Dal 1500 per più di due secoli l’Abbazia di Fontevraud – nella Valle della Loira, in Francia – fu un raro case di comunità ecclesiastica dove a comandare era una donna, la Badessa. Dopo una storia secolare, di alternate fortune, ora l’Abbazia accoglie il museo di arte moderna reso possibile dalla donazione di Martine e Léon Cligman.
L’apertura del museo di arte moderna nell’antica Abbazia di Fontevraud è la realizzazione di un progetto che si è concretizzato nel 2019 con la donazione di Martine e Léon Cligman allo Stato francese di 900 opere distribuite su 1700 mq. “Mi è sembrato un gesto normale restituire alla Francia una parte di ciò che ho avuto la gioia e la fortuna di ricevere da questo Paese”, aveva sottolineato in quella circostanza Léon Cligman, ebreo-russo magnate del tessile, nato Tighina, Moldavia, nel 1920 e scomparso l’anno passato a Parigi all’età di 102 anni. Nota per i suoi ritratti di Balzac, la moglie Martine, 91anni, scultrice, espone regolarmente alla galleria Nicolas Deman e al Musée Marmottan di Parigi. In più di 50 anni i due collezionisti hanno riunito un insieme eclettico di opere che si possono ammirare lungo i tre piani messi a disposizione nella Fannerie, ex deposito di fieno nelle antiche stalle dell’Abbazia.
Pezzi forti della sezione dedicata all’arte moderna sono le tele di Soutine, Robert Delaunay, Van Dongen, Fautrier, Marquet, Toulouse-Lautrec, Corot, un insieme di pitture di Eugène Carrière. Tra le sculture, un busto di Rodin, opere di Degas e di Germaine Richier. La donazione comprende anche 36 illustrazioni originali del Satyricon realizzate da Derain, fogli di Émile Bernard ed Emil Nolde, un consistente insieme di opere in vetro di Maurice Marinot e una collezione di antichità extraeuropee provenienti dalla Mesopotamia, dal Messico e dall’Africa.
Arte e grande storia si incontrano in questo luogo di alta spiritualità voluto dall’eremita brettone Robert d’Arbrissel. Il quale, invitato da Papa Urbano II a predicare in favore delle Crociate, condusse i propri seguaci in una foresta dotata di una fresca sorgente, Fontevraud, località confinante con l’Anjou, la Turenna e il Poiteau, tra Saumur e Chinon. Dal primitivo nucleo della comunità sorsero cinque priorati: il Gran Moutier, San Benedetto, la Madelaine, San Lazzaro, San Giovanni. Ognuno accoglieva una decrepita e variopinta folla di poveri, prostitute, lebbrosi.
Robert D’Arbrissel volle che il potere supremo fosse riposto nelle mani di una donna, la Badessa. La prima fu Pétronilla di Chemillé, che doveva rispondere solo al Papa per le questioni spirituali e al Re per quelle temporali. Il suo potere era assoluto ed era la prima volta che esso era riposto nelle mani di una donna. Questo aspetto fa di Fontevraud un caso unico nella gerarchia ecclesiastica, rigidamente maschilista. Lo stesso priore che comandava sui monaci (si trattava di una comunità mista) era sottoposto alla Badessa.
In questa Abbazia si monacarono principesse e duchesse figlie dell’aristocrazia più esclusiva di Francia. Si coglie ancora, nell’ampia ed austera chiesa, un’aria da Controriforma, penitenziale e terribile, l’eco di monacazioni forzate per recalcitranti fanciulle più attratte dagli splendori di corte che dalla vita claustrale.
Quattordici principesse ottennero il titolo di “Capo e Generale dell’Ordine“ e fra le trentasei che comandarono si ricordano Renata di Borbone, la grande riformatrice detta “la perla di Fontevraud”; la figlia di Folco IV, Matilde d’Angiò; Eleonora di Bretagna, nipote di Enrico III d’Inghilterra; Anna d’Orleans sorella di Luigi XII; Gabriella di Rochechouart, sorella della Montespan. Tre dispense papali servirono per fare nominare quest’ultima badessa all’età di appena 25 anni. Imposta dal Re che ne stimava la splendente intelligenza, questa donna singolare leggeva Platone, scriveva saggi, corrispondeva con Colbert, Madame de Mantenon, Madame Lafayette.
Non mancarono disordini e disubbidienze a Fontevraud, periodi in cui mal si tollerò il potere di una donna. I monaci si ribellarono con violenza, nel ‘500 una badessa dovette chiamare le truppe per sedare la rivolta, ma tutto tornò alla normalità fino all’avvento della Rivoluzione quando le comunità vennero disperse. L’Abbazia ne uscì semidistrutta, a rimetterla in funzione fu Napoleone, che la trasformò in carcere statale.
Dopo importanti restauri, dal 1963 è stata restituita agli amanti dell’arte. Così oggi, dopo aver oltrepassato il portale che introduce a un grande cortile, si possono visitare le cucine romaniche dai tetti in pietra tagliata a diamante, di forma ottagonale, con i venti camini laterali e sei focolari; poi il grande camino centrale, la torre di Evraud, dove una legione di cuochi preparava cibi per i cinque priorati della cittadella. Uno dei refettori è stato trasformato in sala da concerto. Si visita la sala capitolare costruita da Luigia di Borbone nel ‘500: qui si riuniva il Capitolo, veniva eletta la badessa, si leggeva la Regola, ci si accusava pubblicamente dei propri peccati. Scene della Passione di Cristo decorano la grande sala dai cui muri si affacciano maestosi i ritratti delle badesse.
Infine, la chiesa abbaziale di stile romanico accoglie la necropoli dei Plantageneti. Qui vi sono sepolti Enrico II, Eleonora D’Aquitania, Riccardo Cuor di Leone, Isabella D’Angoùleme. Sintomo che del legame che unì i reali inglesi a Fontevraud, che giovò di doni e benefici da parte loro. Addirittura sembra che Riccardo Cuor di Leone, in fin di vita, abbia pronunciato queste parole:
“So che verrà per me l’ora di scontare i miei peccati. Sarei messo a dura prova per evitare le pene dell’inferno se non fosse per la misericordia di Dio e per le preghiere degli inservienti schiavi di Cristo a Fontevraud, che nella mia vita ho molto amato. Adesso, nella mia ultima ora, mi affido a loro. Per questo soprattutto vi ordino di portarvi il mio corpo e deporlo ai piedi di mio padre“.