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Angela Davis e il femminismo rivoluzionario americano

Angela Davis nel momento in cui era ricercata negli USA dall'FBI. 1970. Aveva 26 anni.
Angela Davis nel momento in cui era ricercata negli USA dall’FBI. 1970. Aveva 26 anni.

Amarcord 38 – Un nuovo appuntamento con la rubrica di Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi

Angela Davis. Incontro con il femminismo rivoluzionario americano

Chi tra i giovani di oggi ricorda chi è stata Angela Davis? Ai miei tempi, alla fine degli anni ’60 era popolare come Che Guevara e Martin Luther King. Capelli foltissimi e ricci, occhi di fuoco e come una tigre pronta sbranarti. Circondata da un centinaio di facce altrettante feroci e indignate, io mi strinsi al braccio di Angelo Quattrocchi, che mi accompagnava e che invece era a suo agio, perché compagno di Beverly Axelrod, la famosa avvocatessa di origine indiana che aveva difeso più volte Angela Davis e molti suoi compagni. E di difese ne aveva bisogno Angela, bellissima afroamericana, allieva di Marcuse e studentessa di altissimo profilo e già giovanissima leader del partito comunista americano e delle famose pantere nere, le leggendarie Black Panthers. Il suo motto: “Non voglio più accettare le cose che non posso cambiare: voglio poter cambiare ciò che non accetto

Angela Davis fu imprigionata dopo una lunga latitanza perché accusata di essere stata complice del sequestro di un giudice nel corso di un processo contro tre ragazzi neri. Un commando di Pantere Nere fece irruzione durante l’udienza e sequestrarono un giudice, liberando i tre giovani processati poi uccisi nella sparatoria durante l’inseguimento. Non scherzavano le giovani Pantere Nere di allora. Ebbene, la mia amica di quei tempi, Beverly, riuscì a dimostrare l’estraneità di Angela Davis a quell’azione e fu prosciolta. Inutile dirvi che Beverly diventò un mito degli afroamericani e in particolare dei loro leader, che difese sempre gratis (infatti era poverissima pur essendo uno degli avvocati più famosi d’America. Ma lei era disponibile solo per gli afroamericani, non per i ricchi bianchi). In quegli anni era la compagna di un mio collaboratore e amico, Angelo Quattrocchi nativo di Como ma vissuto tra Londra, Parigi, Los Angeles e New York. Angelo fu una storica figura della controcultura in USA e in Italia e sono sicuro che Gianni Emilio Simonetti in qualche modo lo ha incrociato.

Angela Davis negli anni ’60.

Il mitico incontro con Angela Davis

Quella sera a New York, con Angelo, che traduceva alcuni articoli di Flash Art nel suo incredibile inglese e che io remuneravo come potevo perché viveva quasi da emarginato e spesso mi accompagnava nei luoghi lugubri dell’underground newyorchese, mi chiese di andare con lui a riprendere la sua compagna, Beverly che partecipava ad una riunione delle Pantere Nere al Greenwich, in un grande loft al piano terra. E mi presentò la mitica Angela Davis da tutti i presenti venerata come una divinità. Alla presentazione Angela mi sorrise (cosa a cui non avrei mai creduto), mi strinse gentilmente la mano e mi dedicò anche una cartolina con la sua immagine: A Giancarlo, amico di Beverly. O qualcosa del genere. Cartoline che lei distribuiva a migliaia ai suoi fans come biglietto da visita e forse propagandistico e che io, non so bene perché pubblicai subito in Flash Art. Ma quella figura mitica che era il volto del femminismo afroamericano nel mondo (poi scoprii che era un Acquario come me e questo mi inorgoglì), molto diverso dal femminismo italiano molto più blando da quel poco che conoscevo, mi affascinò. Con il suo viso volitivo, agguerrito e bellicoso, che mi fece anche paura con i suoi grandi occhi di fuoco, mi affascinò e quasi mi innamorai di lei, subito, in quel loft di Greenwich, fumoso e movimentato. E Angela Davis, che sino al giorno prima non conoscevo, divenne per me una sorta di cavallo di battaglia al ritorno in Italia, nelle mie serate con critici e artisti che restavano increduli per il mio incontro. E ricordo che Carla Lonzi e mi pare Carla Vasio (del Gruppo ’63), allora molto legate, una sera a cena insieme a Giorgio De Marchis, mio ottimo amico e brillante critico d’arte, vicedirettore della Galleria Nazionale d’arte Moderna e convivente felice di Carla Vasio, mi fecero numerose domande su Angela Davis. Ma io che avevo appena stretto timidamente la mano alla Pantera Nera, riuscendo a dirle a malapena hi per riceverne come risposta un altrettanto neutro hi, non potevo raccontare nulla alle mie due Carle. Solo che Angela Davis aveva una capigliatura enorme, ma veramente un grande cespuglio di ricci in testa e che indossava un paio di jeans e una T-shirt bianca. Loro due, soprattutto Carla Lonzi, conoscevano molto meglio di me il pensiero e l’ideologia di Angela Davis, mentre io sapevo qualcosa di molto superficiale su di lei grazie ai racconti di Angelo Quattrocchi, inesauribile e fantasioso narratore.

Angelo Quattrocchi

Chi è stato Angelo Quattrocchi

E quando Angelo, stanco delle sue peripezie underground tra Los Angeles e New York, incredibilmente ricco di esperienze e di idee, ma povero in canna (ma sembrava che la cosa non lo riguardasse: non ho mai più conosciuto una persona allegra e felice come lui, sempre senza una lira ma con migliaia di progetti per la testa. Grande Angelo!), decise di tornare in Italia, chiedendo alla leggendaria avvocatessa Beverly di venire con lui. Me li vidi sbarcare insieme a Roma, in via Fontana Liri 27, sulla Prenestina dove abitavo e chiedendo, come si usava allora, ospitalità. Io fui ben felice di averli in casa, perché Angelo era un ragazzo coltissimo e sensibilissimo a tutto (eccetto forse all’arte e agli artisti, con cui però sapeva convivere egregiamente), una vera enciclopedia dell’underground, dei movimenti alternativi e del femminismo americano. Angelo e Beverly vissero da me per qualche mese, sino a quando non trovarono, grazie ad un amico generoso, un appartamento, cioè una grande stanza, a Trastevere, in via Tittoni dove i due si istallarono facendone il loro campo (anzi, campeggio) di battaglia. Forse era il 1970 o anche 1971: in quella enorme stanza, con solo un grande letto, Angelo fece di tutto. Il luogo diventò il ritrovo degli hippy di tutta Italia, fondò una casa editrice alternativa, Malatempora, che pubblicò fondamentali libri alternativi, tra cui una decina dei suoi. Precedentemente aveva partecipato al maggio francese e poi unico bianco ovviamente, negli USA alla famosa rivolta indiana dei Sioux a Wounded Knee. Tra i molti libri che scrisse, tutti di carattere underground e alternativo, ebbe il tempo di scrivere un curioso romanzo Elisabeth Bathory. La torturatrice. Pare che Elisabeth Bathory, nobildonna ungherese, fu una delle donne più sanguinarie della Storia. Uccise, torturandole sadicamente oltre 600 ragazze. Ma se riesco a trovare il romanzo vi dirò qualcosa di più.
Beverly mi confessò che Angela Davis pianse quando lei lasciò gli USA per seguire Angelo a Roma. La grande leader femminista si sentì soprattutto tradita e umiliata perché tra la lotta politica e l’amore, Beverly aveva scelto l’amore. E a quei tempi per Angela Davis ciò era inammissibile.

Quando nei primi anni ’70 lasciai Roma per Milano, persi gradualmente i contatti con Angelo Quattrocchi. Lo seguii come potevo, qualche telefonata e via, ma le nostre strade erano diverse. Lui, con i suoi scritti e la casa editrice era diventato un protagonista di tutti gli alternativi e grande frequentatore dei Centri Sociali. Io cercavo faticosamente, nei primi anni milanesi di promuovere e far sopravvivere Flash Art. E con lui anche me.

Tracy Sims in tribunale con i suoi avvocati: Malcolm Berstein (sinistra), Beverly Axelrod (centro) e Patrick Hallinan (destra).

PS. Alcune frasi celebri di Angela Davis (da Wikipedia):

“Il cammino verso la libertà è sempre stato tormentato dalla morte.”

“Devi comportarti come se fosse possibile cambiare radicalmente il mondo e devi farlo costantemente.”

“Le donne di colore hanno dovuto sviluppare una visione più ampia della società di qualunque altro gruppo sociale: devono infatti avere a che fare e comprendere uomini bianchi, donne bianche e uomini di colore. E devono venire a patti con se stesse.”

 

 

Per scrivere a Giancarlo Politi:
giancarlo@flashartonline.com

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