Se n’è andato all’improvviso Marco Stefano Vitiello, fotoreporter romano. Collaboratore di importanti testate italiane e internazionali, fotografò la leader pakistana Benazir Bhutto all’indomani delle dimissioni forzate. A Roma fu fra i fondatori della Galleria L’Image, in via della Scrofa, a due passi dal Senato. A Ostia ha realizzato inchieste sugli annosi problemi di criminalità del litorale romano. Infine ha vissuto a Taranto, dove, oltre che dell’amatissima figlia, si occupava dei problemi del territorio, non ultimo l’inquinamento industriale e l’abbandono della zona
Marco Stefano Vitiello era nato a Roma nel 1953, dove ha vissuto per anni con la sua famiglia. I suoi genitori erano originari di Castel Sant’Angelo sul Nera (Macerata), un piccolo e pittoresco comune della Val Nerina, fra quelli coinvolti nel devastante terremoto del 2016. Il paese d’origine era uno dei luoghi del cuore di Marco Stefano, che non mancava di denunciare i ritardi e le défaillance nella ricostruzione post-sisma.
Vitiello reporter internazionale
Già in piena attività da reporter per testate come The Indipendent, The Guardian, Libération, L’Espresso, Panorama, negli anni Ottanta Vitiello fu fra i fondatori de L’Image. Nello storico negozio del centro della capitale, arrivavano in vendita i primi poster con soggetti artistici e quelli con le foto di cronaca e costume, ben prima degli attuali shop dei musei. Fotografo di rara sensibilità e giornalista con il fiuto per la notizia, non esitava mai quando si trattava di partire per i luoghi caldi della terra. Come quando fu il primo fotoreporter freelance occidentale ad entrare a Baghdad in piena crisi del Golfo. E, sempre con la sua macchina fotografica, riuscì a farsi aprire le porte dello studio di Benazir Bhutto a Karachi, una settimana dopo che la leader pachistana venisse costretta alle dimissioni dai militari, nel 1990. Così Marco Stefano racconta della Bhutto nel suo profilo Twitter: “Conversammo a lungo e fu molto semplice ritrarla con l’espressione intensa di chi sa di avere il proprio destino segnato. Fu assassinata il 27 dicembre 2007, con il silente consenso statunitense”.
Dalla cronaca a Ostia ai problemi di Taranto
Negli anni Novanta si trasferisce a Ostia per fondare e dirigere Metropolit, settimanale nel quale fece da maestro ad una generazione di giovani giornalisti, poi confluiti nei maggiori quotidiani nazionali. Vitiello stesso collaborava come reporter con il Corriere della Sera, occupandosi del malaffare che già all’epoca stava prendendo possesso del territorio. Infine la vita lo ha portato a Taranto, dove vive la giovane figlia Claudia, che ora si dedica come lui alla fotografia. Nel capoluogo pugliese, Marco Stefano Vitiello denunciò la questione, ancora oggi irrisolta, dell’inquinamento causato dalle acciaierie e dei tumori correlati. La definì “la sindrome dei due mari” di Taranto, in un articolo pubblicato su Left Avvenimenti nel 2007: il mare bello e attraente e l’altro devastato dai miasmi venefici. Sempre impegnato e appassionato delle vicende del mondo, l’improvvisa morte lo ha trovato vivo, come si augurava il grande Marcello Marchesi, nella notte di sabato 4 febbraio.