Everything Everywhere All at Once sbanca con 7 statuette. Niente di nuovo sul fronte occidentale, ottima performance. Tra gli italiani il distributore Andrea Romeo diventa un caso
Edizione composta e scorrevole. Nel monologo iniziale il comico Jimmy Kimmel cita lo slapgate dell’anno scorso tra Willy Smith e Chris Rock.
Riparte poi canzonando i grandi assenti in platea: Tom Cruise e James Cameron, che forse non ha sopportato l’onta della mancata nomination alla regia. Kimmel non risparmia battute sul flop milionario dell’ipertrofico Babylon di Damien Chazelle e sempre a proposito dell’ex enfant prodige di Hollywood ricorda le buste invertite l’anno in cui non vinse La La Land ma Moonlight.
Hollywood cambia rotta
Poco sfarzo e quasi austerità per l’edizione appena conclusa degli Oscar. La cerimonia 2023 suggella una cesura totale col passato, un importante passaggio di testimone tra generazioni: Daniel Kwan e Daniel Scheinert incassano gli Oscar più significativi, con l’approvazione di Steven Spielberg, segno di una sterzata sui contenuti che arriveranno in sala e in streaming nei prossimi anni. Cassati i prostatici bei compiti delle vecchie generazioni, ma anche i blockbuster CGI generated, EEAAO parla il linguaggio delle nuove generazioni, integrando la tecnologia all’autenticità, rilanciando i buoni sentimenti nello scenario dell’emarginazione del villaggio globale, calibrandosi su valori condivisi da un’umanità mai così libera nell’espressione dei propri desideri e della propria identità. Un film fresco, nuovo, ma anche a suo modo crepuscolare, che integra la fisica quantistica, con l’ufficio delle entrate, l’identità di genere e l’importanza degli affetti nel cortocircuito del multiverso.
EEAAO protagonista della serata
Si susseguono così sul palco a ritirare l’agognata statuetta gli attori Ke Oui Quan, che noi di ArtsLife avevamo video-intervistato in ottobre, l’irresistibile agente delle tasse Jamie Lee Curtis non protagonista femminile e la strepitosa Michelle Yeoh, protagonista assoluta non solo del film ma dell’intera stagione delle premiazioni e che anche in questa serata rilascia al pubblico il discorso più toccante. Tornano poi a più riprese on stage i the Daniel, prima per la sceneggiatura originale, poi per il montaggio, ancora per la regia e infine per il film. Meglio di così non poteva andare.
I WONDER PICTURES – il caso italiano
Non ci sono precedenti nella storia degli Oscar in cui tutti questi premi importanti sono finiti ad un unico titolo.
Gioirà di tutta questa grazia Andrea Romeo, amministratore delegato di I Wonder Pictures che noi avevamo intervistato all’indomani della vittoria a Venezia del film su Jonas Mekas, Fragments of Paradise, di K.D. Davison. Stamattina Romeo può essere soddisfatto anche per l’Oscar come miglior attore protagonista a Brendan Fraser, obeso problematico nel film The Whale di Darren Aronofsky, e per l’Oscar al documentario Navalny di Daniel Roher. Ricordiamo inoltre che concorreva anche nel miglior film internazionale con Eo di Jerzy Skolimowski e sempre nel documentario col vincitore di Venezia All the Beauty and the Bloodshed. Coraggio, audacia, rigore e coerenza nella composizione della library di I Wonder Pictures insegnano come è possibile puntare sulla qualità e vincere.
Niente di nuovo sul fronte occidentale
Quattro i premi a Niente di nuovo sul fronte occidentale, che oltre alla statuetta come miglior film internazionale incassa quelle per la miglior colonna sonora di Volker Bertelmann, miglior fotografia di James Friend e Production Design e Set Decoration a cura di Christian M. Goldbeck ed Ernestine Hipper.
I restanti premi tecnici sono stati divisi tra The Whale (trucco e parrucco), Wakanda Forever (Costume Design), Avatar the Way of Water (Visual Effect), Top Gun: Maverick (Sound Design) ed il logorroico Women Talking (sceneggiatura originale di Sara Polley).
Coriandoli dall’India
Nota particolare merita la canzone vincitrice dell’edizione, Naatu Naatu dall’action movie indiano RRR, che ha segnato anche l’unico momento brioso con una goduriosa coreografia bollywoodiana nel Dolby Theatre. Infatti né la performance di Lady Gaga in una insolita mise acqua e sapone, né dì quella di Rihanna, nonostante le standing ovation, hanno impattato sul tono piatto della serata.
Rorhwacher, Signoretti e Ilbe Group cassati agli esami
Alice Rohrwacher con Le pupille è stata surclassata da An Irish Goodbye di Ross White e Tom Berkeley nella categoria Live Action Short.
Incassa la sconfitta anche il truccatore e acconciatore Aldo Signoretti per Elvis. A mani vuote Iervolino e Bacardi con il poco significativo Tell It Like a Woman, che però concorreva con la canzone Applause della veterana Diane Warren.
Rivoluzioni calme
Per Guillermo del Toro vittoria secca con la sua versione a cartoni di Pinocchio, mentre il cortometraggio animato più bello secondo i votanti dell’Academy è stato Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo di Charlie Mackesy, dall’omonimo bestseller per ragazzi.
All’apparenza nessun colpo di scena nel palmares rispetto alle previsioni generali, di fatto una rivoluzione silenziosa che registra un cambio di paradigma radicale, l’ingresso di una nuova generazione di cineasti con valori e modi operativi in rotta di collisione con i predecessori. Un’estraneità sottolineata dal contrasto tra le dichiarazioni di sostegno di Spielberg ad EEAAO a Berlino e la mancanza di qualsiasi deferenza dei giovani registi nel ringraziamento per la vittoria, dove in altre occasioni il primo passo sarebbe stato quello di ringraziare per aver corso alle statuette insieme ai giganti.
Lo scenario delinea la normalizzazione di un intrattenimento più inclusivo, processo che si era avviato circa dieci anni fa con la riforma promossa dall’allora Presidente dell’Academy Cheryl Boone Isaac, un intrattenimento i cui divi sono più terreni di quelli del passato, che affronta magari anche grandi tematiche o problemi esistenziali, ma li ricontestualizza in una realtà meno patinata, meno magniloquente, meno idealizzata e tanto più complessa.
Lunga vita al cinema.