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Ricami astratti d’amore e di resistenza | Intervista a Dante Buu

Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni v+Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni
Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni
v+Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni
In occasione della mostra The art of Holding Hands/as we break through the sedimentary cloud, organizzata dal Padiglione del Montenegro e allestita presso Palazzo Malipiero per la 59ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, l’artista Dante Buu narra, attraverso i suoi ricami, una storia d’amore e di resistenza basata sulla propria esperienza personale.

Seguendo il fil rouge che lega le opere degli artisti esposti – connesse dal medesimo fine di dimostrare il potere terapeutico dell’arte in questo momento storico, caratterizzato dall’alienazione dell’essere umano e dalla creazione di un “deserto” post sociale – Dante decide di condurre lo spettatore all’interno delle propria sfera privata e di raccontare le emozioni vissute durante il periodo di isolamento.

L’artista crea una propria cosmologia personale, fatta di mondi immaginari astratti, mentre è costretto a rinunciare alla propria vita a causa della situazione sanitaria; la società e la natura, soggette a radicali mutazioni dettate dai rapidi avvenimenti che si sono susseguiti negli ultimi anni, vengono private del proprio corpo solido e narrate da Dante attraverso i suoi intrecci di fili colorati e immagini prive di forma.

La tua ricerca artistica si concentra principalmente su temi come l’amore, la resistenza e l’intimità; le tue opere affrontano, con una certa urgenza, il fenomeno dell’alienazione che affligge la nostra società. Puoi parlarci della tua poetica, del processo creativo attraverso il quale nascono le tue opere e la tua pratica artistica?

Per tutta la vita, in luoghi differenti, sono perseguitato da queste immagini, momenti congelati nel tempo di eventi che sono accaduti e di altri che invece non sono accaduti.

Per qualche ragione, sono sempre storie non ancora raccontate riguardo l’amore e la resistenza. Storie di fierezza e di forza nel riuscire ad affrontare tutto ciò che vuole abbatterci. Attraverso l’intimità e l’autobiografia, intrecciata con le vite degli “altri”, cerco di raccontare queste storie. Per me l’arte avviene in modo intuitivo. Non pianifico, non faccio ricerche o cerco riferimenti mentre creo le opere. C’è un momento, che arriva sempre inaspettato, in cui tutti gli input esterni e le emozioni interne si uniscono, così mi rendo conto di come sarà realizzata l’opera, qual è il suo mezzo, la sua storia e il suo sentimento.

Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni
Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni

Alla 59ª Esposizione Internazionale d’Arte, hai portato una serie di ricami astratti che richiamano nella tecnica un’antica tradizione del tuo Paese, spesso relegata alla figura della donna. Come ti sei avvicinato a questa tecnica e quale messaggio vuoi trasmettere attraverso il tuo lavoro?

La prima volta che ho introdotto il ricamo come mezzo di comunicazione nella mia pratica artistica è stata quando questa immagine molto realistica è apparsa, rimanendo impressa nella mia mente: mia madre seduta ai piedi del letto di mio padre in attesa che egli si svegliasse dopo un intervento chirurgico. È stato allora che ho iniziato il lavoro A Portrait of my Parents / Summer (2014), che mi impegnerà per i successivi quattro anni e che darà inizio all’opera Fifth Season; il lavoro è stato esposto per la prima volta alla mostra Young and Restful alla MeetFactory di Praga (2022). Io sono la Fifth Season, e la Fifth reason rappresenta la mia dote. A differenza delle giovani spose in Once upon a time dowry, che racchiude le speranze e i sogni per la loro vita futura, la mia dote ricama i miei sentimenti, storie tanto care quanto strazianti per me, appartenenti al passato ma sempre vive nel presente.

Sono fortunato poiché i miei genitori sono divini e mi hanno sempre mostrato sostegno assoluto in tutto ciò che faccio. Quando è arrivata la chiamata per la Biennale di Venezia, mia madre ha fatto i bagagli ed è venuta a Berlino da Rožaje. Abbiamo iniziato lì a creare l’opera Oh, you remind me so much of a man I used to adore. Mia madre ha iniziato a ricamare da un lato della tela e io dall’altro; poiché il ricamo richiede molto tempo per essere realizzato, l’opera viene mostrata come un work in progress; ma in un momento futuro i ricami di mia madre e i miei si intrecceranno completamente nell’opera finita.

Ho imparato a ricamare osservando le donne della mia famiglia mentre lo facevano. Tradizionalmente il ricamo è una pratica femminile, e sia nella tradizione sia nella contemporaneità rientra nella categoria del lavoro femminile che spesso è invisibile. Utilizzando il ricamo come medium nelle mie opere, l’intenzione non è quella di appropriarmene, ma di salvarlo dall’oblio in cui indubbiamente cadrebbe.

Queste sculture astratte di ricamo esposte nel Padiglione Montenegro sono state create in modo intuitivo. Ho una scatola di fili: in essa ci sono fili rimasti dalle doti, fili di materiale di scarto e alcuni fili nuovi. Senza guardare, scelgo un colore e ricamo ciò che sento in quel momento. Ricamo finché il filo non è esaurito e ripeto la stessa azione finché il lavoro non è finito. Non so mai come apparirà il lavoro e quali saranno le sue dimensioni finali. Quando il ricamo è finito, lo attacco a fili metallici malleabili, il che significa che a ogni nuova installazione il lavoro ha un aspetto diverso. In questo modo, l’opera rimane sempre viva, sempre mutevole, un’antiforma. Proprio come i sentimenti che proviamo, sempre nuovi, sempre in evoluzione, sempre vivi.

Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni
Dante Buu, Montenegro pavilion 2022. Credits to Ugo Carmeni

Natalija Vujosevic, curatrice del Padiglione del Montenegro, ha voluto unire artisti di diverse generazioni e intrecciare punti di vista multitemporali. Cosa significa per te essere un’artista e come ti relazioni con il contesto culturale, passato e presente, del tuo Paese?

Credo profondamente che l’opinione personale sia politica, e la politica sia opinione personale. Considero l’arte una piattaforma ideale per proporre il proprio punto di vista al fine di influenzare la politica, poiché indubbiamente la politica influenza la nostra vita personale e, purtroppo, in molti casi in modo oppressivo.

Uno dei miei più grandi dolori nasce dal fatto che viviamo ancora in un mondo colmo di divisioni infinitamente rigide ed esclusive, ma questo, ovviamente, crea anche spazio per la resistenza. Per me la resistenza è un movimento fluido attraverso i ruoli di genere imposti, le regole canoniche imposte dell’arte e tutte le altre norme imposte che non sono altro che regole inventate che, come vediamo ogni giorno, non ci portano avanti ma ci mantengono solo nello status quo. La resistenza attraverso l’amore credo sia la strada corretta da seguire per tutti noi, per i nostri Paesi e per il bene del nostro mondo.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e su cosa si concentrerà la tua ricerca artistica?

Credo di aver capito solo ora cosa significhi davvero la Biennale di Venezia e quanto sia importante dal punto di vista professionale; cerco sempre di essere prima di tutto contento e soddisfatto del mio lavoro, e lo sono davvero. Sono estremamente orgoglioso del Padiglione che abbiamo presentato a Venezia quest’anno. La curatrice Natalija Vujošević e la commissaria Jelena Božović hanno fatto un lavoro eccellente, tanto che il nostro Padiglione rispecchia davvero ciò che dovrebbe essere una mostra d’arte contemporanea. Sono infinitamente grato e orgoglioso anche dei miei colleghi con cui ho avuto occasione di esporre: tutti noi, individualmente, siamo riusciti a rappresentare il Montenegro, con le nostre pratiche artistiche molto diverse fra loro, nel miglior modo possibile.

Attualmente sto ultimando il libro Fifth Season, che completerà la storia di questo lavoro, e mi sto lentamente preparando per le residenze a New Orleans e New York in autunno.

È arrivata l’estate e, a dire il vero, sto vivendo un bel periodo della mia vita, davvero pieno d’amore. Alcune ispirazioni stanno emergendo, ma le sto lasciando sviluppare secondo il loro ritmo: sono molto curioso di vedere cosa ne verrà fuori.

Zuzana Chalupovà, Montenegro pavilion, 2022. Credits to Ugo Carmeni
Zuzana Chalupovà, Montenegro pavilion, 2022. Credits to Ugo Carmeni

Questo contenuto è stato realizzato da Alessandra Abbate per Forme Uniche.

https://www.instagram.com/dante_buu/

https://www.dantebuu.com/

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