morandi si mostrano come un insieme di forme che l’artista ha ri-composto dalla realtà attraverso il proprio sguardo interiore, immagini che solo apparentemente si ritirano al margine della vita, tracciando, nella sostanza, la strada che riconduce dritta all’animo, all’uomo.

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