C’è tempo ancora fino al 23 febbraio per esplorare gli opposti binari del caos e della calma della Bangkok Art Biennale
E’ forte l’assonanza fra il titolo “Chaos: Calm” della terza edizione di Bangkok Art Biennale (BAB) e il titolo “Caos calmo” del film del 2008 diretto da Antonello Grimaldi e interpretato da Nanni Moretti, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi (premio Strega 2006). Si tratta di un titolo simile, non è certo voluto. Il “Caos calmo” della pellicola nostrana fa riferimento alla storia privata della gestione di un lutto personale, mentre il titolo della Biennale thailandese intende riflettere sugli ostacoli che l’intera umanità ha incontrato durante la pandemia di Covid-19.
La Bangkok Art Biennale (BAB) si è aperta lo scorso 22 ottobre 2022 e proseguirà ancora fino al 23 febbraio 2023. Il tema scelto, “Chaos: Calm”, è stato un invito per gli artisti a esplorare le tumultuose condizioni del mondo che ci circonda mentre le comunità si riprendono dalla pandemia di COVID-19 e affrontano urgenti crisi climatiche e incertezze socio-politiche in tutto il mondo.
>>> In mostra oltre 200 opere di 73 artisti provenienti da 35 Paesi in 12 sedi. Le principali includono il Museum Siam, Wat Pho, Bangkok Art & Culture Center (BACC), Queen Sirikit National Convention Center (QSNCC), JWD Art Space e il CentralWorld.
Esplorando gli opposti binari del caos e della calma, la Biennale mira a riflettere sul mondo confuso in cui viviamo e intende offrire scorci di speranza attraverso l’arte, celebrare una diversità di identità, culture e storie e mappare una visione condivisa per il nostro nuovo mondo post-pandemia.
L’edizione 2022 ha invitato sia artisti internazionali che thailandesi le cui opere riflettono la turbolenza, il trauma e l’angoscia vissuti da molti in questi tempi. Gli ultimi anni potrebbero rivelarsi un punto di svolta critico nella storia umana. Nella mitologia greca antica, il caos si riferisce allo stato di vuoto che precede la creazione dell’universo o del cosmo. Da questo stato di incertezza, la Biennale spera di presentare diverse prospettive che offrano nuove possibilità di speranza e convivenza nel futuro.
Tra i punti salienti della biennale le opere al Wat Pho, un luogo chiave della città dove i turisti possono sperimentare sia il patrimonio culturale che l’arte contemporanea.
Due le installazioni artistiche -“Arokhayasala” e “Melting Void: Molds For The Mind” – create dal defunto artista thailandese Montien Boonma. Situato in un edificio in stile cinese, Arokhayasala, ispirato alla forma dei polmoni, viene esposto al pubblico per la prima volta. E’ composto da lastre di ottone, bronzo e pietre ed è stato creato nel 1994 quando alla moglie incinta fu diagnosticato un cancro al seno. L’installazione ha espresso il suo bisogno di guarigione e di comunicazione con lo spirito di sua moglie. Situato accanto alla statua del Buddha Pa Lay Lai, Melting Void ricorda una statua del Buddha. Con le sue enormi dimensioni, i visitatori possono entrare nell’installazione.
L’artista britannico Antony Gormley ha progettato due sculture site-specific in ghisa “Contain and Connect” da esporre sempre al Wat Pho. Le sculture sembrano figure umane, che forse rappresentano visitatori internazionali in Thailandia.
I nostri connazionali che partecipano alla biennale sono tre: Francesco Arena con la scultura “Daily Stone” esposta al PARQ, Alfonso de Gregorio con “Massive Launch of MLRS by BM-21 Grad, Donbass, Ukraine”e Marcello Maloberti con “CIELO”, entrambi esposti al Bangkok Art and Culture Centre (BACC).
“Daily Stone” di Arena è un’opera realizzata apposta per la Biennale di Bangkok. Una parte di una maestosa superficie di pietra naturale è stata incisa per creare superfici su cui appoggiare il quotidiano del giorno. Ogni giorno il giornale cambia, perché le notizie di “oggi” diventano le notizie di “ieri”. In questo modo, l’opera d’arte cambia costantemente, mantenendosi aggiornata con il quotidiano corrente.
La grande insegna al neon bianca con la parola CIELO scritta al contrario di Maloberti è un monumento che rimanda all’idea di infinito, di una fuga verso l’alto. Il neon viene sollevato da un braccio meccanico di una gru e si alza come un obelisco, attirando lo sguardo del pubblico e innescando un improvviso desiderio di immaginazione. Usando l’ambiguità del cielo e il lettering inverso, Maloberti mette in discussione la percezione degli spettatori mentre vengono gettati nel disorientamento e nella sensazione di essere sottosopra.
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