30 opere ripercorrono le tappe principali della carriera di Wolfram Ullrich. I lavori, a cavallo tra pittura e scultura, sono presentati dalla Dep Art Gallery di Milano. A cura di Gianluca Ranzi, la mostra Wolfram Ullrich. Opere 1987 – 2023 è visitabile dal 28 marzo al 1 giugno 2023.
Cinque orbite dalle differenti sfumature di blu sembrano muoversi lungo tutto il percorso della galleria. Pur, in realtà, rimanendo ferme sulla prima parete che chi entra si trova immediatamente al lato. Sia perché esse appaiono visibili da ogni angolo dello spazio, sia perché l’effetto ottico – dettato da forma, inclinazione e colore – pare farle vibrare per tutto l’ambiente. Esse formano Orbit Omega, l’opera che Wolfram Ullrich ha realizzato appositamente per la galleria in occasione della sua seconda mostra personale da Dep Art.
L’occasione per la galleria milanese di esporre oltre 30 opere che ripercorrono le tappe principali della produzione artistica di Ullrich. Dai Tagli su lastre in ferro di fine anni Ottanta, alle Pieghe in alluminio degli anni Novanta, fino alle complesse modulazioni geometrico-prospettiche in acciaio degli anni Duemila. Ma anche le Windows che l’artista ha realizzato ed esposto ad agosto 2022 nella sede estiva della galleria, la Dep Art OUT di Ceglie Messapica.
Intitolata eloquentemente Wolfram Ullrich. Opere 1987 – 2023, e curata da Gianluca Ranzi, l’esposizione evidenzia in modo chiaro l’estrema coerenza dell’artista, capace di evolversi pur rimanendo sempre fedele al suo carattere iniziale. Quello per cui, tra gli altri aspetti, ha sempre preferito definirsi principalmente un pittore. Nonostante la natura ambientale e aggettante dei suoi lavori, che partono dalla parete per risuonare – sia in senso atmosferico che fisico – per tutto lo spazio, lascino pensare a un approccio scultoreo. Sono concrete, presenti. Dipinti in rilievo che dissolvono i confini tra scultura e pittura. Quel che conta è la loro esuberanza fenomenica, che sfida l’osservatore ad analizzare i propri processi percettivi.
Come nota il curatore Gianluca Ranzi, “Tutto quello che lo spettatore percepisce davanti alle opere di Ullrich è messo sotto interrogativo, in una sfida ottico-percettiva che lo coglie felicemente di sorpresa, sollecitandolo a dare un senso ulteriore alla propria visione. I colori acrilici delle superfici d’acciaio e a rilievo sono stesi uniformemente con un processo manuale che per la sua perizia pare industriale, a volte brillanti e detonanti, altre volte sommessi e delicatamente tonali”.
In ogni caso, i principi che ispirano Ullrich sono quelli della chiarezza, del geometrismo e della semplicità. E soprattutto dell’anti simbolismo. Si danno per quel che sono, non celano dietrologie che non siano quelle dettate dalle riflessione sugli effetti ottici che generano. L’unica interpretazione possibile è quella estetica. Non vi si trova confusione o mescolamento, inganni o alterazioni tipiche di altre forme di arte concreta. Nel suo caso tutto scorre sospinto dalla secolare tradizione dei canoni prospettici occidentali, che Ullrich modula assemblando varie le varie sezioni del lavoro, appositamente studiate per risultare come un unico blocco. Qui forse risiede il suo tranello: illudere di stare osservando una forma data, mentre essa è il risultato di un artificio cerebrale. E dunque stimolare una domanda: perché? Perché la percepiamo in questo modo?
Dunque si percorrono i confini delle lastre d’acciaio impreziosite dall’acrilico (questa la formula base delle opere di Ullrich) per carpirne la struttura, il meccanismo, la composizione. Si gira intorno ad esse, le si manipola modificando la propria posizione, ne si osserva le distanze che mutano, la profondità che varia, i rapporti interni che cambiano. Sviluppano, possiamo dire, un certo senso critico nei confronti del mondo e del modo in cui lo guardiamo. Blandiscono il rigore mentale per scioglierlo in una visione ideale ma dinamica, pura ma aperta a ogni possibile suggestione.