“Il tricolore” dell’artista post macchiaiolo Cafiero Filippelli, dipinto nel 1920, raffigura la bandiera tricolore amorevolmente rammendata da una donna
Quando fu dipinto la Repubblica Italiana era ancora ben al di là da venire. Era il 1920, e del suo significato simbolico si è tornato a parlare da poco, quando se ne è celebrato il centenario. Il Paese era uscito malconcio dalla Prima Guerra Mondiale, ed a questo il vessillo effigiato faceva riferimento. O magari alle sfortunate imprese coloniali nelle quali ci stavamo imbarcando. Eppure il piccolo olio su tela dipinto da Cafiero Filippelli era destinato a diventare un simbolo anche per la Repubblica, che proprio oggi festeggia il suo 77mo anniversario.
Già, perché al centro della scena c’è – amorevolmente rammendata da una donna – la bandiera tricolore, in quel momento insegna del Regno d’Italia. Come tutti sanno, infatti, il tricolore italiano nasce nel 1796 come bandiera militare nelle repubbliche Cispadana e Cisalpina, per distinguere il contingente italiano all’interno dell’esercito di Napoleone. Nel 1848 fu adottato dai Savoia nel regno di Sardegna, nel 1861 dal regno e infine diventò bandiera italiana nel 1946.
Nato nel 1889 a Livorno, dove visse fino alla morte nel 1973, Cafiero Filippelli fu uno dei continuatori dell’avventura macchiaiola, allievo dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, dove conobbe Giovanni Fattori e il maestro dell’arte liberty Galileo Chini. Membro del Gruppo Labronico. partecipò a diverse edizioni della Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma.