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La fotografia ad una rampa di scale. Noi tre amiche: ogni addio è una tremenda scomparsa

Friedrich
Giacomo Balla, La scala degli addii (Salutando), 1908, ubicazione ignota

Il buongiorno dell’arte è un caffè con la Moka. Senza zucchero.

Ogni addio è una tremenda scomparsa. Ogni addio ti avvicina alla morte e ti ricorda della vita. Nell’addio il nostro corpo entra nello spontaneo vortice dove la volontà e il destino si incontrano, lungo una lunga rampa di scale, senza guardarsi. Ad occhi bassi. Io salgo. Io scendo. Nessuno più è la metà dell’altro. Perché nessuno più è la meta dell’altro. Forse il senso della vita è proprio questo: una sommatoria di addii. L’ultima finale intenzione della nostra esistenza è un enorme, lungo, ininterrotto addio.

Camminammo lungo la via. La tipica giornata di sole dove si ha la sensazione di ricevere la benedizione domenicale senza aver assunto alcuna ostia. Voglio molto bene alle mie due amiche, soprattutto perché non pongono mai domande. Non mi chiedono mai come io stia, cosa pensi, o cosa possa saltarmi in mente. Piango da sola ma sorrido in compagnia. Avevo scelto, quella mattina, un cappellino a falda, chiaro. Vestito chiaro, lilla. Capelli raccolti, in pieno stile vittoriano.  Mai creduto nell’amore perché ero già capace d’essere sola, e solo la sera mi era fatale il silenzio. Nel giorno mi sentivo ebbra, e conoscevo il modo di frenare questa angoscia che montava dentro il mio seno.

Caspar David Friedrich, Lady on the Staircase / Caroline on the stairs, 1825 circa, Pomeranian State Museum collezione

Immersa così nei pensieri, ondeggiavamo tra le prime vetrine di argenti e stoffe. All’intersezione di un incrocio, riconobbi entrare, nella drogheria accanto, Giacomo. Feci finta di nulla, girai lo sguardo. Chiesi il prezzo di un tappeto. La commessa non mi sentì, parse occupata o, peggio, sorda. Improvvisamente le mie due amiche esclamarono “Giacomo!”. Improvvisamente una luce ed ebbi quasi una mancanza.

Ci invitò a casa di un amico. Dissi a bassa voce: “Abbiamo quell’appuntamento più tardi, ricordate amiche? – Quale?” – mi risposero in coro. Quando ti accorgi che il sole è alto e nessuna ombra può esserti di sollievo, ora, in quel momento, si aprii il gran portone del Palazzo. Grande, maestoso, come il portone del Battistero. Proprio quando si spalancano le grandi porte che ci accorgiamo che esistono delle grandi scale. Ho sempre diffidato di colui che non ha respiro d’affanno alla fine di ogni rampa.

Le scale non amano cambiare. E salimmo e salimmo, come spinti dall’improvvisa voglia di intensità.

Paca e cauta, ci sedemmo in salotto. Un caffè per tutti. Per me sempre senza zucchero. La dimora così ricolma di colori e geometrie che la mia mente non ebbe modo di ricordarmi che Giacomo fosse li. Si evita ciò che fa star male. Si evita anche ciò che ci fa star bene. Nella mia semplicità non trova spazio la parola perché, presa dall’amore, viene gettata nell’oceano degli imbarazzi.

Helen Allingham, The Staircase, Whittington Court, Gloucestershire, XIX sec., collezione privata

Guardai le tazzine del caffè vuote, in lontananza. Una signora, una madre giovane, che le raccoglieva con fretta. Quasi delusa, arrabbiata. Noi uscimmo tutte, tutte e tre. Volli solo scappare, correre lungo la rampa, aggredire la lunghezza dell’infinito. Ai saluti, indirizzammo tutte e tre il nostro moto verso la spirale. Per me era finita, per me iniziava la più grande salita, perché ci si dimentica, spesso, che le prospettive vere sono quelle dall’alto, come aerei in volo, come piloti in caccia senza motore.

Presi un sospiro e tirai un respiro. Le mie due amiche furono felici. Per loro fu un momento di pace e di serenità. Mi iniettai della calma e lentamente presi le scale, dando il braccio al parapetto. Ora che non c’è più Giacomo, sento il vuoto ad ogni scalino. “Signorine, buona giornata, a presto!” un piano sopra, un piano senza zenit, arrivò questa voce. Le altre si misero in posa, alzarono le mani e contraccambiarono. Io fui solo che immortalata, e un sorriso dolce si creò tra i miei muscoli facciali.

Ho sceso almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino”. Il mio non fu un “salutando” o un “addio” ma la speranza di un tenero arrivederci.

Friedrich

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