Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management dell’Arte e dei Beni Culturali”, tenuto tra novembre e dicembre 2022 da Luca Zuccala, direttore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.
A seguito del successo del suo primo romanzo del 2018, I colori delle stelle, che narra dell’amicizia tra Van Gogh e Gauguin, Marco Goldin torna con il sequel Gli ultimi giorni di Van Gogh – il diario ritrovato, edito da Solferino. Il volume rientra all’interno di un progetto ben più vasto, con cui l’autore intende raccontare e dar voce alla figura di Van Gogh attraverso un podcast di cinque puntate, e una rappresentazione teatrale, di cui lui stesso cura la regia. Lo spettacolo ha debuttato il 5 novembre scorso a Salsomaggiore Terme (PR), al Teatro Nuovo, e sarà in tournée fino a marzo del 2023 nei maggiori teatri italiani.
Nonostante il pittore olandese non abbia mai scritto un diario, Il diario ritrovato, si presta a essere per Goldin, un utile espediente narrativo, efficace e funzionale a raccontare in maniera verosimile gli ultimi due mesi e mezzo di vita dell’artista trascorsi nel villaggio di Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi. Infatti, nel prologo compare il titolare della locanda, Arthur Gustave Ravoux, dove Vincent aveva soggiornato tra la fine di maggio e la fine di luglio del 1890. Il locandiere, salito nel sottotetto della stanza di Van Gogh per rifargli il letto, a due settimane prima della sua morte, trova casualmente nel cassetto mezzo aperto dello scrittoio il suo diario, di cui nessuno ne era apparentemente a conoscenza.
Da qui prende avvio la narrazione portata avanti da Goldin che presta le sue parole al pittore. La scena si apre il 15 maggio 1890, con Van Gogh (che nel maggio 2023 sarà protagonista al Metropolitan di New York con una mostra sul ciclo dei Cipressi) che lascia ancora fresco sul cavalletto l’ultimo quadro a Saint-Rémy, la casa di cura per malattie mentali presso la quale si trovava in Provenza, per poi la mattina del giorno seguente prendere un treno e arrivare a Parigi, per solo tre giorni, a casa del Fratello Theo e per poi dirigersi infine ad Auvers.
Proprio in questo luogo si svolgeranno gli ultimi episodi di vita del genio tormentato, tra la realizzazione di alcuni dei suoi capolavori come la chiesa del villaggio e l’incontro con il dottore Gachet, figura cardine per l’artista, al quale dedicherà una serie di ritratti. La storia si sviluppa attraverso molti flashback e ricordi di Van Gogh, senza mai allontanarsi dalle fonti storiche, prime fra tutte le sue lettere, che sono il fil rouge della narrazione. Molto importanti sono anche le descrizioni della natura e dei paesaggi. Il diario ritrovato è molto più di un racconto. L’intento di Goldin, infatti, non è quello di descrivere semplicemente dei fatti che testimonino quanto accaduto nelle ultime settimane di vita del pittore. Anzi, volutamente cerca di indagare da vicino la sua psiche, trasmettendo quello che era lo stato emotivo di Van Gogh. Per far ciò si avvale di un apparato scenografico costituito da due schermi che lo avvolgono sulla scena e proiettano, durante tutto lo spettacolo, immagini di quadri, lettere e foto d’epoca. Oltre a una serie di riprese filmiche dei luoghi di Van Gogh, come Arles e la pianura della Crau, i campi di grano e le strade di Auvers-sur-Oise, la casa del dottor Gachet e il fiume. Non mancano poi gli ambienti dell’Auberge Ravoux, dove Van Gogh ha vissuto nelle settimane finali.
Il tutto accompagnato dai brani del cantautore Franco Battiato che rendendo la scena ancor più suggestiva ed emozionale. Queste musiche non sono utilizzate come sottofondo sonoro ma sono funzionali al racconto e spesso vivono in una loro assolutezza nel rapporto con i quadri e i paesaggi. Ci sono infatti nello spettacolo dei momenti in cui il dialogo tra musica e colore vive unicamente al centro della scena, attraverso la proiezione di video di grande fascino artistico ed emozionale, fortemente legati alle musiche di Battiato. Una scelta per niente casuale. Infatti Battiato amava Van Gogh, e molto spesso si ritrovava a discutere davanti ai suoi quadri con Marco Goldin.
Lo spettacolo si conclude con l’ultima lettera scritta da Van Gogh il 23 luglio al fratello Theo mai inviata. I toni sono duri, sintomo e presagio di quanto da lì a poco sarebbe accaduto: la sua morte. Ma Goldin se ne immagina una seconda scritta dal pittore il 24 luglio, di una tale dolcezza e dichiarazione d’amore come inno alla vita.
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