A oltre 30 anni dal ciclo “Per l’arte in Sardegna” negli spazi dei Musei Civici ritornano preziosi acquerelli, invenzioni cromatiche, dipinti e raffinate ricerche incisorie create da Mirella Mibelli con “Segno, colore, superficie, retrospettiva”, a cura di Gianni Murtas, in mostra fino al 5 novembre
Negli spazi della Galleria Comunale d’Arte l’esposizione si apre con le opere della fine degli anni ‘50, i primi esperimenti pittorici della giovane autrice, dagli oli con i paesaggi urbani alle figurine alla moda fino ai nudi ad acquerello. È la stagione dell’esordio di Mibelli e sono gli anni dell’esperienza di Studio 58. Una storia apertasi con l’esposizione presso l’ottico Franz di un gruppo di giovani spinti tra rinnovamento, diverse istanze espressive ed ingresso di nuove generazioni nel mondo dell’arte contemporanea in Sardegna. E consumatasi con l’affermazione a pieno titoli di questi autori nel panorama artistico, tra quel decennio e il successivo. In questa secessione artistica, che richiama alla mente gli impressionisti nello studio di Nadar, prende parte Mibelli «influenzata dalla esperienza alla “Scuola del Vedere” di Kokoschka, Mibelli orienta la sua pittura su una combinazione dinamica tra la forza espressiva del tratto e il fascino evocativo del colore. La scelta dell’acquerello come tecnica privilegiata, attuata a Salisburgo, resta nel tempo e la mostra ha un primo momento significativo in una serie di lavori definiti da una figurazione minimale che però mantiene una forte carica narrativa» scrive Gianni Murtas. Segue un grande vuoto nella produzione dell’artista, circa un decennio dove ella ferma la sua ricerca. E solo con gli anni ‘70 che la sperimentazione riprende, laddove sembrava interrotta, dalle affascinanti figure degli acquerelli. Da questo momento inizia un lento processo di indagine intorno al colore che sfocia con gli anni ’80 nell’astrazione laddove, secondo Murtas «la progressiva rinuncia alla figurazione non è per lei un venir meno alle matrici originarie del suo lavoro». E le suggestioni dell’astratto trionfano su carta con i preziosi pigmenti che invadono lo spazio e incontrano i segni che Mibelli scopre nell’incisione. In questo campo l’artista si muove tra acquaforte e acquatinta, xilografia, ceramolle e uso di più lastre spostandosi con sicurezza tra aniconico e figurativo. Tra questi due poli l’esperienza degli anni ‘80 continua nel decennio successivo che vede le meravigliose sperimentazioni d’acrilico su tela e i magnifici acquerelli «intreccio complesso di spunti naturalistici e procedimenti astrattivi».
A dominare la scena negli spazi della antica Polveriera di Cagliari, ora Galleria Comunale d’Arte, il fantastico e regale Studio su Nostra Signora Martinicca opera che, se riporta alla mente la seicentesca Allegoria della Magnanimità di Luca Giordano parla insieme delle difficoltà e delle tragedie del vivere umano.
Scrive il curatore Gianni Murtas: «l’esposizione è un atto doveroso per recuperare una delle artiste più importanti del secondo dopoguerra in città, sia per il ruolo che ha avuto sia per altri aspetti, come la sua produzione più matura che abbiamo capito meglio col tempo. È quindi l’occasione per dare un ordine storico a tutta una serie di ricerche di Mibelli, non solo quelle degli anni ‘50 e ‘60 ma anche quelle meno indagate degli anni Ottanta e Novanta. Mibelli ha operato su più fronti: è stata una giovanissima esordiente con lo Studio 58, il gruppo artistico formato da artisti nati negli anni ‘30 […] che ha rotto la linea tradizionale dell’arte a Cagliari e ha definito i nuovi orizzonti dell’arte moderna in Sardegna, negli anni ‘70 è stata al centro dell’attività del Liceo artistico del capoluogo e attiva nel dibattito culturale di quegli anni».
La mostra “Segno, colore, superficie”, sviluppata in collaborazione con l’Archivio Mibelli, restituisce lo spessore di un’artista in grado di esplorare le tecniche e i linguaggi, tra figurativo e astratto, ricostruendo il viaggio nell’arte di Mirella Mibelli, tra le massime figure dell’arte contemporanea in Sardegna.