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Chiara Enzo, Irene Fenara, Diego Cibelli: i vincitori del Premio Termoli 2023

Chiara Enzo, Strettamente Legate – Il profilo di mia madre, acquerello, pastello, matite colorate su cartoncino incollato su tavola, 2023. Courtesy l’artista e ZERO…, Milano.

Il Premio Termoli affonda le sue radici nel 1955 per mano dell’artista Achille Pace. Un appuntamento annuale che ha dato vita a una collezione ricca di opere d’arte rappresentative del fermento culturale italiano dal 1955 a oggi, con artisti del calibro di Carla Accardi, Dadamaino, Mario Schifano, e tanti altri.

Presente alla mostra per la 63ma edizione del Premio Termoli su invito della curatrice Alessandra Troncone, l’artista Chiara Enzo si aggiudica il premio acquisto con il dittico Strettamente legati (2023). Con Supervision (2021), l’artista Irene Fenara, invitata da Alessandro Rabottini, vince il premio mostra che prevede la realizzazione di una personale presso gli spazi del MACTE – Museo di Arte Contemporanea di Termoli. Infine, il premio menzione del pubblico va a Diego Cibelli, selezionato anche lui da Alessandra Troncone, con l’opera La devozione della cura (2023). Le vincitrici di questa edizione sono state selezionate dalla giuria composta da Cristiana Perrella, curatrice della 63ma mostra del Premio Termoli, Caterina Riva, direttrice del MACTE, e Francesco Stocchi, direttore artistico del museo MAXXI di Roma.

Chiara Enzo, Strettamente Legate – Transito, acquerello, pastello, matite colorate su cartoncino incollato su tavola, 2023. Courtesy l’artista e ZERO…, Milano.

L’artista Chiara Enzo, classe ‘89, lavora su formati di piccole dimensioni, attingendo a un repertorio di immagini che derivano da esperienze vissute, percepite, o di propria immaginazione. Attraverso il proprio lavoro, l’artista apre un canale per riappropriarsi del mondo che la circonda e che è in relazione con se stessa: una reazione a una sensazione di sfaldamento della realtà.

Il profilo di mia madre e Transito, le opere che compongono il dittico Strettamente legati, raffigurano dei soggetti molto diversi tra loro che si articolano su due livelli dissonanti, ma al contempo intrecciati. Da un lato, l’immagine della madre dormiente, un volto intero e definito, contrapposta a un’immagine estrapolata da un libro di medicina, una forma indefinita totalmente impersonale e slegata dalla quotidianità dell’artista. Nel primo caso osserviamo una figura il cui colore olivastro della pelle riverbera sull’osservatore l’idea di mortalità dell’essere umano e della precarietà dell’esistenza; nel secondo caso, al contrario, l’artista si sofferma sull’aspetto vitale della carne, con tutte le sue problematiche che appunto la rendono viva.

Diego Cibelli, La devozione della cura, installation view, porcellana e stampa su carta, 2023.
Diego Cibelli, La devozione della cura, installation view, porcellana e stampa su carta, 2023.

Irene Fenara, classe ‘90, lavora prevalentemente con immagini video frutto della sorveglianza privata. Si appropria di queste immagini tramite codici di sicurezza, una sorta di log-in tramite hackeraggio, per salvarle da un destino certo: la loro eliminazione dopo 24h. La selezione delle immagini costituisce una fase rilevante nel lavoro dell’artista bolognese, che si sofferma in particolare sui contenuti di cui non è in grado di interpretare il soggetto, al fine di lasciare all’osservatore la risoluzione dell’enigma.

Con Supervision l’artista si focalizza sull’aspetto “creativo” di uno strumento altamente funzionale capace di realizzare un prodotto con una sua estetica specifica, a tratti quasi pittorica. Irene Fenara ha estrapolato delle immagini tratte da videocamere di sorveglianza che hanno perso la loro funzionalità, ponendo attenzione su figure che presentano una trasmissione errata di dati, o su quelle in cui un agente esterno (il vento, un insetto, la vegetazione alta, etc) ne modifica il punto di vista. Questo “errore” è il un sintomo della non funzionalità dei dispositivi dimenticati che generano immagini tutte differenti tra loro come se fosse lo sguardo di un animale.

La devozione della cura (2023) di Diego Cibelli, classe ‘87, presenta un gioco di continuità tra immagini e porcellana. La ricerca artistica che emerge da questo lavoro parte dalla necessità di ritornare alla natura attraverso il concetto di paesaggio, quasi a farsi possedere dalla natura stessa. L’idea del fantastico che risiede nella narrazione e nel viaggio, di cui è intrisa l’opera, deriva dalle esperienze e tradizioni del museo di Capodimonte di Napoli, da cui l’artista si è lasciato influenzare per la realizzazione di questa installazione.

Infine, la seconda edizione del premio dedicato alla Sezione di Architettura e Design è stato assegnato a Sara&Sara (Lubiana) con il progetto Parasol Library, selezionato da una giuria composta da Cristiana Perrella, Federica Sala, Marco Rainò e Paolo De Matteis, presidente della Fondazione Macte. La proposta progettuale prevede la realizzazione di uno spazio del museo adibito a biblioteca, perfettamente inserita nel territorio circostante. Il premio menzione del pubblico è stato conferito a Ortiz+Zhou_O+R Studio (Siviglia) con il progetto Constellations_Costellazioni.

Irene Fenara, Supervision, stampa a getto d’inchiostro su carta baritata, 2021. Courtesy l’artista

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