La forza di una storia, forse, si misura in base al numero di storie che a sua volta riesce a contenere. In un modo analogo a come la qualità del futuro non può prescindere dall’assorbimento di innumerevoli passati, ovvero tutti i tempi che hanno preceduto quelli attuali. Di storie, passate e future, ci parla in modo eloquente il Padiglione dell’Uzbekistan, presente alla Biennale di Architettura 2023.
Del resto il tema – The Laboratory of the Future – indicato dalla curatrice Lesley Lokko era chiaro: considerare la Biennale come una sorta di workshop, un laboratorio in cui i partecipanti e il pubblico immaginano cosa può riservare il futuro. E il futuro, per l’Uzbekistan, significa riscoprire il proprio patrimonio architettonico come elemento cardine per sfidare il concetto dominante di modernità.
E se le migliori storie e i migliori futuri sono quelli che contengono tante storie e tanti passati, il padiglione Unbuild Together: Archaism vs. Modernity, con la sua anima corale, sembra aver fatto bene il suo compito. Il progetto riunisce infatti un team eterogeneo di curatori, ricercatori, artigiani e artisti alla scoperta delle rovine delle qalas, antiche fortezze della regione di Karakalpakstan e patrimonio della civiltà di Khorezm.
Ed è proprio sulle qalas e sulle molteplici possibilità offerte dalla terra per la costruzione, in particolare i mattoni, che si concentra il Padiglione. Il mattone, materiale universale e al contempo arcaico, costituisce l’elemento portante dell’architettura uzbeka. Unità minima per qualsiasi costruzione, base su cui, idealmente, l’intero Paese si fonda.
In collaborazione con gli studenti di architettura e i docenti della Ajou University di Tashkent e gli artisti associati, Studio KO (team di architettura franco-marocchino scelto come curatore) esplora la materialità dei mattoni, della terra e dell’argilla. Attraverso la sperimentazione teorica e la reinterpretazione delle modalità di realizzazione del mattone, delle tecniche di costruzione e delle diverse tipologie di finiture, è emersa la proposta spaziale del Padiglione. Ovvero una sorta di labirinto, che nel suo centro racchiude un contenuto video dedicato alle qalas.
Alcuni mattoni nell’ambito dell’installazione sono inoltre smaltati dall’artista e maestro ceramista uzbeko Abdulvahid Bukhoriy, uno dei pochi artigiani ancora in grado di insegnare la tecnica di lavorazione ceramica Blue Bukhara.
“Le Qalas, presenti in tutto il Paese, sono un simbolo indelebile della resilienza e della forza del popolo uzbeko, a testimonianza della lunga e complessa storia del Paese. Promuovendo la loro importanza alla Biennale Architettura 2023 a Venezia, possiamo contribuire ad aumentare la consapevolezza dell’importanza della conservazione dei beni culturali, invitando altri ad abbracciare la causa” ha detto in una nota Saida Mirziyoyeva, Responsabile della Sezione Comunicazione e Politica dell’Informazione dell’Amministrazione del Presidente della Repubblica dell’Uzbekistan.
Varie storie, dunque, sullo sfondo di un’inafferrabile Storia. La stessa che si unisce a doppio filo al passato, dal quale l’Uzbekistan si è allontanato ma mai staccato, e che ora può trovare nuova vita in un futuro altrettanto incerto. Ma inevitabile. E che quindi vale la pena immaginare nel miglior modo possibile.