Eleanor ANTIN, 1935 – The Players (from Roman Allegories), 2004, Digital print on 305gsm Hahnemühle Photo Rag Ultra, Smooth Inkjet Paper, 121.9 x 152.4 cm, Edition of 4, (ELA078), © The Artist
Sebbene esteticamente diversi, questi due corpi di opere rivelano il fascino che i due artisti hanno in comune per il mondo antico e la loro sorprendente capacità di trasformare narrative esistenti in nuovi mondi e nuove storie con diversi gradi di significato. È la prima volta che queste opere vengono esposte a Roma.
Attiva fin dai primi anni Sessanta, Eleanor Antin è considerata una delle più influenti artiste femministe e concettuali contemporanee. Le sue opere, pur essendo caratterizzate da un’arguzia e un umorismo inconfondibili, affrontano temi seri e spesso oscuri, riflettendo sulla politica contemporanea, sulle questioni ambientali e sull’identità. Realizzata con un cast di oltre 100 amici e modelli, Roman Allegories comprende 12 tableaux riccamente saturati e grandi fino a 3 metri, in cui attori in costumi classici si aggirano tra le presunte rovine dell’Impero Romano. Attraverso l’allegoria e la satira, le fotografie riportano nel mondo contemporaneo il malinconico senso di perdita provato dai personaggi che vivono in un impero in declino. La serie fa parte delle iconiche Historical Takes (2001-2008) di Antin, una trilogia di cicli fotografici in cui l’ammirazione dell’artista per il mondo antico e lo stile della pittura da salotto del XIX secolo si traduce in una critica al vetriolo della società contemporanea e delle dinamiche di potere.
Eleanor ANTIN, 1935 – The Lovers (from Roman Allegories), 2004, Digital print on 305gsm Hahnemühle Photo Rag Ultra, Smooth Inkjet Paper, 121.9 x 152.4 cm, Edition of 4, (ELA074), © The Artist
Le Roman Allegories sono state interamente scattate nel quartiere di La Jolla, a San Diego, che Antin associa all’antica città di Pompei in quanto entrambi sono posti ricchi ed esposti alla costante minaccia della natura. È un’aperta denuncia agli incendi sempre più distruttivi, alla scarsità d’acqua e alle emergenze ambientali della California. Da ville esclusive a giardini lussureggianti e campi da tennis, i set delle foto sono più di semplici sfondi.
Sono luoghi simbolo dell’eccessiva ricchezza locale e di un tipo di cultura disprezzate dall’artista e minacciate da un’ incombente rovina, espressa visivamente da ricorrenti colonne spezzate, cocci rotti e statue classiche. Da notare è anche come in Roman Allegories prevalgono narrazioni femministe: i personaggi femminili sono raffigurati mentre si divertono apertamente e partecipano a scene di esaltazione baccanale. Tuttavia Antin continua a riconoscere l’inevitabile trappola che attende queste donne, tessuta dalla rigida società in cui vivono e di cui sono vittime. Così in Alice’s Dream ritroviamo appese ad un albero le stesse ragazze che festeggiavano beate nel Triumph of Pan (after Poussin).
Giorgio DE CHIRICO, 1888 – 1978, Mythologie; dix lithographies originales, 1934, White stiff boards portfolio with three cloth ties. 12 printed text sheets (including title page and limitation sheet), and 10 pencil-signed and pencil-numbered bw, lithographs, Each: 28 x 22 cm, No. 44 out of 120 that were for sale, overall edition of, 130 copies, (GDC001), © The Estate of the Artist
Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, Giorgio De Chirico creò una nuova corrente artistica che ispirò profondamente i surrealisti Breton, Dalí e Magritte e che egli stesso battezzò Metafisica in quanto, come la disciplina filosofica, mirava a rappresentare l’essenza situata oltre l’apparenza fisica della realtà. Anche De Chirico, come Antin, era profondamente affascinato dal mondo antico.
Il suo immaginario attinge spesso alla filosofia e alla mitologia del suo paese natale, la Grecia, come è evidente dalle sue Mythologies (1934), un portfolio di 10 litografie in cui statue greche, centauri, mostri marini e l’artista stesso vagano in un mondo puramente teorico. Queste straordinarie litografie sono accompagnate dagli scritti del poeta e romanziere Jean Cocteau, il principale esponente dell’avanguardia francese dei primi anni del ‘900. Cocteau ammirava profondamente De Chirico e definiva la sua opera un “mistero laico“, un luogo in cui enigma e mistero convergono con la chiarezza delle forme. Questo portfolio, raramente messo in mostra, non solo testimonia l’amicizia e il rispetto reciproco tra due grandi personalità, ma ci offre una visione intima e senza precedenti del processo creativo di uno dei pittori più influenti di tutti i tempi.