Esistono punti d’arrivo che sono anche, inevitabilmente, nuovi punti di partenza. È stato così per Simone Leigh, per cui la partecipazione alla Biennale di Venezia 2022 era già un successo, ma si è poi rivelata un clamoroso trionfo.
Al suo annuncio, si era guadagnata il record di prima donna nera a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale. Poi, nel corso dell’evento, il riconoscimento è raddoppiato con la vittoria del Leone d’oro in qualità di miglior artista partecipante nella mostra centrale Il latte dei sogni, curata da Cecilia Alemani.
Nata a Chicago nel 1967, Leigh attinge al femminismo, alla teoria postcoloniale e all’etnografia per creare opere che riflettono su questioni razziali e di genere. Le sue sculture in ceramica smaltata e in bronzo sono influenzate non solo dalla storia dell’arte africana, ma anche dall’arte popolare sudamericana e della prima arte popolare afroamericana.
Tematiche antiche e contemporanee al tempo stesso, in grado di intercettare la sensibilità moderna e allo stesso tempo di evocare in maniera potente riferimenti quasi ancestrali. La forza intrinseca delle opere, unite ai recenti successi, stanno conducendo Simone Leigh verso il punto più alto della sua carriera: la consacrazione.
ICA di Boston, che ne ha anche acquisito delle opere, le dedicherà la prima importante monografica museale (3 novembre 2023 – 3 marzo 2024), che muoverà poi all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, D.C., e a Los Angeles per una presentazione congiunta al LACMA e al California African American Museum. Protagoniste in mostra molte delle opere esposte l’anno scorso alla Biennale.
Dei suoi lavori fanno inoltre parte delle collezioni di altri importanti musei statunitensi, come l’Art Institute of Chicago, il Whitney Museum of American Art e il Solomon R. Guggenheim Museum, entrambi di New York. A questi si aggiunge ora anche la National Gallery of Art di Washington, D.C., che ha acquisto Sentinel, monumentale scultura in bronzo anch’essa esposta (in un’altra edizione) a Venezia.
Si tratta di un’elegante scultura in bronzo nero, slanciata verso l’alto, che ricorda al tempo stesso una colonna e una forma femminile astratta, così come riporta alla mente il linguaggio espressivo delle comunità africane. La testa della statua è poi simile a un vaso, una sorta di ciotola, e non ha volto. Una soluzione attraverso cui Leigh vuole suggerire due cose: l’invisibilità storica delle donne nere e l’unico aspetto per cui erano considerate in epoca schiavista, il lavoro (simboleggiato dal vaso, utile a contenere ciò che veniva raccolto nei campi.
“Siamo entusiasti di portare quest’opera eccezionale realizzata da una delle più grandi artiste viventi d’America nella collezione della National Gallery of Art“, ha dichiarato il direttore della NGA Kaywin Feldman in merito all’acquisizione della scultura. “Sentinel si ergerà nell’ampio atrio dell’East Building, una presenza contemporanea imponente tra le altre monumentali opere di Alexander Calder, Anthony Caro, Isamu Noguchi e Richard Serra”.
Il museo è stato in grado di acquistare l’imponente opera d’arte, alta quasi cinque metri, grazie a una donazione della Glenstone Foundation del Maryland, fondata dai collezionisti d’arte miliardari Emily e Mitchell Rales, e sarà esposta da settembre.
Altre versioni più piccole di Sentinel fanno parte della collezione dell’Università del Texas ad Austin (Sentinel IV), mentre Sentinel (Mami Wata), in cui un serpente è attorcigliato attorno al corpo della donna, è esposta alla Harvard Business School di Cambridge, Massachusetts, dallo scorso autunno.