Elisabetta Benassi parte da un telegramma – che il compositore Giacomo Puccini inviò al Marchese Piero Antinori nel 1910, in occasione della Prima dell’opera lirica La fanciulla del West alla Metropolitan Opera di New York – per realizzare l’opera site specific che quest’anno alimenta l’Antinori Art Project.
Immersa, letteralmente, tra i vigneti della Toscana sorge una delle cantine più antiche del mondo: Antinori. É addirittura dal 1385 che la famiglia porta avanti la passione per il vino, in un rapporto simbiotico con la terra. Là dove risiede la sua casa e da dove provengono i frutti che la sapienza trasporta in bottiglia. Dal 2012 il legame si è fatto ancora più stretto, viscerale, con l’apertura della nuova sede: una monumentale struttura scavata nelle terre del Chianti Classico. Concepita dall’architetto Marco Casamonti, l’edificio si sottrae alla vista – dalla strada non si intravede che una sottile linea di cemento – e affonda nelle profondità della collina ricoperta di vigne. Letterale, dunque, l’immersione nella terra tanto amata; simbolico, invece, l’impatto discreto sul paesaggio, un invito alla comunione con la natura.
Ha impiegato circa 600 anni, Antinori, per lasciare la sua sede nel centro di Firenze. Con pazienza ha individuato il luogo giusto, la soluzione più corretta, il progetto definitivo. E il risultato è spettacolare. Mentre attorno il Chianti brilla nel verde, la cantina si ritrae nei meandri della roccia e custodisce le sue meraviglie. Prima di tutto, ovviamente, legate al vino. Come antichi templi di Bacco gli spazi dell’edificio accolgono la produzione e la conservazione del prodotto, visitabili da esperti e curiosi in un percorso suggestivo tra botti e strumenti di lavoro. Ma non solo. Da sempre, infatti, la famiglia Antinori si è distinta per la passione l’arte, tradotta in interesse collezionistico e impegno mecenatistico. Spesso i Marchesi hanno affidato all’arte il compito di raccontare i valori e la storia della loro casata, il cui stemma è anch’esso un’opera di pregio artistico, realizzata agli inizi del ‘500 dalla bottega fiorentina dello scultore e ceramista Giovanni della Robbia.
Un rapporto sempre più intenso e duraturo, che ha portato nei secoli alla creazione di un’ampia collezione di dipinti, ceramiche, tessuti e antichi manoscritti. Parte della raccolta è oggi esposta nella sede della cantina, a beneficio del personale e dei tanti visitatori che scelgono di visitarla. Un’attività che non si è mai interrotta e che dal 2012, con l’inaugurazione della nuova struttura, ha trovato nuova linfa nell’Antinori Art Project. Si tratta di un programma di commissioni annuali, molte delle quali site-specific, rivolto a giovani ma già affermati protagonisti della scena artistica nazionale e internazionale. Le opere realizzate con regolarità in questi anni – tolta la parentesi del Covid – hanno impreziosito il percorso di visita della cantina, generando un’efficace commistioni di universi. Recarsi alle cantine Antinori rappresenta ad oggi, almeno, un’esperienza eterogenea: paesaggistica, architettonica, naturale, vinicola, artistica e culturale.
Negli anni gli interventi hanno visto succedersi due curatrici – Chiara Parisi e poi, dal 2014, Ilaria Bonaccossa – e artisti quali Yona Friedman, Rosa Barba, Jean-Baptiste Decavèle, Tomàs Saraceno, Giorgio Andreotta Calò, Nicolas Party, Jorge Peris, Stefano Arienti, Sam Falls. E, per ultima, nel 2023, Elisabetta Benassi.
Per l’occasione, l’artista ha realizzato un tappeto – La fanciulla del West, 2023 – in cui viene trasposto il telegramma che il celebre compositore Giacomo Puccini inviò al Marchese Piero Antinori nel 1910, in occasione della Prima di questa opera lirica alla Metropolitan Opera di New York e che racconta dell’eccezionale successo sotto la bacchetta di Arturo Toscanini. Il telegramma originale è custodito dalla famiglia, insieme a un corposo carteggio, a testimonianza di un’amicizia storica che vide intrecciarsi la storia di questa antica famiglia fiorentina a quella della cultura italiana.
Nelle parole dell’artista: “Ho realizzato una serie di tappeti partendo da alcuni telegrammi che nel corso degli anni (dal 2009 a oggi) ho trovato. Tra questi l’ultimo nell’Archivio Antinori. Spedito da Puccini da NY a Firenze annuncia il trionfo de La Fanciulla del West. È noto che pianoforte e grilletto fossero le grandi passioni di Puccini. Probabilmente i lunghi agguati solitari in attesa di avvistare le prede, le ore passate in solitudine nella campagna toscana sono stati il perfetto contesto per elaborare le fantasie creative di Puccini. Torre del Lago era il luogo speciale nel quale il compositore desiderava rifugiarsi e tornare dopo le sue tournée in giro per il mondo; così come la Maremma, dove fu ospite habitué a Bolgheri, dagli amici Piero Antinori e Giuseppe della Gherardesca, anch’essi cacciatori. Mi piace pensare che da questi luoghi, simili a quelli in cui sorge la cantina Antinori nel Chianti Classico, sia nata l’ispirazione per questa opera lirica. Oggi quel telegramma diventa un grande tappeto, un oggetto quotidiano, un segno trasmesso dalle moderne utopie del ‘900 alla nostra epoca; una sorta di “macchina” del tempo, un ponte che collega il passato al presente”.
Che collega, aggiungiamo noi, epoche ma anche luoghi. Il tappeto è stato infatti annodato a mano a Katmandu, città in cui Benassi è tornata a più riprese. Dettaglio non trascurabile che aggiunge strati e implicazione all’opera, che allaccia mondi diversi e innesca storie e relazioni in grado di avvicinare frammenti di umanità lontanissimi tra loro. Il telegramma, trasfigurato in opera, diventa così testimonianza di un’amicizia, ma anche il simbolo di tutti quei rapporti coltivati nella distanza e sublimati dai rari, meravigliosi, incontri che il destino predispone per loro.
Elisabetta Benassi
Elisabetta Benassi è nata nel 1966 a Roma, dove vive e lavora, ha preso parte a tre edizioni della Biennale di Venezia (2011, 2013, 2015). Tra le grandi mostre internazionali ricordiamo anche le partecipazioni a Manifesta (Francoforte, 2002) e alla II Biennale di Berlino (2001); Congoville, Middelhein Museum, Anversa (2021); Midnight, Anozero – Bienal de Arte Contemporânea, Coimbra (2022). Tra le più recenti mostre personali: City Lights, installazione pubblica permanente ArtLine Milano, Parco delle Sculture, Milano (2023); EMPIRE, Museo Nazionale Romano – Crypta Balbi (2022); Mostyn, Llandudno, Galles (2021); Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps (2019); Lady and Gentlemen, Fondazione Adolfo Pini, Milano (2021); The Sovereign Individual, Galerie Jousse, Paris (2018); It starts with the Firing, Collezione Maramotti, Reggio Emilia (2017); Letargo, Magazzino, Roma (2016); That’s Me in the Picture, Gallery Jousse Entreprise Paris (2015); Voglio fare subito una mostra, Fondazione Merz, Torino (2013); Smog a Los Angeles, CRAC Alsace (2013).