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Oltre i reticoli, lo spazio. Piero Dorazio a Verona

Piero Dorazio, Litania (dettaglio), Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti Piero Dorazio, Litania (dettaglio), Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Piero Dorazio, Litania (dettaglio), Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Piero Dorazio, Litania (dettaglio), Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti

Il protagonista dell’astrattismo europeo di scena a Verona nelle due sedi della Galleria dello Scudo e della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti

La struttura che altri chiamano reticolo è in realtà una sovrapposizione di parametri. La verticale, la forza di gravità; l’orizzontale, la linea dell’orizzonte e la diagonale, indicativa della nostra rotta. Sono le tre direzioni della nostra esistenza“. Queste parole di Piero Dorazio, affidate nel 1985 a una conversazione con Adachiara Zevi, fungono oggi quasi da presentazione della grande mostra che la Galleria dello Scudo di Verona dedica al protagonista dell’astrattismo europeo. Disposta su due sedi, quella della galleria e la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. La nuova pittura – questo il titolo – indaga infatti la produzione di Dorazio tra il 1963 e il 1968, ovvero quella posteriore alle “trame colorate”, meglio note appunto come “reticoli”.

 

Piero Dorazio, Rustico, 1968 e Allaccio, 1966, Verona, Galleria dello Scudo
Piero Dorazio, Rustico, 1968 e Allaccio, 1966, Verona, Galleria dello Scudo

Se con le “trame” Dorazio si era liberato del problema della forma ricorrendo ad un piano omogeneo ed uniforme, ora utilizza il supporto come elemento dinamico che dà evidenza alle fasce cromatiche. E negli oltre trenta dipinti provenienti dagli eredi dell’artista e da collezioni pubbliche e private presenti in mostra il colore diventa protagonista dello spazio e della forma. Dal fitto intreccio dei reticoli, funzionale alla vibrazione ottica, si passa ora alle “bande di colore”, dove l’organizzazione del quadro poggia sulla combinazione di ritmi orizzontali, verticali e diagonali. Una sterzata drastica, cercata per aprire la composizione a nuove prospettive espressive.

Pennsylvania

Una crescita, la liberazione da schemi che erano divenuti troppo rigidi, che trova corrispondenze con le vicende biografiche di Dorazio. Che in quegli anni – come ricorda il curatore Francesco Tedeschi nell’intervista qui sotto – insegna al dipartimento arti visive dell’University of Pennsylvania, che poi dirigerà, ed entra in contatto con i maggiori protagonisti della scena artistica americana. Da Barnett Newman a Helen Frankenthaler, Ad Reinhardt, Franz Kline, Clyfford Still, Jules Olitsky, Kenneth Noland.

 

E Morris Louis, la cui vicinanza riecheggia in Presente e passato, opera del 1963 che apre simbolicamente il percorso espositivo. “Un po’ incoerente con quanto fatto prima“, come sostiene lo stesso autore nella citata conversazione. “La struttura era la stessa, però, anzichè dipingere una microstruttura avevo dipinto una megastruttura, come una gigantografia di un piccolo dettaglio dei quadri più vecchi, con una scala cromatica dissonante“.

 

Piero Dorazio, Cercando la Magliana, 1964 e Balance and counterbalance, 1965, Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Piero Dorazio, Cercando la Magliana, 1964 e Balance and counterbalance, 1965, Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti

Colore puro

Dorazio approfondisce questi temi, giungendo a coprire completamente la tela, e sostituendo alle armonie del cromatismo sfumato la potenza del colore puro. In opere come Teodorico guarda in fretta, del 1965, esposta alla Galleria Achille Forti, l’unità delle bande colorate viene frammentata in tante piccole macchie, in seguito alla suggestione avuta dai mosaici bizantini visti a Ravenna. Questa frammentazione, ripresa fino al 1968, porta ad una serie di opere in cui le strisce sono costruite raggruppando macchie colorate come in un mosaico.

 

Tornano costantemente i riferimenti alle avanguardie storiche, a cominciare dal Futurismo, a cui Dorazio ha sempre prestato omaggio. In mostra testimoniato da opere come Ottimismo-pessimismo (a Giacomo Balla) e Tranart (a Gino Severini), esposte nella sala personale avuta dall’artista alla XXXIII Biennale di Venezia nel 1966. E la rottura delle sequenze lineari è completa in opere come Kasimiro grande, del 1967, palese evocazione del Suprematismo di Kazimir Malevič. Chiudono la rassegna Litania, Sorteggio, e Next generation, “eseguito durante il soggiorno a Berlino nel 1968, dopo l’interruzione dell’esperienza americana, preludio della stagione successiva”.

 

Piero Dorazio, Ottimismo-pessimismo (a Giacomo Balla), Verona, Galleria dello Scudo
Piero Dorazio, Ottimismo-pessimismo (a Giacomo Balla), Verona, Galleria dello Scudo

Piero Dorazio. La nuova pittura. Opere 1963 – 1968
A cura di Francesco Tedeschi
Fino al 30 aprile 2023
Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti e Galleria dello Scudo
gam.comune.verona.it
galleriadelloscudo.com

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