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Viaggio a Saint-Honorat, dal monastero al paesaggio che ricorda i quadri di Cezanne, Sisley, Picabia

Francis Picabia. Les Pins, effet de soleil à Saint Honorat (Cannes) Francis Picabia. Les Pins, effet de soleil à Saint Honorat (Cannes)
© Abbaye de Lerins
© Abbaye de Lerins
Sull’isola di Saint-Honorat, nel sud della Francia, sorge un monastero dalla storia millenaria, immerso nei colori mediterranei che hanno ispirato tanti artisti.

Per raggiungere il monastero fortificato di Saint-Honorat, nella più piccola delle Lerine, esile striscia di terra larga appena 400 metri e lunga 1500, si prende un viale in terra battuta bordato da campi di lavandine, alberi di ulivo e lecci. Il paesaggio è antico, evocativo di particolarità non effimere, quasi ci accompagnasse un rumore di passi lievi, di gente con una meta precisa e irrinunciabile. Nel pensiero si affolla il ricordo di santi monaci, Onorato, Ilario, Aygulfo, che in tempi lontani si rifugiarono in questo luogo alla ricerca di un posto solitario dove meglio ricongiungersi a Dio. Un piccolo braccio di mare, aggredito d’estate da barche miliardarie, bagnanti e vacanzieri, divide le isole di St. Marguerite e St. Honorat dalla folla patinata della costa, dai divismi cinematografici della Croisette. A Cannes, davanti al Palais du Cinema, vicinissimi al molo, da dove partono moderni battelli dal fondo trasparente, sono incise le impronte delle mani di attori e registi celebrati, Nancy Allen, Robert de Niro, F. F. Coppola… 

Luogo simbolico, espressivo e segreto, Lerina è più di un semplice viaggio: è desiderio della memoria, fecondo di sensazioni esclusive, ha un fascino, un significato che va al di là delle bellezze naturali. Nel monastero fortificato di Saint- Honorat l’immaginazione, tentata dal gotico del chiostro, corre ad un medioevo tormentato e glorioso; salpano i secoli, come su un battello, di campata in campata, di epoca in epoca. Ecco la sala del Capitolo del 1000, lo scriptorium del 1200, le eleganti colonnine gotiche del chiostro di lavoro, la grande cappella della Santa Croce, il refettorio, la biblioteca, la sacrestia di fine 200, la terrazza di segnalazione. Fuori, sulla scogliera, l’acqua a ridosso si infrange sui muri calcinati, corrode lentamente le cantine, più antiche.

© Abbaye de Lerins
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La religione e le peripezie della storia si incontrano qui fin dal primo momento: attorno al 410 il pagano Onorato, convertito al Cristianesimo, si rifugia a Lérins per realizzare il suo ideale di vita monastica. Rimarrà fino a quando verrà chiamato agli onori vescovili di Arles, dopo aver fondato il primo nucleo del futuro Ordine. Crocevia del monachesimo orientale e occidentale, nell’ “Ile des Saintes” viene depositato un seme da cui germoglierà la pianta dei monaci cistercensi di Lérins, originale sintesi della “Règle des quatres Péres” d’ispirazione orientale, fondata sull’armonia nella solitudine, attraverso la preghiera, il lavoro, l’ospitalità.

In questa Tebaide, a cui l’inverno riserva ancora giorni di tempesta splendidi e solitari, certamente lo spirito anacoretico agisce tuttora nell’aria di sospeso misticismo, che l’affollamento riesce a intaccare solo in minima parte. Così si percorrono i tre km dell’isola, alla ricerca delle piccole cappelle disseminate lungo i sentieri, fra i pini di Aleppo ed il blu dei campi di lavanda. Sono St. Michel, St.Cyprien; c’è anche il piccolo monastero di Bethlém, St.Sauveur, St.Caprais, St.Pierre, la cappella della Trinità.

Nemmeno le battaglie furono estranee a queste isole. Si racconta, per esempio, della strenua resistenza di San Porcaro (era il 752) e dei suoi 500 monaci tutti massacrati dalle scorrerie saracene, e per questo fu avviata nel 1077, sotto l’abate Adalberto II, la costruzione del Monastero fortificato come baluardo di difesa e avvistamento. Le devastazioni non si fermarono: arrivarono gli spagnoli e i monaci vennero deportati, poi (1400) fu la volta dei pirati genovesi. 

© Abbaye de Lerins
© Abbaye de Lerins

La storia si intreccia con la cronaca. Durante la rivoluzione francese, St. Honorat divenne Isola Pelletier e l’Abbazia andò a finire nelle mani di un’attrice della Comedie, Marie Blanche Sainval. Bisogna arrivare al 1859 perché venga restituita al culto secondo la Regola cistercense della comunità di Sénanque.

Oggi, una comunità di monaci di ogni nazionalità cerca nella solitudine il segreto del colloquio con Dio, i canti in gregoriano accompagnano il lavoro quotidiano, la preghiera, la meditazione. L’idea della solitudine pura, alla base della Regola di Lérins, viene rispettata soprattutto durante il primo giorno della settimana, il lunedì, detto “del deserto”. Il richiamo è a quel “deserto” che i Padri delle origini, Onorato, Euchero, Massimo, Fausto, Vincenzo, Cesare di Arles vennero a cercare in quest’isola.

 Accanto alla contemplazione, il lavoro manuale mutuato dalla “Regula” benedettina. All’interno dell’Abbazia si producono olii che calmano nervi e dolori, si distillano liquori attraverso antichissimi processi di lavorazione. Eroi del quotidiano, non trovano nulla di eccezionale nella loro semplice vita, di loro si può dire ancora oggi ciò che aveva scritto Basilio di Cesarea: “Il monaco non è che un cristiano che ha preso il Vangelo sul serio”. Una breve storia dell’Ordine si può seguire visitando il piccolo museo annesso all’Abbazia, ricco di reperti e simboli religiosi. Il resto è un mare azzurrissimo, una natura rigogliosamente esplosiva, un sole accecante: isola di contrasti, di intime, segrete suggestioni, St. Honorat cattura con i suoi profumi e i suoi colori, gli stessi blu intensi, gli stessi ori delle tele di Cezanne, Sisley, Pissarro e Picabia.

Francis Picabia. Les Pins, effet de soleil à Saint Honorat (Cannes)
Francis Picabia. Les Pins, effet de soleil à Saint Honorat (Cannes)

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