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Addio a Pio Monti, grande gallerista italiano

Pio Monti Pio Monti
Pio Monti
Pio Monti

Pio Monti, grande gallerista per quasi 50 anni, si è spento all’età di 81 anni

Pio Monti apre la sua prima galleria a Roma nel 1975, dopo una prima esperienza a Macerata, sua città natale. Inizia la sua carriera lavorativa come rappresentante di cosmetici, ma ben presto si interessa all’arte contemporanea, già alla fine degli anni Sessanta. Frequenta a Roma il Caffè Rosati, punto d’incontro delle avanguardie artistiche ed intellettuali di quel periodo.

Qui conosce Gino De Dominicis, con il quale condivide l’appartamento romano di via San Pantaleo e stringe una forte amicizia che durerà fino alla morte prematura dell’artista. È in questo periodo poi che ha i primi contatti di amicizia con alcuni degli artisti che caratterizzeranno il suo percorso di gallerista, come Emilio Prini, Vettor Pisani, Jannis Kounellis.

Tra il ’75 e l’85 rimane nella Capitale ma dagli anni ’90 ritorna nelle Marche dove -parallelamente all’attività romana- apre una sede della galleria.

Nel 2015 apre la Galleria L’Idill’io arte contemporanea a Recanati.

Leo Castelli e Pio Monti, 1986

Ci piace ricordarlo con qualche estratto dal racconto di Giancarlo Politi del suo primo viaggio a New York fatto proprio con Pio Monti, pubblicato nella rubrica “Amarcord“.

“Io, in una stanza al ventottesimo piano con Pio Monti, nel cuore di Manhattan, in un letto grande come non avevo mai visto e accanto il fumatore della Camel con il suo grande cappello da cowboy che mi sembrava sempre più Tex Willer. E dalle cartine stabilimmo che il MoMA sulla 52ma era raggiungibile a piedi e così molte gallerie che allora erano attorno al MoMA. Senza nemmeno una doccia e senza aprire le valigie, io e Pio Monti ci precipitammo a visitare Pace Gallery, Sydney Janis, Leo Castelli, Marlborough. Pio che aveva rapporti con Carla Panicali di Marlborough di Roma, volle subito visitare la casa madre di New York. La mostra era una collettiva da cui Pio, come un cane da tartufi, individuò un bel Rothko che decise sarebbe stato suo. […]
Fu una settimana indimenticabile: visitammo anche la vedova di Ad Reinhardt (Pio voleva comperare un’opera) ma lei, bellissima e ieratica (dopo la morte di Reinherdt divenne la donna dell’Espressionismo astratto newyorchese, compito che esperiva con una grande classe e fierezza sapendo di essere l’amante della Storia), ci rinviò a qualche galleria. […]

Un giorno Pio mi disse che si doveva andare a New Haven, nel Connecticut (a un’ora di treno) a visitare Josef Albers. Pio, senza alcun appuntamento ma avendo saputo che Albers era religiosissimo, sino al punto di fare la comunione prima di iniziare un nuovo quadro, perché ci disse lui stesso che la comunione lo aiutava a ottenere un’opera santa e perfetta. Parole sue, dette davanti a me e Pio Monti, aprile 1967, pronunciate da uno dei più grandi pittori del secolo: Pio che sulla porta si era presentato con un mazzo di fiori per Annie Albers, tirò fuori dalla tasca una bottiglietta con l’etichetta di Acqua Santa benedetta dal Pontefice Paolo VI. Albers si commosse al punto che quasi cadde per terra; poi baciò le mani di Pio, il cui nome gli ricordava Padre Pio di cui il Maestro era devoto. Peccato che la bottiglietta era stata riempita con l’acqua del rubinetto all’Hotel Piccadilly.

Inutile dire che Josef Albers in quella circostanza (ma anche successivamente) fu molto generoso con Pio Monti che acquistò, mi pare tre quadri, a prezzi veramente modici. In seguito organizzò a Macerata una bellissima mostra di Albers con opere scelte di cui il maestro del quadrato fu molto contento. Forse dovrò dedicare un altro Amarcord ai miei viaggi incredibili con Pio Monti”.

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