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Herzog, “furore di Dio”. Il regista tedesco protagonista di una mostra in Olanda e di un incontro in Italia

Il regista tedesco Werner Herzog
Il regista tedesco Werner Herzog

Tra i più importanti esponenti della cinematografia mondiale del secondo dopoguerra e di sempre, non si può non annoverare due registi come Jean-Luc Godard e Werner Herzog, rispettivamente protagonisti della Nouvelle Vague francese e del Neuer Deutscher Film. A questi due autori va l’omaggio di due importanti istituzioni culturali europee: da un lato L’Eye Filmmuseum di Amsterdam – dove fino al 1° ottobre 2023 si può visitare la mostra Werner Herzog. The Ecstatic Truth – dall’altro Fondazione Prada di Milano, il cui cinema, con programmazione attualmente curata da Paolo Moretti, assume oggi il nome di Cinema Godard in omaggio al grande regista parigino.

Proprio in questa sede, domenica 17 settembre, il pluripremiato autore tedesco presenterà il suo ultimo film The Fire Within: a Requiem for Katia and Maurice Krafft (2022), dedicato ai noti vulcanologi e documentaristi francesi e distribuito nelle sale italiane da I Wonder Pictures, oltre all’anteprima italiana di Theater of Thought (2022), con cui esplora il mistero del cervello umano tra implicazioni etiche, scientifiche e filosofiche.

Paolo Moretti presenta “Fino all’ultimo respiro” al Cinema Godard di Fondazione Prada. Foto di Francesca D’Amico

La mostra

La mostra di Amsterdam – attraverso spezzoni tratti dai più di 70 film, documentari e cortometraggi realizzati dal regista tedesco, oltre a interviste, materiali d’archivio, foto e oggetti di scena – mette in campo le storie, le immagini e i personaggi del cinema di Herzog, offrendo uno straordinario spaccato della condizione umana e della relazione tra uomo e natura in cui la nostra civiltà appare come un incidente di percorso nel dispiegarsi delle forze dell’universo. Sia per i film di finzione che per i documentari da lui realizzati – “per me la distinzione tra finzione e documentario semplicemente non esiste. Entrambi prendono fatti, personaggi e storie e li rielaborano usando le stesse logiche”, dichiarerà a più riprese nel corso della sua carriera –, Herzog ha raggiunto con la sua macchina da presa i luoghi più remoti della terra: dalla bocca di un vulcano ai ghiacci artici, dalla giungla ai giacimenti di petrolio del Kuwait, dal Sahara al braccio della morte di un carcere in Texas, dove i detenuti attendono l’esecuzione della propria condanna a morte, indagando quanto più possibile le vite di chi ha scelto o si è ritrovato a vivere al di fuori di qualsiasi norma sociale. Al centro di tutto, quella che lo stesso Herzog definisce come “verità estatica”, veicolata tramite immagini in grado di raccontare l’universale tramite realtà particolari.

Un frame da “Into the Abyss” (2011), in cui Herzog indaga il destino di un condannato a morte nello stato del Texas

Il “fardello” di Fitzcarraldo

Tra i materiali audiovisivi più significativi presentati in mostra ci sono alcuni frammenti estratti da Burden of Dreams (1982), con cui il regista statunitense Les Blank documentò il leggendario dietro le quinte che permise la creazione di Fitzcarraldo (1982). Herzog spese quattro anni lavorando a questo film, tra attori ammalati, il protagonista e amico-nemico di una vita Klaus Kinski che con i suoi comportamenti terrorizzava l’intero set, una guerra tra Perù ed Ecuador che rese impossibili le riprese nella location inizialmente scelta. La scena cruciale del film è quella in cui Fitzcarraldo, nel perseguire i propri grandiosi piani imprenditoriali, si ritrova, con l’aiuto delle popolazioni Indios locali, ad issare una nave a vapore su una collina. Le folli difficoltà che il regista si ritrovò ad affrontare lungo la produzione del film sono riassunte in una sua dichiarazione contenuta nel film di Les Blank:

Anche se riuscissi a far arrivare la barca in cima alla montagna e in qualche modo riuscissi a portare il film a conclusione, chiunque potrà congratularsi con me e dirmi che è meraviglioso, ma nessuno su questa terra, fino alla fine dei miei giorni, potrà mai convincermi ad essere felice per tutto questo”.

 

Klaus Kinski e Werner Herzog ritratti insieme sul set

Grizzly Man

Un altro film emblematico della poetica herzoghiana, presentato in mostra ad Amsterdam, è Grizzly Man (2004), in cui il regista tedesco mette mano allo smisurato repertorio di immagini catturate da Timothy Treadwell, ambientalista statunitense che per più di 13 anni visse le proprie estati, giorno e notte, a strettissimo contatto con le popolazioni di orsi Grizzly che abitano i territori del Parco Nazionale di Katmai, nel sud dell’Alaska, nel tentativo di creare maggiore consapevolezza sulla vita di questi animali e opponendosi alle logiche perverse della società contemporanea da lui rifuggita. Il risultato è un affresco idilliaco della natura, anche e paradossalmente nei suoi aspetti più crudi e selvaggi. Pur ammirando lo spirito indomito di Treadwell, Herzog non può fare a meno, tramite gli inconfondibili voice-over che caratterizzano la sua produzione documentaristica, di mettere in dubbio la visione armoniosa che l’ambientalista aveva della natura da cui lui stesso verrà tradito, finendo per essere divorato da uno degli orsi che così profondamente amava. Secondo Herzog, la natura è caotica, priva di rimorsi e del tutto indifferente all’uomo: “Sono affascinato dall’idea che la nostra civilizzazione sia come un sottile strato di ghiaccio sopra un oceano di caos e oscurità”, racconta il regista.

L’ambientalista Timothy Treadwell in compagnia di un orso Grizzly. Frame tratto da “Grizzly Man” (2004) di Werner Herzog

The Fire Within

Chiudono l’esposizione olandese alcune immagini tratte da The Fire Within: A Requiem for Katia and Maurice Krafft, film che Herzog presenterà personalmente durante il suo intervento programmato per domenica 17 settembre presso il Cinema Godard di Fondazione Prada a Milano. Le eruzioni vulcaniche, di cui Katia e Maurice Krafft furono massimi studiosi, mettendo a repentaglio le loro stesse vite, hanno sempre esercitato grande fascino su Herzog: per realizzare il documentario La Soufrière (1977), che prende nome dall’omonimo vulcano della Guadalupa, per esempio, viaggiò fino all’isola caraibica, mentre per Into the Inferno (2016), già ultra-settantenne, scalò personalmente diversi vulcani in attività.

Le immagini del magma incandescente, accompagnato dalle musiche di Johann Sebastian Bach, sono una metafora perfetta dell’inestinguibile fuoco che sembra ardere nell’animo di Werner Herzog, capace di cogliere l’epica che si nasconde dietro le esistenze e i luoghi più impensabili.

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