Dopo il recente restauro, è tornata visibile nelle sale del Museo e Real Bosco di Capodimonte l’Annunciazione con i santi Giovanni Battista e Andrea di Filippino Lippi
L’opera di Lippi, una tempera su tavola datata 1470-75 ca., è stata restaurata grazie al sostegno dell’azienda Temi Spa che ha utilizzato le agevolazioni fiscali dell’Art Bonus. Questo restauro è parte di un progetto che ha coinvolto in totale otto dipinti del Museo. Oltre a questa: l’Adorazione dei Pastori di Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, la Natività di Luca Signorelli, La Cantatrice di Bernardo Cavallino e Adorazione del Bambino di Michelangelo Anselmi, il Paesaggio con la Ninfa Egeria di Claude Lorrain, il Ritratto dell’infante Francesco di Borbone di Elisabeth Vigée Le Brun e il Ritratto di Pier Luigi Farnese di Tiziano.
L’Annunciazione di Filippino Lippi è stata restaurata da Bruno Arciprete, sotto la direzione lavori di Angela Cerasuolo, responsabile del Dipartimento restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte con indagini condotte da Beatrice De Ruggieri, Matteo Positano, Marco Cardinali (Emmebi Diagnostica Artistica) e Claudio Falcucci.
Filippino Lippi nasce a Prato dall’unione illegittima tra il celebre pittore e frate carmelitano Filippo Lippi e la monaca agostiniana Lucrezia Buti, figlia di un mercante fiorentino. Avviato prestissimo alla pittura, è già registrato fra i ‘garzoni’ della bottega paterna nel cantiere del Duomo di Spoleto, dove Filippo si reca nel 1467 e trova la morte due anni dopo. Filippino continua quindi a condurre la sua attività inizialmente a fianco di Fra Diamante, principale collaboratore del padre. Da questi si discosta però entro il 1472, anno in cui è registrato nella bottega di Sandro Botticelli, già con una certa autonomia e non esattamente come suo allievo. Gli studi più recenti stanno ricostruendo l’attività dei primissimi anni di Filippino presupponendo questo precocissimo apprendistato presso il padre, e quindi “l’avvio del percorso artistico del Lippi, parallelo e non in esclusiva dipendenza da quello di Botticelli” (E. Parlato).
L’Annunciazione di Capodimonte è un importante testimonianza di questa fase iniziale del giovane maestro. Si può ipotizzare una datazione veramente molto precoce per il dipinto, alla luce di quanto il restauro ha consentito di comprendere sulla sua esecuzione, caratterizzata da modifiche, aggiustamenti, esitazioni nel passaggio dal disegno iniziale alla stesura pittorica, che si è rivelata in tutto il suo nitore, preziosa e delicata ma non sempre salda.
L’ipotesi della provenienza dalla collezione dell’emiliano Alfonso Tacoli-Canacci avanzata in base alla descrizione dell’inventario del 1790-92 (Buonocore), ha avuto una precisa conferma nel corso del restauro, che ha offerto l’occasione per verificare l’originaria scritta apposta su un cartellino ora frammentario, ma ben leggibile nella foto di documentazione di prima del restauro ICR (1957).
Dal Museo e Real Bosco di Capodimonte spiegano: «Il restauro ha restituito al dipinto tutto il nitore dei colori tersi e armoniosi, rendendo meglio leggibile il ductus elegante a punta di pennello con cui sono costruiti i panneggi, i lineamenti delicati dei protagonisti, il cielo luminoso che splende dietro la veduta della città di Firenze, eseguita con la stessa precisione elegante con cui sono realizzati i dettagli decorativi delle vesti e i fiori dello splendido giardino. Nella veduta sono ben riconoscibili la torre di Palazzo Vecchio, la cupola di Santa Maria del Fiore col campanile di Giotto, il Bargello, il campanile della Badia fiorentina. Due misteriose figurine minuziosamente delineate si stagliano nella lontananza, dietro il giglio sorretto dall’Angelo in primo piano. Un’opera preziosa e commovente, che il restauro ha finalmente restituito all’esposizione, migliorandone la stabilità e consentendo di tornarne ad apprezzare tutte le finezze».