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La Maria Brasca per ricordare Giovanni Testori. La recensione

Marina Rocco con Filippo Lai ne _La Maria Brasca_ di Giovanni Testori, uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah
Marina Rocco con Filippo Lai ne _La Maria Brasca_ di Giovanni Testori, uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah

Il Teatro Franco Parenti di Milano ha reso omaggio allo scrittore milanese Giovanni Testori nel centenario della sua nascita riportando in scena una delle sue opere più significative

Nel centenario della nascita di Giovanni Testori, Andrée Ruth Shammah riprende la “Maria Brasca” con protagonista una pazzesca Marina Rocco, perfettamente calata nel ruolo dell’audace donna che sfida limiti e concezioni del suo tempo.

Maria vive con la sorella Enrica (Mariella Valentini), il cognato Angelo (Luca Sandri) insieme ai loro figli, in una casa dietro la ferrovia in una periferia della Milano anni ’60. L’incombere del treno che sconquassa l’abitazione tanto da dover reggere mobili e piatti è solo una delle tante affermazioni di cosa vuol dire vivere l’inferno domestico. Liti, tradimenti, frecciatine e l’occhio orwelliano della società che incombe riescono a far vibrare ogni personaggio teso tra la propria volontà e l’affermazione pubblica.

Maria è da sola a combattere per la sua relazione, contro i dubbi dei familiari, le malelingue, le rivali e a un certo punto anche la ritrosia del suo Romeo (Filippo Lai) poco incline a impegnarsi.

La protagonista con il suo animo anticonformista e ottimista riflette l’Italia del boom e con il suo piglio autodeterministico anticipa molte delle istanze femministe.

Testori amava la vitalità della “sua” Brasca: «Le donne come lei sono creature in carne e sangue, c’è in loro una strana fusione di lealtà e testardaggine, di amore verso un uomo e di sensualità verso gli uomini in genere, di desiderio di dominio e di voglia di essere dominate. È un personaggio che non ha niente di frigido, di inventato o di costruito. Donne come la Maria Brasca vincono la vita col sentimento: ti vogliono bene e basta. Questa è la loro verità».

La domanda che ci lascia lo scrittore de “i segreti” di Milano è semplice da individuare: quanto in là è giusto spingersi per amore?

Quanto occorre forzare la mano, essere spregiudicate, beffarsi del perbenismo, giocare al rialzo?

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