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Quanto amore in “Amore” di Pippo Delbono

“Amore” di Pippo Delbono è in scena al Teatro Ivo Chiesa a Genova fino al 10 dicembre

I due anni di pandemia hanno segnato tutti, lo sappiano noi e ancor di più gli artisti privati per troppo tempo di salire sul palco che per loro equivale alla ragion di vita. Attori e registi di teatro sono tra le persone che maggiormente hanno accusato il ”male” che per quasi due anni li ha fatti sentire soli. Lo aveva detto Paolini nel suo ultimo spettacolo e lo stesso ha fatto Delbono in questa sua ultima fatica, che, come tale, viene accusata da lui stesso. Fatica perchè anima e cuore del regista erano fragili. Reduce da due lutti importanti ancora non metabolizzati Delbono ha voluto cercare nell’amore quel conforto e quella forza necessaria per reagire e così è stato. “Amore”, questo il titolo dello spettacolo in scena in questi giorni al Teatro Nazionale di Genova, è davvero un atto d’amore verso il pubblico, verso se stesso e possiamo azzardare anche verso Dio.

Nell’Amore di Delbono ci sono tutti gli ingredienti che fanno un bello spettacolo. Nessuna retorica in questa affermazione, ma solo verità, in quanto non è più facile vedere “il bello” a teatro, diventa sempre più difficile, mentre solo “il bello” è capace di emozionare il pubblico. Registi ed attori hanno questo compito fondamentale: donare il bello e se Delbono lo ha sempre fatto, oggi ancor di più. Via via nel tempo i suoi lavori sono maturati. In quest’ultimo, che finalmente si allontana dal lavoro riconducibile al Tanztheater bauschano, è leggibile un’evoluzione quasi mistica che lo avvicina ad un amore cosmico, appunto a Dio.

La scena è un grande spazio vuoto dominato dal colore rosso. Soltanto, da una parte, c’è un albero secco, è l’albero del Sacrificio di Andreij Tarkovskij, quell’albero che il protagonista ha piantato col figlio mentre gli racconta la storia di un monaco che lo innaffiò ogni giorno finché questo non fiorì. Un albero protagonista di una parabola di rinascita, ma che diviene presto anche l’Alentejo di José Saramago: il Portogallo, terra dell’amore cantato, dell’amore perduto, terra arsa e densa di segreti. E’ il Portogallo il luogo che Delbono sceglie per il suo Amore. Raccontato dalla sua voce calda incollata al microfono, ma che risuona anche nelle note dolenti del Fado, espressione musicale dell’anima di Lisbona e il cui termine deriva dal latino “fatum” che significa “destinazione”.

Delbono ricerca infatti una destinazione dove posare i pensieri ed un corpo ormai stanco, e le armonie del Fado, incontro di Oriente e Occidente, lo accompagnano in questa ricerca; preso per mano dalla chitarra di Pedro Joia e la voce di Miguel Ramos. Le parole del suo sentire, dei suoi ricordi, del suo presente, si mescolano  a quelle di Carlos Drummond De Andrade, Sophia de Mello, Breyner Andresen, Jacques Prévert, Reiner,  Maria Rilke, tutti poeti che hanno raccontato l’amore. E dentro la scatola rossa prendono forma e vita i quadri dello spettacolo, immagini ora statiche ora frenetiche, tutte le immagini possibili di ogni tipo d’amore: dalla madre che tiene in braccio il figlio, a quello tribale di un corpo che freme alle note di una musica antica, fino ad un amore in lutto, scosso solo dal vento. 

La bella voce di Aline Frazão è quella che apre lo spettacolo raccontando di un Portogallo come terra spietata, quella dei mercanti e dei conquistatori. Lei ci parla di un Angola conquistata e dimenticata, come spesso fa l’amore, che in preda all’ardore conquista ma non sempre ricorda di aver cura di ciò che ha fatto suo. Ma tra la luce e l’ombra l’amore vince sempre e il canto di Delbono ci fa pensare alla lode di San Francesco, a quel Cantico delle creature scritto una notte dal santo, in cui riflettendo sulle tante tribolazioni che aveva, fu mosso a pietà verso se stesso. Decise allora di ribellarsi al dolore affermando la voglia di vivere, di vincere il male, e di vedere il bello anche in quello. Come Francesco volle trasformare i suoi travagli in canzone di lode ed esultanza, così Delbono esorcizza le insicurezze inflitte dal covid e dal forzato lockdown con la gestazione di Amore, uno spettacolo che si pregia di eleganza,  solennità di immagine, precisione e finezza dei movimenti scenici.  Pippo Delbono salirà sul palco solo alla fine, in abito bianco – come le anime bianche dei morti – per coricarsi lentamente ai piedi dell’albero.

Bravi tutti gli attori storici della compagnia: Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo e Grazia Spinella, che appaiono e scompaiono nel meraviglioso gioco di luci firmato  Orlando Bolognesi.

Lo spettacolo sarà al Teatro Ivo Chiesa fino a sabato 10 dicembre.

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