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Calvino, cento anni di “Lezioni”. Intervista a Patrizia Valduga

Patrizia Valduga, ph. Jacqueline Ceresoli
“Se c’è una “poesia facile facile”, leggera come una canzoncina, delicatina, sentenziosetta, pronta per essere tradotta in lingua inglese, beh, ecco, questa potrebbe essere un’eredità di Calvino”. La poetessa Patrizia Valduga ci offre la sua visione in occasione del centenario del più elogiato scrittore italiano di oggi
Patrizia Valduga è la più importante poetessa italiana vivente, autentica dark lady, vive tra mito e realtà, appassionata di letteratura, trevigiana di nascita e milanese d’adozione. Esordisce nel 1982 con Medicamenta, una raccolta  in cui affronta  tutti i generi metrici tradizionali, e da allora è innamorata della parola. Scrive versi impetuosi e rigorosi insieme; è sempre stata anticonformista. Nel 2019 pubblica Belluno, secondo l’autrice il suo libro più bello. Spirito libero e indomabile creatura, autrice di versi seduttivi e carichi di pathos, onesti, appassionati, dominati da immagini erotiche o funebri, che analizzano la potenza del desiderio. Raffinata traduttrice dei grandi della letteratura, è insuperabile interprete di Carlo Porta. Nella sua vita è stato decisivo l’incontro con Giovanni Raboni, poeta e critico milanese scomparso ma sempre vivo in lei. Valduga contro la mediocrità, il vilipendio della letteratura e i falsi miti dei social media, l’omologazione culturale, capace di accostamenti  di un  linguaggio che spazia dal turpiloquio  all’ invettiva alla citazione letteraria, in questa intervista non si smentisce, semmai stupisce.
Nella poesia qual è l’eredità di Italo Calvino, e perché ?
Confesso che non amo Calvino, che non l’ho mai amato neanche da piccola. E dunque non ho letto le elogiatissime Lezioni. Posso citare quello che ne scriveva Giovanni Raboni, mio maestro e mio amore, nel lontano 1988? “Esco deluso e amareggiato dalla lettura delle Lezioni americane, il libro postumo di Italo Calvino che ha portato in vetta alle classifiche dei libri più venduti un genere pochissimo avvezzo a quelle altitudini come la saggistica letteraria. Ho appena finito di scrivere queste parole e già mi sembra di sentire un ostile, minaccioso mormorio: «Ma come? non ti fa piacere?». No, non mi fa piacere. Non mi fa piacere perché un consenso così anomalo, così insolitamente vasto, è stato ottenuto a prezzo di una semplificazione astuta e spietata di ciò che per sua natura è inesauribilmente, vitalmente complicato: l’idea della letteratura (che, lo si sopporti o no, è  più o meno come dire: l’idea della realtà). Ridotto a piccole formule elementari, piacevoli, rassicuranti, a pochi termini pulitamente svolti ad uso, si direbbe, di studenti sprovveduti e neghittosi, l’esaltante corpo a corpo che oppone e identifica le forme dell’esperienza e quelle della scrittura, l’incandescenza dell’emozione e la “freddezza” dell’oggetto poetico finito ci appare come un gioco enigmistico di illusoria, fraudolenta facilità, un investimento alla portata di tutte le borse come l’acquisto di un nuovo televisore o di una nuova lavatrice. Di cosa dovremmo essere contenti? Per amare la letteratura, e più ancora per nutrirsene, bisogna rispettarla, temerla, sapere che è impossibile venirne a capo una volta per tutte”. Ecco, non si potrebbe essere più chiari, e più coraggiosi. Ma, per rispondere alla sua domanda, mi viene da dire questo: se c’è una “poesia” facile facile”, leggera come una canzoncina, delicatina, sentenziosetta, pronta per essere tradotta in lingua inglese, beh, ecco, questa potrebbe essere un’eredità di Calvino.
Secondo lei  leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, le 5 categorie della modernità raccolte nel libro Lezioni americane (1988), nella nostra epoca connessa sono ancora attuali, come, dove e perché? 
Non avendo letto il libro, prendo queste parole nella loro accezione comune. Penso che le prime tre si possano trovare in tutte le epoche… La visibilità non riesco in nessun modo a metterla in relazione con la letteratura, e la molteplicità mi lascia indifferente, tanto mi pare vaga. Ma lei mi chiede di abbinare dei versi miei a queste parole, e obbedisco. Ho scelto cinque quartine, da Poesie erotiche, Quartine Seconda centuria e Lezione d’amore. Mi chiede anche di accostare ai versi delle immagini. Ma quali immagini potrei mai accostare? Forse degli oggetti che mi appartengono, che amo… come per tenere insieme quelle schegge di autoritratto delle quartine… Proviamo.
Leggerezza:
Ogni mio senso è in ogni senso immerso
e dice addio ogni cellula a ogni cellula:
risensata attraverso l’universo,
io sono un’alga, un’ala di libellula.
L’ora d’aria dei vestiti anni Venti e Trenta. (foto di Paolo Della Corte)
Rapidità:
Perché il ricordo occorre esercitarlo:
chi mi ha scopata su una scrivania?
Si chiamava Gianfranco… No, Giancarlo…
un leone… Così due colpi e via.
Papier mâché anni Trenta
Esattezza:
Da nervi vene valvole ventricoli
da tendini da nervi e cartilagini
papille nervi costole clavicole…
in spasmi da ogni poro mi esce l’anima.
Per tenere i piedi per terra
Visibilità:
«Guardalo questo corpo: ti appartiene».
Non ho occhio che pesa e che misura
e per vedere veramente bene
mi serve il buco della serratura.
Bandeaux e cuffie anni Venti e Trenta
Molteplicità:
Tutti i miei falsi amori e falsi affanni
mi hanno portata a questa verità.
Ho cinque dieci trenta cinquant’anni:
è un’assemblea di tutte le mie età.
Sezione della libreria
Il nuovo  chatbot ChatGPT, strumento di intelligenza artificiale generativa, oscurato in Italia, rapidamente adottato per creare composizioni liceali o addirittura saggi accademici, già da tempo utilizzato nell’ambito artistico con Dall-E, strumento di A.I, capace di riprodurre immagini a partire da un testo scritto,  suscitando non pochi problemi di autorialità, secondo lei, può contenere o superare le 5 categorie indicate da Calvino? Perché?
Non so cosa possa fare ChatGPT delle categorie di Calvino; ma so che la poesia – e ogni arte – è prima di tutto istinto, è prima di tutto passione. Istinto e passione non si possono insegnare a un essere umano, figurarsi se si possono insegnare a una macchina…

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