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Gli scatti di Fabrizio Spucches in mostra all’Acquario Civico di Milano

The Last Drop 01, installation view Courtesy Fabrizio Spucches
The Last Drop 01, installation view Courtesy Fabrizio Spucches

The Last Drop è il titolo della mostra fotografica di Fabrizio Spucches in collaborazione con Fondazione Cesvi a cura di Nicolas Ballario in corso all’Acquario Civico di Milano

Fino all’11 dicembre, presso l’Acquario Civico di Milano, sono in mostra oltre 100 scatti inediti di Fabrizio Spucches che raccontano i drammi e i conflitti sociali del nostro tempo.

Partiamo dalla sede espositiva, un acquario, alquanto inusuale per una mostra ma che, insieme al titolo, ci trasmette fin da subito la chiave di lettura di questa esposizione.
Vi trovate all’Acquario Civico di Milano. Se chiudete gli occhi, nelle sale dove è stata allestita The Last Drop, udirete esclusivamente il rumore dello scrosciare d’acqua. Sarà forse l’ultima goccia? Per scoprirlo è necessario intraprendere un viaggio fotografico emozionale e sfrontato attraverso il quale, Spucches racconta con estrema autenticità due delle problematiche sociali dei nostri giorni: la guerra e la carestia.

Spucches è stato con Fondazione CESVI in Ucraina e nel Corno d’Africa, a fotografare chi è stato colpito dalla violenza russa e chi sta subendo i gravi effetti di una delle siccità più gravi su questo pianeta. Sorge spontanea una domanda che LAST DROP si impegna a raccontare senza alcuna censura. Qual è il trait d’union invisibile di due tragedie umanitarie solo apparentemente distanti tra loro? Da un lato l’Africa con la sua cronica carenza d’acqua, dall’altro l’Ucraina, granaio d’oro dei popoli e obiettivo clou del conflitto attualmente in atto.

Courtesy Fabrizio Spucches

Il parallelismo tra questi due popoli viene evidenziato fin dall’ingresso al percorso espositivo. Qui troviamo Fokla e Rose. Sono due mamme: una ucraina e una kenyota che si stagliano nello spazio come “due madonne” protettrici con in grembo i loro figli.
Entrambe tengono in mano un mazzo di grano a simboleggiare la funzione chiave che il grano svolge per i loro paesi d’origine: l’Ucraina come maggior paese produttore di grano e il Corno d’Africa come paese in prevalenza dipendente dal grano.

Ed ecco che ci viene in aiuto nuovamente il titolo dell’esposizione. Un titolo metaforico che si riferisce sia all’ultima goccia che non cade dai cieli africani causando siccità, carestie e di conseguenza un problema alimentare; e l’ultima o l’ennesima bomba che si scaglia sul territorio ucraino.

Il percorso prosegue con Missed Call (Chiamata Senza Risposta), un’installazione suggestiva costituita da un trolley, una valigia e un trasportino per gatti. Questo è tutto ciò che resta della famiglia di Serhiy costituita da una mamma e due bambini sterminati da un attacco di artiglieria russo a Irpin.

L’installazione è accompagnata da una struggente conversazione Telegram che Serhiy intrattiene con la moglie Tatiana fino alla fatidica missed call. Serhiy scoprirà, in seguito, su Twitter di aver perso i suoi cari.

Courtesy Fabrizio Spucches

Si continua con due serie fotografiche messe in relazione dove la prima rappresenta ciò che resta mentre la seconda ciò che è sempre stato. Da un lato i ritratti di alcuni abitanti di Borojanca, un paesino nella periferia di Kiev dove l’esercito russo ha raso al suolo tutto. Dall’altro i visi degli abitanti di Nasurui, un piccolo villaggio vicino alla contea di Isiolo Kenya (qui CESVI ha una delle sue missioni); qui gli abitanti sono stati sapientemente fotografati da Spucches con gli oggetti in loro possesso: coperte in plastica, carta igienica come suppellettile, una palla, un copertone e niente più. Un’amara verità risulta visibile allo spettatore.

La consapevolezza del popolo ucraino di aver perso tutto si intreccia con l’inconsapevolezza del popolo africano che affronta ogni giorno una quotidianità disarmante e inconcepibile per qualunque altro paese sviluppato. Una costante caratterizza entrambe le condizioni: a farne le spese sono sempre i più deboli ovvero donne e bambini. Qui ritorna il fil rouge della mostra, l’acqua. Infatti, troviamo donne e bambini di nazionalità ucraina e africana che sembrano nuotare/galleggiare all’interno di uno “stagno nero” dove non sembra esserci via d’uscita. I bambini reggono “il peso della guerra e della carestia in egual modo come ci mostrano le due immagini simbolo della mostra: una ragazzina bionda che sostiene un missile e un ragazzino scheletrico che stringe una zolla di terra. Lo stesso ragazzino ci guarda mentre di fronte a noi una fontana site-specific eroga acqua in loop. Un monumento allo spreco che ci spinge ad un esame di coscienza.

Alle due estremità delle pareti spiccano i contributi di Oliviero Toscani e Pavlo Makov che stimolano lo spettatore ad un’ulteriore riflessione: «Fabrizio Spucches sicuramente ha una certa idea del mondo, è ottimista in modo tragico, grottesco…» così lo descrive Toscani, egli utilizza il mezzo giusto per raccontare un mondo che Makov definisce con una metafora che vale l’ingresso alla mostra: «il mondo è diventato per tutti noi un appartamento troppo piccolo. Uno spazio spesso insufficiente, una stanza che ci costringe, in cui le porte nemmeno si chiudono, forse nemmeno esistono più. Se sei in difficoltà dentro la tua stanza, troppo piccola e soffocante, non puoi pensare che gli altri non ti sentano. Se pensi che il tuo vicino di casa chiuda gli occhi e non ti senta stai pensando nel modo sbagliato. Perché tutti noi abbiamo due possibilità: morire insieme, o vivere insieme. Un’altra strada non esiste».

Le ultime due serie fotografiche lasciano sgomenti. Si tratta del racconto di due situazioni irreversibili. Spucches Uccidimi in fretta descrive Il Corno d’Africa afflitto dalla dipendenza di sostanze come il changa o il qat la disperazione di chi è costretto a superare la fame e la sete con espedienti tossici che alleviano un’esigenza puramente momentanea.

E ancora le fotografie scattate a Bucha. Qui durante la ritirata l’esercito russo ha ucciso circa 450 civili.
Il colore del lutto per gli abitanti diviene il nero non in quanto colore prescelto dall’Occidente ma rimando diretto ai sacchi neri in cui sono stati avvolti i cadaveri.
Qui Spucches studia particolarmente l’estetica dei colori: oltre al nero, compaiono i girasoli (una delle coltivazioni più diffuse nello stato ucraino) simbolo della resilienza ucraina l’azzurro che insieme al giallo forma la bandiera dello stato dell’Ucraina.

Lo scopo di Spucches, però, non è quello di fare confronti o paragoni. Non sarebbe possibile in quanto non esiste una condizione peggiore dell’altra. L’aspetto commovente di LAST DROP e ciò che lo spettatore si porta a casa resta certamente la forza sorprendente dell’animo umano.

Le opere di Fabrizio Spucches saranno esposte presso l’Acquario Civico di Milano fino all’11 dicembre 2022. In occasione della mostra è stato pubblicato un libro edito da NFC edizioni con testi di Oliviero Toscani, Tommaso Sacchi, Domenico Piraina, Gloria Zavatta, Pavlo Makov e Nicolas Ballario. L’allestimento e la stampa della mostra sono a cura di Al laboratorio.

Fondazione CESVI è una fondazione laica e indipendente nata a Bergamo nel 1985. CESVI lavora sulle emergenze di fame, educazione e ambiente nei luoghi più poveri del mondo. Nel Corno d’Africa CESVI è presente contro la lotta alla fame e gli effetti del cambiamento climatico. In Ucraina è al fianco della popolazione locale, con centri di accoglienza per mamme e bambini rifugiati e sfollati.

La mostra è promossa dal Comune Milano Cultura e dall’Acquario – Civica Stazione idrobiologica.

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