Fondazione DESTE di Hydra, in Grecia, presenta Dream Machines, a cura di Daniel Birnbaum e Massimiliano Gioni. La mostra, organizzato nell’ex mattatoio dove ha sede la Fondazione, esplora l’impatto della tecnologia sull’immaginazione umana, presentando una vasta gamma di opere, da inizio Novecento fino ad oggi. Dal 20 giugno al 30 ottobre 2023.
L’esposizione trova idealmente le sue radici nel 1960 quando lo scrittore e pittore Brion Gysin presenta una strana creazione. La Dreammachine, per l’appunto. Non un meccanismo per viaggiare nel tempo, ma un utile strumento per stimolare l’immaginazione. Si trattava di un semplice cilindro perforato, disposto su un giradischi a 78 giri, con una lampadina sospesa al centro. La rotazione del cilindro faceva sì che la luce lampeggiasse ad una frequenza compresa tra 7 e 13 pulsazioni al secondo, ovvero alle oscillazioni elettriche emesse dal cervello umano quando si trova in stato di rilassamento.
Il lampeggiamento stimola il nervo ottico ed altera l’attività elettrica cerebrale. I fruitori dell’opera – tra cui si annoverano William S. Burroughs, Kurt Cobain, Allen Ginsberg, Brian Jones e Paul McCartney – descrivono visioni colorate caleidoscopiche “proiettate” dietro le palpebre, che possono evolvere fino ad assumere forme concrete e dare l’impressione di stare sognando. Un primo e memorabile esempio di come arte e tecnologia possono combinarsi fino a trasformare l’esperienza estetica (e psicologica) dell’uomo.
“In un momento in cui non possiamo più immaginare un mondo senza tecnologia, è fondamentale chiedersi come noi (gli abitanti di questo pianeta) immaginiamo il mondo e le sue macchine“, sostiene il team della Fondazione DESTE. “La fotografia, il cinema, la radio, la televisione, il video, il computer, la realtà virtuale, la tecnologia blockchain: l’introduzione di nuovi macchinari cambia continuamente le possibilità di espressione artistica“.
Da questi presupposti nasce la mostra Dream Machines, che indaga le modalità e soprattutto l’approccio con cui tecnologia e arte, nei decenni, hanno saputo e voluto integrarsi. Lo fa combinando importanti prestiti della Collezione Dakis Joannou con opere appena commissionate. Tra cui i lavori di autori storici come Duchamp e Wilhelm Reich, ma anche di artisti contemporanei, quali Jeff Koons, Pipilotti Rist e Pamela Rosenkranz. E altri ancora.
Un rapporto di alti e bassi, quello tra arte e tecnologia, di entusiasmo alternato a scetticismo. Soprattutto all’inizio del secolo scorso. Nonostante occasionali esplosioni di tecno-ottimismo in movimenti come il futurismo italiano, il costruttivismo russo e l’E.A.T. (Experiments in Art and Technology) negli anni ’60, molti filosofi e critici d’arte, come Theodor Adorno, adottarono una posizione di tecno-scetticismo. Essi temevano la tecnologia come forma di controllo sociale egemonico, ma anche un’espressione alienante nei confronti di esperienze più autentiche, come per esempio l’arte.
Fu Walter Benjamin il primo a ipotizzare un collegamento virtuoso tra i due mondi, evidenziando come in alcuni casi l’arte abbia indicato la via alla tecnologia. Jane Brontë con Cime tempestose, che assomiglia molto a una sceneggiatura, ha anticipato il cinema; li racconti labirintici di Jorge Luis Borges hanno fatto lo stesso con la narrativa ipertestuale; anche il Grande Vetro di Duchamp può essere considerato un precursore dello spazio virtuale; nel campi musicale è stato invece John Cage ad aprire la strada alle possibilità offerte dai media elettronici. Un lungo percorso che ha condotto, nella cultura contemporanea, ad un accettazione quasi totale della tecnologia, anche nel campo della creatività. Pur perdurando una legittima cautela nel suo utilizzo e nelle possibile derive che un suo errato impiego potrebbero implicare.
Questi gli artisti che, in mostra, si occupano di raccontarci tutto questo visivamente: Thomas Bayrle, Emery Blagdon, Lee Bul, Maurizio Cattelan, Nathalie Djurberg And Hans Berg, Marcel Duchamp, Cao Fei, Urs Fischer, Fischli & Weiss, H.R. Giger, Brion Gysin, Camille Henrot, Judith Hopf, Jeff Koons, Mire Lee, Ulf Linde, Abu Bakarr Mansaray, James Tilly Matthews, Jakob Mohr, Vera Molnar, Henrik Olesen, Philippe Parreno, Seth Price, Wilhelm Reich, Pipilotti Rist, Pamela Rosenkranz, Mika Rottenberg, Sturtevant, Takis, Andro Wekua, Ulla Wiggen e Anicka Yi.
L’inaugurazione della mostra è stata anche l’occasione per presentare l’istallazione definitiva della scultura Apollo Wind Spinner (2020-22) di Jeff Koons. Esposta per la prima volta alla Fondazione DESTE nel 2022, l’opera rimarrà permanentemente installata sull’isola, diventando uno dei suoi nuovi punti di riferimento.