In occasione di Artissima il PAV di Torino ha inaugurato la mostra Tierra dedicata a Regina José Galindo. L’esposizione presenta al pubblico alcune delle sue più famose performance. Si tratta, come sempre nel caso dell’artista guatemalteca, di una mostra forte, impegnata e geopoliticamente centrata. Resterà visitabile fino al 26 febbraio 2023.
Regina José Galindo nasce in Guatemala nel 1974 in una famiglia della media borghesia. Ben presto prende le distanze da questo gruppo sociale politicamente passivo e, dalla fine degli anni Novanta, imposta la sua pratica artistica. Queste le parole dell’artista: “Si parlava molto poco, se non per niente, della guerra. […] La realtà veniva nascosta, non importava, era un qualcosa che sarebbe successo nell’entroterra del paese, che riguardava l’esercito, la guerriglia e gli indigeni… e noi non appartenevamo a nessuno di questi gruppi”.
La Galindo fa riferimento alla guerra civile che in Guatemala, dal 1960 al 1996, ha visto contrapposti alcuni gruppi ribelli al governo. Quest’ultimo consisteva in una dittatura militare, introdotta nel paese a partire dal golpe del 1954 volto a destituire la sinistra popolare e sostenuto dagli Stati Uniti d’America. Il regime per più di trent’anni ha sistematicamente violato i diritti umani dei civili, perseguitato la popolazione nativa, provocato più di 200.000 vittime.
Al centro della ricerca dell’artista si trova sia la volontà di ricordare il passato politico del Guatemala e rendere omaggio alle vittime, sia quella di denunciare la situazione odierna del Paese, in balia della criminalità. Solamente nel 2005 sono state assassinate 527 donne, delle quali 84 minorenni.
Con le sue performance dure e allarmanti, Regina Josè Galindo combatte l’indifferenza. Interroga la cultura della violenza e i meccanismi di potere, economici e politici, che caratterizzano anzitutto il suo paese d’origine – ma non soltanto. Infligge sul suo corpo le violenze che denuncia, si presta a una testimonianza straziante con la volontà di stimolare, in un pubblico internazionale, riflessione critica e presa di coscienza.
La mostra, che presenta le performance della Galindo legate in modo più o meno simbolico al concetto di terra, fa anche riferimento alla Tierra Arrasada: la campagna genocida che il governo guatemalteco ha portato avanti durante la guerra civile, per scoraggiare l’appoggio della popolazione ai guerriglieri. I militari davano fuoco ai terreni agricoli delle zone rurali in modo da privare i contadini della propria fonte di sostentamento; inoltre utilizzavano il suolo come cimitero per le loro vittime. Il termine Tierra Arrasada può essere riferito anche all’idea di madre terra, di donna. Lo stupro era infatti una delle molte forme di violenza a danno della popolazione nativa.
Documentate attraverso video o fotografie, sono in mostra, tra le altre, le performance Tierra del 2013 e Mazorca del 2014. Nella prima l’artista si trova nuda al centro di un appezzamento di terreno che viene scavato tutto attorno a lei da alcune ruspe. Ne risultano dei fossati che la intrappolano, che evocano tombe. In Mazorca invece degli uomini radono al suolo un campo di granoturco fino a svelare il corpo nudo della Galindo che si nascondeva tra le spighe. La nudità dell’artista rappresenta uno stato di esistenza indifesa, di spersonalizzazione.
L’oggettivazione della donna maya, ma anche dell’essere umano in un discorso che si presta a farsi più ampio, è evocata nelle due performance No perdemos nada con nacer e Piedra. Quest’ultima è un’azione partecipata svoltasi nel 2013 in uno spazio pubblico a San Paolo del Brasile, dove il pubblico era chiamato a urinare sul corpo accovacciato e ricoperto di terra dell’artista. In No perdemos nada con nacer, del 2000, l’artista giace in un sacco trasparente della spazzatura nella discarica municipale di Città del Guatemala.
Un’accezione ecologista al concetto di terra è infine portata dalla performance inedita che Regina Josè Galindo ha realizzato al Pav, Coal to light the fire. L’artista resta in piedi sommersa fino al collo da un cumulo di carbone, che viene lentamente spalato da un uomo che non si accorge della sua presenza. Ancora una volta il riferimento è alle questioni di interesse politico ed economico, in questo caso la guerra Russa – Ucraina, che influiscono sulla vita non solo dell’umanità, ma dell’intero pianeta.