Giovanni Frangi, Urpflanze Tambac, 2022, olio su tela, cm. 98 x 130
Ninfee, boschi, Heliconia Paradise e stagni: le visioni di Giovanni Frangi galleggiano a Bari
La mostra comprende un corpus di circa quattordici opere appartenenti alla serie Urpflanze Works on paper, un ciclo di lavori su carta, recenti e non, tutti della medesima dimensione (un metro per un metro e quaranta) e parte di una sorta di ciclo unitario intorno ad alcuni temi legati alla natura che l’artista milanese ha indagato negli ultimi anni, quali ninfee, boschi selvaggi, Heliconia Paradise e sassi nell’acqua.
Quella di Frangi è una “pittura delle cose del mondo”, strettamente legata alla natura della quale offre, attraverso una peculiare stratificazione materica e l’uso vivo del colore, una rappresentazione lontana da sterili repliche, totalmente nuova e inattesa. Le immagini rappresentate derivano da fotografie scattate dall’artista stesso nel corso del tempo. L’uso della fotografia è infatti per Frangi pratica quotidiana e contatto diretto con una realtà vista e poi trasformata a modo suo, come si evince in Ansedonia (2020) ed Heliconia Paradise (2021), opere presenti in mostra i cui pigmenti, prima e pastelli a olio proiettano su carta Hanhemühle un elemento naturale carico di una notevole e vibrante energia.
Nel suo recente libro intitolato L’Iintervista, edito da Magonza e a cura di G. Agosti, Giovanni Frangi compie una specie di viaggio a ritroso nella sua vicenda artistica, dagli anni della formazione fino alla descrizione del suo metodo di lavoro. È in queste pagine che l’artista ribadisce come il suo rapporto con l’opera su carta sia sempre stato determinante e in qualche modo anticipatore della sua evoluzione, trovando con quel medium una felicità espressiva e una spontaneità del segno che lo ha sempre contraddistinto.
Il titolo della mostra trae origine dallo scrittore tedesco J.W. Goethe che usa il termine “Urpflanze” per la prima volta nel suo Viaggio in Italia, per descrivere la natura come valore primordiale e come totalità dell’essere: “La natura appartiene a se stessa, l’essenza all’assenza; l’uomo le appartiene, essa appartiene all’uomo“. Goethe nei suoi studi botanici, rintraccia un elemento unitario nell’infinita varietà della natura, facendo derivare tutte le forme delle piante ad un’unica pianta originaria, composta da pochi elementi infinitamente mutabili e duplicabili. La pianta primordiale permette dunque di creare una sintesi tra il singolo e l’universo, tra il sensibile e l’ideale, lasciando cogliere la legge interna alla manifestazione dei fenomeni. Così alla stregua della natura, che si conserva pur rinnovandosi, anche l’arte, dunque la creatività, rivela l’origine di uno Spirito Universale entro il quale, in perenne trasformazione il vivente lascia che accada la sua metamorfosi continua, restando tuttavia nel divenire sempre se stesso.