Sulla falsa riga del Questionario di Proust, una serie di domande predisposte da BIPART Studio legale per la rubrica Bipart of…this gallery, che ci porta a conoscere meglio le più prestigiose gallerie d’arte italiane. Oggi incontriamo Pierre André Podbielski, che ha aperto la sua prima galleria a Berlino nel 2011, con il logo PoCo, e che sceglie Alfredo Jaar per raccontarci il motto della galleria.
Podbielski Contemporary
Come ha scelto il nome della sua galleria (e cosa vuole esprimere con tale denominazione)?
Essendo una realtà che ho avviato da zero a Berlino nel lontano 2011, il mio nome tedesco aveva una valenza significativa, oltreche un richiamo alle mie radici tedesche. Pertanto, Podbielski Contemporary, con il logo PoCo.
Qual è il motto della sua galleria?
Alfredo Jaar è uno degli esponenti nel complesso panorama dell’arte contemporanea tra i più schierati su tematiche politiche, di denuncia e di sensibilizzazione ai diritti umani. Quando ho avviato la galleria mi sono soffermato su questa frase che si è poi rivelata essere il leit-motiv delle scelte a venire: “It may sound naive, but I think that for all its failings, the world of art and culture is still the only one where something like that can be done (…) The media can’t do it anymore; they’ve become a vulgar business like any other. The world of culture – museums and universities – is the last place where you are still free to dream of a better world (…).” (Alfredo Jaar, Conversations in Chile, 2005, Mistral, Santiago, ACTAR, Barcelona 2006, p. 80.)
Si sceglie prima l’artista o il tema? Qual è il filo rosso che lega le vostre scelte?
La frase sopra citata si è rivelata essere una dichiarazione d’intenti e probabilmente il fil rouge che ha contribuito a consolidare le fondamenta della nostra programmazione. Pertanto la necessità di approfondire un tema, potrebbe influenzare la scelta rispetto a quella orientata sul singolo artista, ma non è sempre così. A tal proposito, durante i primi anni di attività, ho viaggiato in Israele accompagnato da un curatore, per scoprire e al contempo approfondire la mia conoscenza verso artisti giovani e/o consolidati del panorama artistico israeliano.
Qual è la qualità che apprezza di più in un artista?
Sono quelle affinità elettive che cogli in maniera quasi impercettibile dal primo incontro con l’artista, e dalle quali si avvia un percorso, che parte dalla capacità di intendere il dualismo tra l’aspetto razionale e organizzativo dello stesso artista, assieme ad un lato più etereo, quasi intangibile, nonché veicolo del suo processo artistico.
Qual è la qualità che apprezza di più in un’opera?
La possibilità di essere colpito a priori ancor prima di formulare un ragionamento a posteriori. La cosa interessante è la capacità di spogliarsi con sguardo ingenuo da tutti i condizionamenti culturali e sociali acquisiti nel tempo, e saper guardare l’opera con purezza, cogliendone un’armonia, un’unicità ed un’intrigante magia.
Ha una istituzione/galleria di riferimento (e se sì quale)?
Venendo dall’estero ho sempre guardato con ammirazione il grande lavoro di divulgazione promosso dal mondo della fotografia internazionale, come nel caso di C/O Berlin, o della MEP a Parigi. Sono molto felice che anche in un panorama complesso come quello italiano possiamo vantare grandi eccellenze come CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia o la Fondazione MAST a Bologna, nonché Festivals quali Reggio Emilia, Lucca e Cortona.
In quale ambito la sua galleria può migliorare?
Oltre ad aver coinvolto numerosi artisti emergenti italiani in diverse fiere internazionali, il nostro instancabile obbiettivo è quello di consolidare il loro percorso all’estero, avvalendosi della collaborazione di prestigiose istituizioni internazionali. Con le stesse modalità sarebbe auspicabile consolidare joint ventures tra gallerie, come già avviene da diverso tempo all’estero.
Qual è l’aspetto che le piace maggiormente della sua professione e che le dà maggior soddisfazione?
Uno degli aspetti che amo maggiormente del mio lavoro è la sensazione di appartenere ad una sorta di confraternita internazionale, accomunata dalla stessa passione e dallo stesso linguaggio, e recepire che col tempo la tenacia e la coerenza di un percorso vengono riconosciute e premiate.
Ha, o vorrebbe avere, una galleria anche all’estero (e se sì perché)?
È buffo, ma la verità – come dicevo – è che la mia esperienza ha avuto origine all’estero, nello specifico a Berlino, dal 2011 al 2017. Successivamente ho preferito aprire la sede successiva a Milano, che oltre ad essere la mia casa, è una città in grande crescita. Maud Greppi invece, per anni al mio fianco nella gestione della galleria, sognerebbe di aprire una sede all’estero.
Come pensa che si evolverà il mondo dell’arte e la sua fruizione (anche in relazione alle nuove tecnologie, alla blockchain e al metaverso)?
Non considero ne le nuove tecnologie, né la blockchain, né il metaverso, essendo troppo legato al mondo con il quale mi sono formato e qualificato. Questa è una domanda da lasciare ai nostri giovani. Che ci sia bisogno di novità è indubbio, segue il naturale progredire della mente umana, ma quello che posso dire, soprattutto in seguito ai due anni pandemici, è che nonostante l’insorgere di nuove tecnologie, tuttavia i nostri collezionisti più fidelizzati, prediligono un reale contatto con l’opera d’arte e con chi te la introduce.
Arte e diritto: tutela o vincolo (anche alla luce dell’applicazione del diritto di seguito e del diritto di produzione dell’opera riservati agli artisti)?
Il vincolo, per quanto concerne la legge italiana, avrebbe delle finalità lodevoli, tuttavia mi sorge un dubbio, poiché un patrimonio vincolato finisce spesso per costituire un grosso limite per il proprietario, divenendo inalienabile. Inoltre, lo stato non è tenuto ad acquisite un bene vincolato, e questo rischia di diventare una grande zavorra per lo stesso proprietario. Spesso i collezionisti evitano di tenere le opere in Italia per evitare la notifica; quindi, sul vincolo mi chiedo se non possa esser fatta una revisione. Nell’ambito della fotografia noi lavoriamo con giovani artisti che, spesso, partono da quotazioni iniziali tali da non richiedere il diritto di seguito e, per la giovane età degli artisti, l’applicazione del vincolo previsto per i beni culturali. Sono pienamente d’accordo sull’utilizzo di quest’ultimo per la tutela degli artisti, nonostante mi ponga delle domande in merito alla sua possibile applicazione nell’ambito della fotografia emergente, pertanto ancora svincolata dalle logiche del mercato (al contrario di quella più storicizzata).
Le risposte di Pierre André Podbielski di Podbielski Contemporary sono state raccolte da Gilberto Cavagna e Rachele Borghi Guglielmi di BIPART Studio Legale.