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Ragazza senza prefazione. Intervista a Luca Tosi in occasione del suo esordio letterario

Marcello Travaglini è il protagonista ventisettenne di Ragazza senza prefazione, il romanzo d’esordio di Luca Tosi, edito da TerraRossa Edizioni nella collana Sperimentali e opera selezionata dalla giuria dei letterari del Premio Campiello 2022.

Avvalendosi di una forte naturalezza, di una spontanea intimità e di un linguaggio diretto e disarmante, Luca Tosi mette in scena un periodo di vita in cui tutto sembra andare – apparentemente – storto: Marcello ha 27 anni, vive con la famiglia a Santarcangelo di Romagna, e si sente “ingabbiato” all’interno di casa sua; ha una laurea in Economia e un master in Business and Management a Padova, ma non sa ancora cosa farà, e cosa vorrà fare nella sua vita di adulto.

Lavoro nessuno, pensieri e parenti troppi, fisse una sola: Lei. Marcello non riesce a togliersela dalla testa, anche se c’ha passato insieme una notte soltanto: la Ragazza senza prefazione è un chiodo fisso nella sua esistenza, una Lei che, però, non sa di esserlo.

Ciao Luca. Come e quando nasce questa storia? 

Il libro l’ho scritto nel 2018. Ero stato a lavorare all’estero, poi sono tornato per un po’ a casa dei miei, a Santarcangelo. Proprio in quei mesi ho cominciato a leggere gli autori di Santarcangelo, che sono autori che non avevo mai letto prima – non so perché, ho sempre cercato la letteratura in luoghi lontani, l’America e la Russia, trascurando completamente quelli emiliano-romagnoli. Ho iniziato a leggere questi scrittori santarcangiolesi che sono Raffaello Baldini, Nino Pedretti, Tonino Guerra: autori che hanno sempre scritto in dialetto. Quando ho letto loro, mi sono accorto di avere una lingua “in casa”, o meglio, “nella pancia” – un modo di esprimersi che mi appartiene, sia nel formulare pensieri che nel parlare – e ho provato a usarla. In quel momento, avevo anche chiara la volontà di provare a scrivere un romanzo, quindi ho identificato subito questo personaggio che era un ragazzo di Santarcangelo, che era cresciuto lì, e che, finito di studiare a Padova, torna per un po’ a stare dai suoi e deve capire cosa fare. La molla per scrivere il libro è stata soprattutto l’aver trovato la lingua che doveva parlare Marcello. Nel libro non c’è mai una parola in dialetto, però io, mentre lo scrivevo, pensavo in dialetto e poi mi autotraducevo scrivendo al computer. Ho cominciato a scrivere in modo automatico, quasi senza pensare alla trama, fidandomi del personaggio di Marcello.

Quanto di Luca c’è nel personaggio di Marcello? Insomma, quanto lui è un tuo alter-ego?

Credo che molte cose mie siano finite dentro il personaggio di Marcello, ma anche tante cose dei miei amici o comunque delle persone che hanno quell’età lì e si trovano a vivere gli stessi problemi che affronta lui. Marcello non vive grandi traumi, ma questioni che vanno affrontate a quell’età. Si ritrova in un “limbo”: non riesce a capire bene che strada prendere, cosa fare, chi scegliere di essere. Gli manca anche il coraggio e l’intraprendenza, si arrotola su sé stesso e sulla ragazza che ha idealizzato. È un personaggio inconcludente, che si fa tante domande ma di risposte ne trova poche, credo.

Mentre scrivevo, mi sono accorto che era un tipo di personaggio che riesce a radunare in sé una molteplicità di tematiche: i temi del lavoro, della famiglia, dell’identità, dell’indipendenza, del posto in cui vivere cadevano dentro Marcello in modo naturale. Mi piaceva anche l’idea di scrivere di un personaggio disarmato, che sta in basso rispetto al lettore: cioè, non è un tipo di personaggio che alza in chi legge pensieri intellettuali o comunque “ampie” vedute, è un po’ uno sfigato, uno che se la passa così così. Ma allo stesso tempo, usando quel tipo di lingua orale, molto legata al territorio, mi sono reso conto che riuscivo comunque a far sorgere i temi che lui viveva, con un certo candore e insieme tanta insicurezza, come se gli stessi temi componessero una cupola di vetro che sta sopra Marcello e contro cui sbatte la testa ogni volta che prova a venirne a capo.

Luca Tosi

Tutti chiedono a Marcello che cosa vuole fare. Il babbo, più volte, gli domanda: “Marcello ma tu cosa vorresti davvero?” Lo sa Marcello cosa vorrebbe o sa solo cosa dovrebbe fare? 

Io credo che lui sbalzi tra questi due poli: da una parte c’è una volontà che lui si sentirebbe di seguire, che è quella di ricercare la sua strada con le proprie forze e la propria indole, la propria esperienza; dall’altra parte, però, è ancora nella condizione di non essere indipendente, quindi le dritte dei suoi genitori e le aspettative che hanno su di lui lo condizionano molto, fino a trascinarlo nel malumore e nella frustrazione. Insomma, Marcello ha anche un orgoglio spiccato – è un personaggio che, come può, cerca di smarcarsi da quella condizione lì – ma allo stesso tempo non ha le risorse e le possibilità per farlo e riuscirci nell’immediato, perciò si scontra con questa ambiguità di intenti.

Raccontaci di Santarcangelo di Romagna, la tua città di origine da cui, anche tu, sei scappato, come Marcello. È vero ciò che dice Marcello, che è diventata “il paese del romagnolo ricco”?

È un po’ vero. Santarcangelo, comunque sia, è un posto vivo e stimolante: è provincia, però si distingue dal resto della provincia romagnola, che vive anche delle situazioni di abbandono e di spopolamento. Santarcangelo fa un po’ eccezione.

Contemporaneamente, però, è un posto che è molto frequentato da un tipo di persone che non sono quelle che “cerca” Marcello e di cui avrebbe più bisogno: tutte coppie sposate, famiglie, parenti. In più, a Santarcangelo c’è ordine – in un passaggio del libro, Marcello dice che, in paese, non c’è una cartaccia per terra e che per trovarla, bisogna andare verso la stazione. Marcello avrebbe bisogno di una maggiore confusione attorno a sé, caos; è un tipo di personaggio che si sentirebbe a suo agio in un posto dove c’è più possibilità di sbagliare e di confondersi tra la gente, mentre Santarcangelo è un paese piccolo, dove tutti conoscono tutti. Questo lo mette alle strette.

Letteratura che leggi maggiormente? 

Io, da quando ho cominciato a scrivere, ho sempre guardato agli americani – soprattutto a partire dalla letteratura della Beat Generation. Poi ho scoperto l’incredibile letteratura russa. Solo negli ultimi anni, ho cominciato a leggere gli scrittori di Santarcangelo e gli scrittori emiliani – Ermanno Cavazzoni, Gianni Celati, Paolo Nori solo per citarne alcuni. Pier Vittorio Tondelli, fra gli altri, è stato uno scrittore utilissimo durante la fase di editing del libro, per la ricerca che ho fatto di termini “volgari” affini alla lingua del territorio emiliano-romagnolo.

Biografia

Luca Tosi è nato a Cesena nel 1990 e attualmente vive a Bologna. Suoi racconti sono apparsi su «Futura» (newsletter del «Corriere della Sera»), su minima&moralia, sulla rivista «’tina» diretta da Matteo B. Bianchi e nelle antologie Matti di guerra (Morellini Editore), curata da Andrea Tarabbia, e Cuore di Pietra (Skinnerboox), curata da Federico Clavarino e Wu Ming 2. Ragazza senza prefazione è il suo romanzo d’esordio.

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