Al Museo delle Arti e Mestieri di Gubbio nove artisti e un racconto: l’arte contemporanea si intreccia con il passato e trasforma antiche tele in nuove visioni rivolte al futuro
Dalla donazione di umili e insieme pregiati tessuti nasce a MUAM di Gubbio un’antologia di racconti visivi, scritti attraverso il linguaggio dell’arte: con la curatela di Paolo Cortese due uomini e sei donne da una storia di cent’anni ne aprono una nuova, in mostra fino al 28 ottobre.
Dentro lo scrigno meraviglioso di Palazzo Beni le opere di Toni Bellucci, Vito Capone, Federica Luzzi, Francesca Nicchi, Marilena Scavizzi, Greta Schödl, Maria Jole Serreli e Franca Sonnino. “Trasfigurazioni. Tele del futuro” parte dalla vita di Elvira Sollevanti in Sebastiani, eugubina nata a fine Ottocento che, nel primo dopoguerra incomincia a creare, tra i licci del suo telaio domestico, una serie di tessuti, di morbido cotone e di lucido lino, aspettando. «Non si rassegna alla notizia che suo marito non tornerà mai più a casa e continua a lavorare al suo telaio, come una moderna Penelope, tessendo lenzuola, federe e asciugamani, fiduciosa che un giorno la porta di casa si aprirà per farla ricongiungere con l’amato» si legge nel testo curatoriale che continua: «Storie da romanzo, la vita è più dura, soprattutto quella di quei giorni. E il lieto fine non è parte del racconto. Al dolore e alla storia, resistono però questi manufatti, splendidi nella loro semplicità. Che oggi, grazie all’intervento degli artisti invitati, possono continuare a raccontare una storia d’amore unica». Ed ecco che da questi tessuti, donati dal nipote Fernando Sebastiani al Museo delle Arti e Mestieri, prendono vita le opere in esposizione.
Dal telaio parte Toni Bellucci, che sviluppa una infinita macchina scultorea, misteriosa e complessa, antica e moderna, che parte dal drappo e ritorna al drappo, che racchiude, espone e protegge congiungendo gli opposti tra solido metallo e morbido puro bianco mentre, nera e lucente, si installa perfetta, riempiendo una nicchia vuota di Palazzo Beni Shell, opera minimale di Federica Luzzi dedicata al padre Mario, gioco tra interno ed esterno, permanente e momentaneo, naturale ed artificiale. D’una esistenza che tira avanti giorno dopo giorno, senza perdere la sua sostanza, piena di energia trattenuta nel suo essere, sembra parlare Maria Jole Serreli che lega stoffa morbida e calda a ceramica fredda e dura in una consonanza ed equilibrata unione quasi alchemica. Sul filo della scrittura si basa l’Omaggio a Elvira di Greta Schödl che, sul perfetto panno grezzo arricchito dalla cadenza palpitante di gocce d’oro, riflette le preziose «vibrazioni della voce, del pensiero, della materia, della vita» e concettualmente ripercorre il tessere della donna con le parole così come esse sono tracciate sui Quaderni sospesi di Francesca Nicchi che, tra fili e grovigli, parla del tempo che passa lento. Franca Sonnino materializza le vite mai raccontate delle persone e delle masse senza Storia attraverso il telo di Pagine disperse, in cui volano contro la gravità i fogli che infine si fanno libro con il nero dell’inchiostro che trova il bianco lenzuolo e salva le vicende dell’umanità mentre con una quinta teatrale guida il corpo e lo sguardo Marilena Scavizzi su L’attesa, racconto di anni terribili e senza risposta, di lettere vuote, mai scritte e mai spedite, di emozioni sospese di fronte al destino. Dalla materia parte Vito Capone che, tra il ruvido tessuto, pone la carta – incisa, stampata, sfogliata, abrasa – e da superficie si fa volume e poi codice scritto e letto: due linguaggi, telo e libro, narrazione orale e testo, effimero ed eterno che si incontrano. A chiudere la mostra l’omaggio, curato da Alberto Mazzacchera, dedicato a Oscar Piattella, presente virtualmente grazie all’archivio a lui intitolato.
Esposizione sviluppata con la collaborazione di Università dei Sarti di Gubbio, l’Associazione Amici di Mirella, dedicata a Mirella Bentivoglio e la Galleria Gramma_Epsilon di Atene, Trasfigurazioni. Tele del futuro incrocia, nel segno del linguaggio visivo, storia, esistenze personali e collettiva, dando prova della possibilità concreta di legare passato, presente e futuro attraverso l’arte e di donare, attraverso incontro e conoscenza, al vivere umano nuovi significati.