Più Artissima che Miart. Praticamente nulla dedicato allo storico, al Novecento, proposta fieristica di buona qualità (anche se gli stand andrebbero più curati, chapeau alle italiane da questo punto di vista) concentrata sul contemporaneo e l’ultracontemporaneo (vedi la sezione Discovery nell’ala limitrofa -padiglione 6- riconosciuta tra gli addetti ai lavori come scouting di emergenti). Art Brussels per la sua 39esima edizione torna all’ombra dell’Atomium, al Brussels Expo, nel brutalismo déco del Padiglione 5, fermata metro Heysel vista stadio, a fianco dove da due anni a gennaio è di scena la “storica” BRAFA dedicata all’alto antiquariato. Atmosfera completamente diversa dalla cugina “antica”. Il “contemporaneo” va di meno fronzoli e vezzi di ostriche e moquette: pavimento hardcore in cemento con blocchi di legno intarsi lasciati a vista, hangar scarno e monumentale che sembra di stare a Berlino più che nella capitale dei mercanti fiamminghi (l’altra capitale Anversa ha la sua Art Antwerp, sempre ad opera dello stesso ente fiera che si terrà a dicembre, terza edizione per una piccola kermesse nata durante il Covid per venire incontro ai collezionisti sulla Schelda che vuole il mare), tutto comunque molto affascinante. Pere, mele e banane in una cassetta per la stampa e gli operatori, Speculoos per i collezionisti, per chi ha voglia c’è pure il Belgian Beer Terrace con Foodstrucks by Streat ma lascerei perdere visto il freddo, sole e azzurro ma gelo ancora, al nord. Blu, klein, invece i leggeri tappetti cheap all’entrata che accolgono i visitatori (moltissimi già dalle prime battute ieri, come le vendite che ci confermano in maniera trasversale, giovedì 21 nel giorno di preview, più caute il 22 quando stiamo scrivendo) e li scortano fino ai corridoi laterali in una sorta di spiccio accompagnamento. Presenti direttori di musei, curatori e molti collezionisti francesi, tedeschi e svizzeri, qualche italiano, pochi inglesi, meno chiacchiere e complimenti più algidamente dritti o meno all’acquisto. Bruxelles è brutta ma è al centro d’Europa ça va, quindi anche senza aerei in un attimo sei qua. Fortissima ovviamente la componente di buyer, dealer, collectors di casa, che ricordiamo essere una delle più sostanziose al mondo anche per quanto riguardo l’arte contemporanea. La fiera (si conclude questa domenica 23 aprile) si conferma una delle regine dell’arte contemporanea europee, una manifestazione in continua espansione e dal respiro seriamente internazionale (seconda solo ad Art Basel, Frieze e Artissima) grazie anche alla rete d’arte cittadina costellata di gallerie di altissimo livello (Gladstone, Mendes Wood, Xavier Hufkens, Rodolphe Janssen, Clearing, Nathalie Obadia, Almine Rech, Dépendance, Sorry We’re Closed, Nino Mier, Templon… presenti tra il Sablon, Sainte-Catherine, Ixelles), incubatori di contemporaneo (CENTRALE for Contemporary Art, Mima, Wiels, Ete 78, ma anche il BOZAR e l’ancora in costruzione KANAL Centre Pompidou -apertura prevista per il 2025- che comunque propone un programma satellite durante la settimana), collezioni private (bellissima la Vanhaerents, ma anche la Charles Riva) e fondazioni (Fondation Thalie, Fondation Cab, Moonens e la magica Boghossian a Villa Empain). É bene ricordare: qua si inaugura tutti insieme, si sta aperti il mercoledì pre-fiera fino alle 21, e davvero si prova a fare fronte comune. Tutto va come deve grazie e soprattutto alla meticolosa organizzazione, dal press program a soprattutto quello VIP, sempre sia lodato lo zampino dell’aureo ente del turismo delle Fiandre in questo caso. Confermata la proficua partnership con ARTSY (dovrebbe farla anche capillare l’appena conclusa MiArt) che offre una puntuale viewing room digitale dal 20 al 27 aprile per ogni galleria. Semplice e pratica. Stand nel complesso curati, chi più chi meno, 152 le gallerie provenienti da 32 nazioni per una offerta di oltre 800 artisti, fortissima la compagine mediterranea e in particolare italiana – qui vi avevamo segnalato le nostre 11. Bene nel complesso anche tutte le sezioni: Prime (con artisti mid-career e affermati); Rediscovery, la migliore (riscoperta di gemme create tra il 1945 e il 2000 da artisti indebitamente trascurati del XX secolo, 12 gallerie contro le 7 dello scorso anno) e Solo (artisti in “solo show”, con 29 gallerie). Più che lodevole l’iniziativa di beneficenza per questa edizione, The Kick Cancer Collection: un muro monumentale di opere d’arte formato cartolina a sinistra del varco d’ingresso, in vendita al prezzo forfettario di 400 euro. Il tutto a beneficio della Belgian Kick Cancer Foundation che finanzia la ricerca sul cancro dei bambini. L’unica cosa che conta realmente qui dentro, lì fuori, il resto sono chiacchiere, denaro e qualche opere d’arte. Qua, come tutte le fiere di contemporaneo si gode della noia in luna park e divertissement, parliamo sempre un po’ della stessa roba, meglio badare al bene reale, concreto. Il resto è fumo colorato.