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L’osservatorio del presente: Leonor Fini e Fabrizio Clerici, e un rapporto speciale

Fabrizio Clerici, La barca solare, 1967, collezione privata
Leonor Fini e Fabrizio Clerici, due alternativi surrealisti che il Mart di Rovereto indaga in una mostra dal titolo “Insomnia”, esposizione di punta della volontà del museo di riscoprire i dimenticati del XX secolo

Impossibile non apprezzare lo sforzo curatoriale di Giulia Tulino e Denis Isaia nell’ordinare “Insomnia”, la mostra dedicata al rapporto speciale che univa Leonor Fini (1907-1996) e Fabrizio Clerici (1913-1993), aperta al Mart fino al 3 novembre. Due personaggi alternativi e in qualche modo irregolari, esponenti di quel surrealismo fantastico italiano riscoperto in questi ultimi anni, che la mostra racconta in maniera sfaccettata e precisa, puntualizzando non solo i loro profili ma soprattutto l’ambiente nel quale vivevano ed operavano. Un percorso espositivo articolato e scenografico sottolinea l’eccentricità dei due artisti, che si muovevano in un territorio culturale dominato da relazioni intellettuali e mondane, definite da Sgarbi “L’epicentro di un sisma dei cui effetti non resta memoria tra i grandi movimenti del Novecento”. Un terremoto culturale delineato da 400 opere, selezionate dai curatori, e giocato nella prima parte della mostra su un dialogo incentrato sul tema del ritratto. Intensi e sognanti i volti della Fini, tra i quali spicca il Ritratto del giudice Alberti (1927), impaginato come un dipinto del Quattrocento, e Ritratto del Principe Alfonso Pio (1941) vicino ai volti di Antonello da Messina. Più malinconici e pensosi i visi di Clerici, come il Ritratto di Alberto Savinio (1944) o l’Autoritratto (1941). La ritrattistica precede la produzione di tele di matrice onirica, come La Pastorella delle sfingi (1941) di Fini e Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre (1951) di Clerici, inseriti del contesto di altri artisti dell’epoca che si ispiravano al passato – interessanti ma non tutti rappresentati da opere della stessa qualità- come Gianfilippo Usellini, Arturo Nathan e Bruno Croatto.

Leonor Fini, ritratto del Principe Hassan Aziz, 1951, Fondazione Cavallini Sgarbi

Sorprendente il focus su Stanislao Lepri (1905-1980), altro artista irregolare, protagonista di una recente personale nella galleria Tommaso Calabro, e decisamente originale e stimolante la sezione fotografica e documentaria, dedicata alla vita sociale e intima dei due pittori. Eccoli al ballo mascherato de Bestegui a Venezia nel 1951, o nella torre San Lorenzo sul litorale laziale negli stessi anni, per raccontare “un mondo fatto di solisti, artisti unici , figli di un’età diversa da quella del loro presente, portatori di idee inattuali quanto originali “ sottolinea Giulia Tulino. Accompagna la mostra un corposo catalogo, edito dall’Ernma di Bretschneider, ricco di contributi scientifici” Insomnia” è la mostra di punta della stagione 2023 di un museo che negli ultimi anni ha focalizzato la sua attività sulla riscoperta di pittori dimenticati del Ventesimo secolo: missione meritoria, a patto che si faccia sempre attenzione alla qualità.

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