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Orrore e supplizio. Ancora sui cannibali di Guadagnino a Venezia 79

Maren (Taylor Russel, a sinistra) e Lee (Timothée Chalamet, a destra) in una scena di Bones and All (2022) di Luca Guadagnino
Maren (Taylor Russel, a sinistra) e Lee (Timothée Chalamet, a destra) in una scena di Bones and All (2022) di Luca Guadagnino

“Ma per piacere”, borbotta una signora abbandonando la proiezione di Bones and All – nuovo film di Luca Guadagnino presentato in concorso alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e in uscita nelle sale il 23 novembre –, pochi minuti dopo l’inizio della proiezione. Il moto di disapprovazione della spettatrice coincide con la scena in cui il regista siciliano – che torna al Lido dopo l’insuccesso e l’indifferenza che si erano lasciati dietro rispettivamente i suoi A Bigger Splash (2015) e Suspiria (2018) – dichiara in modo esplicito il genere a cui appartiene la sua ultima fatica: la protagonista Maren (Taylor Russell), sgattaiolata nottetempo a casa di alcune amiche, strappa a morsi un dito della mano di una ragazza appena conosciuta.

Relegare il film al genere horror sarebbe però riduttivo: Bones and All è infatti sì la storia di due giovani cannibali, la sopra citata Maren e Lee, interpretato da Timothée Chalamet che torna a collaborare con Guadagnino dopo l’acclamato Call Me By Your Name. La loro irrefrenabile pulsione per la carne umana, tuttavia, fa da sfondo a una storia d’amore che potrebbe essere quella di due normali adolescenti che, abbandonati dalla famiglia, ricercano la propria identità.

Maren (Taylor Russel, a sinistra) e Lee (Timothée Chalamet, a destra) in una scena di Bones and All (2022) di Luca Guadagnino

L’ambientazione è l’America suburbana e rurale ­­– è la prima volta che Guadagnino gira negli States –, con le sue sconfinate pianure e i suoi tramonti incendiati di rosso: impossessatisi del furgone di una delle loro vittime, Lee e Maren intraprendono una sorta di road trip lungo cui la loro natura cannibalesca li porta inevitabilmente a interrogarsi su quale possa essere il loro posto nel mondo, condannati come sono a cibarsi periodicamente di persone innocenti. Se da un lato Lee è più restio a mettere in dubbio la bontà delle sue azioni, consapevole di non avere alternative, Maren fatica ad accettare una vita da assassina ed emarginata.

Il passato torna

Separatisi temporaneamente ma poi ricongiunti, i due protagonisti scelgono di darsi una possibilità: stabilendosi in un appartamento, per un certo periodo di tempo conducono una vita normale, a tratti felice, trattenendosi dall’assecondare gli istinti che li rendono ineluttabilmente diversi dagli altri. Questa parentesi di tranquillità è però destinata a finire presto, quando il passato torna ad inseguirli con violenza indicibile: a sorprendere sola in casa Maren è Sully (Mark Rylance), anziano cannibale da lei incontrato in precedenza che, solo al mondo, non sa accettare il fatto che la giovane rifiuti la sua compagnia.

Maren (Taylor Russel, a sinistra) e Lee (Timothée Chalamet, a destra) in una scena di Bones and All (2022) di Luca Guadagnino

Pur non rappresentando un capolavoro assoluto, Bones and All è un film ben costruito che racconta l’emarginazione sociale attraverso la chiave del cannibalismo. Rifacendosi ai capisaldi del genere horror, Guadagnino si prende gioco, in alcuni momenti, delle regole stesse di questa forma cinematografica. Emblematica la scena finale, dove l’inquadratura della pacifica strada subito fuori dalla casa in cui Lee e Maren si stanno difendendo, a colpi di pugnale e a morsi, dall’aggressore Sully, si rivela solo una breve intermezzo prima di essere nuovamente catapultati tra laghi di sangue e musiche ritmicamente asfissianti.

Fino all’osso

L’accoglienza del pubblico è stata entusiastica, ancor più quando a sorpresa, dopo la proiezione pubblica, Guadagnino e il cast del film sono saliti tra applausi scroscianti sul palco del Palabiennale. Chiudendo gli occhi davanti alle scene più crude, difficili da digerire ma che comunque evitano di scadere nel gore, Bones and All – letteralmente “fino all’osso”, ovvero il pasto completo che segna il punto di non ritorno per un cannibale – invita a immedesimarsi in quelli che definiremmo come veri e propri mostri: consapevoli della loro natura, Lee e Maren provano a ignorarla ma vengono brutalmente riportati dalla realtà al loro fatale destino. “È il tema a cui sono più legato: cercare la possibilità nell’impossibilità” racconta il regista ai giornalisti presenti al Lido. Chissà che questa volta la travolgente e sanguinaria analisi di questo dualismo non gli valga il favore, oltre che del pubblico, anche della Giuria internazionale di Venezia 79.

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