Belyj esorcizza il dramma bellico russo-ucraino esponendo sculture che evocano macerie e inchiostri che richiamano esplosioni nuclerari
“Io voglio lavorare su questa idea: sono in uno dei posti più belli del mondo, e voglio che gli artisti vengano a lavorare qui. E poi portino anche fuori quel che acquisiscono qui”. Questo ci confidava lo scorso anno Giampaolo Abbondio, sui progetti per la sua nuova galleria aperta in Umbria. E il “qui” era riferito a Todi, dove ora inizia a mettere in atto quei propositi. Parte delle opere dell’artista russo Peter Belyj, esposte nella mostra Romantic Apocalypse, sono infatti state realizzate proprio in loco, utilizzando materiali reperito sul posto. E il legame degli artisti della galleria con l’ambiente umbro si rafforzerà con il prossimo progetto espositivo, una personale di Jason Middlebrook. Il quale è anche ora in residenza nelle campagne tuderti per realizzare le opere che esporrà nella mostra al via all’inizio di settembre.
Tornando alla mostra attuale, in chiusura in questi giorni: abbiamo sottolineato di Belyi le sue origini russe. Ed è lui stesso a dare a questo una valenza socio-politica, nello statement dell’esposizione. A quella che definisce “guerra fratricida in Ucraina”. “A prima vista, le immagini presentate in mostra non sembrano avere un rapporto diretto con le operazioni belliche”, scrive l’artista. Piuttosto “alludono alla componente apocalittica degli ultimi anni – epidemie, guerra, fame, morte. La minaccia di un attacco nucleare che, a un certo punto, è stata evocata, la retorica imperiale delle autorità russe e il terrore che ha invaso tutta l’umanità”.
E le sculture in mostra, in cemento e lacerti di laterizi, possono effettivamente evocare macerie. Così come le bellissime carte “aggredite” dagli inchiostri possono ricordare esplosioni, contaminazioni di materie, ridefinizione di climi. “Da una parte, avvertimenti e profezie, irrazionalità, timore e tremore di fronte all’ignoto, scolorite foschie idilliche”, contestualizza l’autore. “Dall’altra le immagini nefaste di un’apocalisse nucleare”. Che deve restare confinata alla libertà dell’arte…
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