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Una mostra sulla potenza del colore inaugura la stagione espositiva 2023 del MASI

Werner Bischof, Il Reichstag, Berlino, Germania, 1946, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos 

Il MASI di Lugano apre la stagione espositiva 2023 con una mostra di opere inedite di uno dei più grandi maestri del reportage e della fotografia del Novecento, Werner Bischof (Zurigo, 1916 – Truijllo, Perù, 1954), visitabile dal pubblico dal 12 febbraio al 2 luglio 2023. Nella mostra Unseen Colour attraverso circa 100 stampe digitali a colori da negativi originali dal 1939 agli anni ’50 restaurati per l’occasione, viene esplorata per la prima volta in modo completo l’opera a colori del fotografo svizzero.

Conosciuto soprattutto per i suoi reportage in bianco e nero realizzati in tutto il mondo, Bischof è stato un artista della fotografia, capace di cogliere in scatti iconici la testimonianza della guerra e la rappresentazione dell’umanità. Come recita il titolo della mostra, l’esposizione al MASI intende mettere in luce un aspetto nuovo e meno conosciuto del lavoro di Bischof, ampliando e approfondendo la conoscenza e l’idea che abbiamo di questa importante figura di fotografo. In un momento storico in cui la fotografia a colori godeva di scarsa considerazione ed era relegata alla dimensione pubblicitaria, emerge infatti come Bischof avesse invece colto le potenzialità del colore come mezzo espressivo, rendendolo parte fondamentale del suo processo creativo.

Werner Bischof, Modella con rosa, Zurigo, Svizzera, 1939, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos 

Il percorso della mostra si propone come un libero viaggio a colori attraverso i mondi visitati e vissuti da Bischof e copre tutto l’arco della sua carriera, in un’alternanza di immagini inedite ottenute dall’utilizzo di tre diverse macchine fotografiche: una Rolleiflex, dai particolari negativi quadrati, un’agile Leica, dal formato tascabile, e una Devin Tri-Color Camera, macchina ingombrante, che utilizzava il sistema della tricromia, ma garantiva una resa del colore di alta qualità. Il nucleo di immagini scattate con questa macchina è reso fruibile al pubblico per la prima volta grazie alla scoperta e alle relative indagini sulle lastre di vetro originali da parte del figlio dell’artista, Marco Bischof, che dirige l’archivio intitolato al padre.

I soggetti delle fotografie in mostra sono quelli noti del fotografo svizzero, capace di combinare come pochi altri estetica ed emozione in una composizione perfetta: dagli esperimenti formali dei primi anni di ricerca alle fotografie di studio e moda, dal racconto del dopoguerra in Europa alla presentazione intimistica dell’Estremo Oriente, dalle campagne fotografiche negli Stati Uniti fino all’ultimo viaggio in Sud America. Le opere esposte rivelano la grande capacità tecnica e l’accurata ricerca formale di Werner Bischof, indagine che diventa più costante nella produzione degli ultimi anni e che assume nuova vitalità grazie al colore.

La presentazione delle opere in mostra segue un andamento ordinato in base alle tre macchine fotografiche utilizzate da Werner Bischof. Apre il percorso la sezione con le immagini scattate dalla Devin Tri-Color camera, che accompagna il fotografo svizzero fin dagli inizi della sua carriera. Nature morte, studi di luce, composizioni astratte e anche scatti di moda dei primi anni ’40 rivelano il Bischof attento e curioso sperimentatore dopo la formazione alla Kunstgewerbeschule di Zurigo con Hans Finsler, pioniere della “Neue Sachlichkeit” (Nuova Oggettività).

Werner Bischof, Orchidee (studio), Zurigo, Svizzera, 1943, Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos 

L’afflato sperimentale verrà presto spento in Bischof dall’esperienza della seconda guerra mondiale, quando sente l’urgenza di uscire dallo studio per fotografare la realtà. Sono questi gli anni in cui inizia a documentare l’Europa postbellica per la prestigiosa rivista svizzera “Du”. In mostra è presente una delle fotografie più celebri e discusse del fotografo, quella che ritrae un bambino di Roermond, nei Paesi Bassi, con il volto disseminato dalle cicatrici causate dall’esplosione di una mina giocattolo. Pubblicata a colori come copertina nel numero del maggio 1946 della rivista, l’immagine provocherà accese reazioni di sdegno.

Fotografie a colori di Berlino, Colonia e Dresda e altre città in rovina, realizzate nel ’46, restituiscono invece un’atmosfera di sospensione, grazie alle inquadrature studiate, in forte contrasto con i dettagli e i colori vividi. È soprattutto nel nucleo di fotografie scattate in Europa in quegli stessi anni che si apprezza in particolare l’esplosione cromatica. Grazie all’uso sapiente e mirato del colore, Bischof si dimostra infatti capace di rompere la staticità imposta dai limiti dell’ingombrante Devin Tri-Color, che necessitava di cavalletto e luce intensa. È questo il caso dei ritratti di genere della popolazione rurale italiana, in cui la fissità immobile da cartolina è evitata grazie al colore, che diventa elemento essenziale della composizione.

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