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Citazioni e suggestioni nella pittura tumultuosa di Cecily Brown, in mostra al Met di New York

Cecily Brown, Maid in a Landscape (2021). Private collection; © Cecily Brown.
Cecily Brown, Maid in a Landscape (2021). Private collection; © Cecily Brown.
Un avvolgersi tempestoso di citazioni e reinterpretazioni compone le opere di Cecily Brown, che dalla storia dell’arte occidentale trae temi e spunti per le sue inconfondibili opere. Dal 4 aprile al 3 dicembre 2023, al Metropolitan Museum of Art di New York.

Per più di venticinque anni, Cecily Brown (1969) ha portato avanti una ricerca sui capolavori della storia dell’arte, reinterpretati secondo il suo stile composta da colori sontuosi, pennellate virtuose e complesse narrazioni. I grandi temi della storia dell’arte occidentale, insomma, contestualizzati nella personale atmosfera della pittrice. Dall’arte rinascimentale e la sua attenzione per l’ideale, alle scene di genere degli Old Master; dalle trame civettuole del Rococò, al piglio voyeuristico degli Impressionisti; fino anche all’Action Painting di Jackson Pollock e le più contemporanee sperimentazioni.

Ora la mostra Cecily Brown: Death and the Maid, al Metropolitan Museum of Art di New York, raccoglie 50 di queste reinterpretazioni tra dipinti, disegni, taccuini e monotipi. I lavori, come suggerisce il titolo, si concentrano in particolar modo sul temi del memento mori, della vanitas, della caducità e così via. Una colorato e tumultuosa esplorazione dell’inafferrabilità della vita.

Edvard Munch, Death and the Maiden (1894). Collection of the Philadelphia Museum of Art.
Edvard Munch, Death and the Maiden (1894). Collection of the Philadelphia Museum of Art.

Il titolo è inoltre già di per sé una citazione; in particolare il riferimento è al quartetto d’archi di Franz Schubert, Death and the Maiden (1824), che a sua volta fa riferimento a un precedente pezzo di Schubert, in cui una fanciulla terrorizzata implora la morte di ignorarla. La Morte non la ignora, ma nemmeno la chiama a sé: al contrario l’abbraccia teneramente. Un tema che negli anni anche la pittura ha spesso assorbito e reinterpretato. Tra le versione giunte a noi, e a Brown, c’è quella di Edward Munch, alla quale l’artista ha confermato di essersi ispirata.

Ma a volte Brown scava ancora più indietro per scovare i suoi riferimenti. Il pittore rinascimentale fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio, in particolare, è servito da punto di partenza per numerose composizioni dell’artista. Basta pensare, per esempio, quante suggestioni possono scaturire da un’opera come Il trionfo della morte (ca. 1562). Oppure dalle numerose nature morte che l’arte occidentale ci ha consegnato. Opere che per tema e atmosfera sembrano perfette per la poetica di Brown. I suoi dipinti Nature Morte (2020) e Lobsters, Oysters, Cherries and Pearls (2020) richiamano alla mente in modo diretto il dipinto di Frans Snyders Interior of an Office (ca. 1635) e Still Life, Still Life with Lobster, Drinking Horn and Glasses di Willem Kalf (1653).

Cecily Brown, Nature Morte (2020). © Cecily Brown.
Cecily Brown, Nature Morte (2020). © Cecily Brown.
Willem Kalf, Still Life, Still Life with Lobster, Drinking Horn and Glasses (1653). Collection of the National Gallery.
Willem Kalf, Still Life, Still Life with Lobster, Drinking Horn and Glasses (1653). Collection of the National Gallery.

Untitled (Vanity) (2005) e Vanity (2019-20) raccontano invece dell’interesse per Brown del tema del doppio, del riflesso e della vanitas. Concetti che l’artista ha visto espressi, in passato, nelle opere di Diego Velázquez; ma anche in quelle di molti artisti inglese, soprattutto di epoca vittoriana, da cui ha infatti preso spunto. Eloquente in tal senso Aujourd’hui Rose (2005). Qui due giovani ragazze vittoriane giocano con un cucciolo; ma ben presto l’osservatore si accorge di come le loro sagome, con una seconda occhiata, delineano la forma di un teschio.

Forse influenzata dal periodo di quarantena vissuto durante l’epidemia da Covid-19, Brown ha iniziato a ritrarre spazi interni affollati, pinei di oggetti ammucchiati. Si rintraccia, qui, l’influenza delle scene di satira domestiche rappresentata dall’artista inglese William Hogarth. Lavori dove trova spazio anche un particolare erotismo intriso di ironia. Tutto avvolto da un movimento molto rococò. Come nelle opere di Jean-Honoré Fragonard e François Boucher. Ma anche Manet. Significativo in tal senso Untitled (After Manet and Fragonard), dove Brown accosta Woman with a Dog di Fragonard (ca. 1769) a uno schizzo di Nana di Edouard Manet.

E ancora, in In No You For Me (2013) vediamo una toilette, con flaconi di profumo e cosmetici ammucchiati ovunque. Nel mezzo una donna, prona e nuda, sdraiata su un letto. Chi è lei? Un Odalisca di Boucher? La Nana di Manet? Forse una vertiginosa unione di due figure femminili. Proprio come tutte le opere di Brown possono essere viste come una metaforica sintesi dell’intera storia dell’arte occidentale.

Cecily Brown, Untitled (After Manet and Fragonard) (ca. 2018). © Cecily Brown.
Cecily Brown, Untitled (After Manet and Fragonard) (ca. 2018). © Cecily Brown.
Cecily Brown, Untitled (Vanity) (2005). © Cecily Brown.
Cecily Brown, Untitled (Vanity) (2005). © Cecily Brown.
Cecily Brown, Aujourd’hui Rose (2005). © Cecily Brown.
Cecily Brown, Aujourd’hui Rose (2005). © Cecily Brown.
Cecily Brown, No You for Me (2013). © Cecily Brown.
Cecily Brown, No You for Me (2013). © Cecily Brown.

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