Vuitton capofila nelle dinamiche evolutive sociali e politiche della moda. Dopo Virgil Abloh alla direzione arriva Pharrell Williams
Non ho mai creduto nella separazione tra le arti, infatti per me è molto difficile comprendere profondamente i concetti di “Arti maggiori” e “Arti minori”. Che seppur contro la voglia intellettuale dei recenti avanguardisti nell’immaginario collettivo ancora esiste. Credo però fermamente nelle diverse figure professionali che attraverso intuizione e soprattutto adeguata preparazione tecnica riescono a spostare il focus su diverse realtà determinando la storia di un brand. Nell’ultimo anno ad esempio, il mondo della moda di lusso ha attraversato un interessante momento di transizione determinato soprattutto, a mio avviso, da dinamiche evolutive sociali e politiche.
Alessandro Michele lascia Gucci dopo aver piegato tutti e tutte noi ad un’estetica che brillantemente ha riportato in auge la necessità che chiunque ha di circondarsi di bellezza. Raf Simons lascia il mondo della moda. Pharrell Williams è nominato nuovo direttore creativo di Louis Vuitton. che tra qualche settimana debutterà con il suo primo progetto. Pharrell Williams è innanzitutto un musicista e imprenditore americano, infatti, non è certo nuovo a contaminazioni tra musica e fashion world perché, sia come icona di stile sia come collaboratore, Williams ha sempre frequentato il settore. Ci si chiede adesso quale possa essere il nuovo corso di Louis Vuitton, primo devoto allo streetwear grazie ad Abloh.
Musicista e fashion icon
Barbara Bizzari ci racconta su “Italia informa” in un articolo del quindici febbraio di quest’anno che “[…]I suoi apporti al fashion system si distinguono nel 2017 con Chanel, ideando una tra le sneakers più iconiche di sempre e, in seguito, è stato brand ambassador della maison stessa. Nel 2019 ha lavorato a una linea d’abbigliamento unisex con Karl Lagerfeld, allora direttore creativo. Inoltre, ha lanciato il suo omonimo beauty brand. Collaborato per anni con Adidas e co-progettato una linea di occhiali da sole per Vuitton nel 2004, seguita da una di gioielli nel 2008. Insomma, non una scelta casuale quella del musicista e fashion icon, creatore di ritmi sia con le sette note che nella moda e adesso, grazie a una scelta profondamente innovativa, a capo delle future collezioni uomo Vuitton”.
Eppure io farei un passo indietro rispetto ai motivi che giustificano l’entrata di un quasi addetto ai lavori e partirei dal problema principale che, in my opinion, ha accompagnato i vertici di uno dei brand più potenti al mondo. Come fa Louis Vuitton ad abbandonare a cuor leggero soprattutto un successo legato al suo trionfo “etico”? LV è un brand fondato nel 1854 a Parigi che si è specializzato in accessori di moda, pelletteria e orologi da taschino. Ora: la Francia ha di per sé una storia di colonizzazione molto marcata, un passato molto difficile da digerire. E soprattutto quando uno dei tratti culturali è un accentuato senso di nazionalismo onnipresente. Ma nel 2018 Virgil Abloh, afroamericano classe 1980, ha completamente cambiato l’immagine non solo di LV ma del pensiero contemporaneo francese.
Passato nazionalista
Finalmente entra nella moda lusso, diventando essa stessa lusso, lo streetwear. Che è la più alta espressione creativa, dal mio punto di vista, della Black culture da anni destinata a evolversi in angoli di strade. In quegli anni l’ex presidente in carica Nicolas Sarkozy aveva annunciato pubblicamente la volontà di cavalcare l’onda della presa di coscienza europea generale di restituzione culturale dei beni sottratti con forza ai paese oppressi e colonizzati in modo da riconoscere il danno di un passato nazionalista importante. Il rilancio dell’immagine francese dunque si appropria di vari meccanismi e strutture politiche sociali che hanno molto a che fare tra di loro. Quindi chi poteva avere lo charme e l’identità adatta ad abbracciare un difficoltosa eredità di questa portata? E come si giustifica la posizione di un quasi addetto ai lavori che deciderà le sorti di un’azienda così importante? Le scelte strategiche hanno guardato davvero alla sfera professionale? O Williams darà solo il volto alla compagnia?
Questo non ci è dato saperlo, per adesso. Intanto Virgil ci manca molto e Louis Vuitton porterà con sé un importante interrogativo. Anche se a lungo andare queste scelte sembrano non toccare necessariamente il nostro quotidiano è inevitabile prendere le distanze dal potere politico di queste grandi compagnie che decidono quali sono le tendenze non dal punto di vista estetico ma socioculturale. Cosa è importante oggi non è purtroppo determinato solo dalle politiche in carica e la vera Sinistra molto spesso è nelle mani delle arti minori.