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Monaco di Baviera celebra la pittura del Cinquecento veneto

Sebastiano del Piombo, Ferry Carondelet e i suoi segretari, 1510-12. Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, © Museo Nacional Thyssen Bornemisza, Madrid

La Alte Pinakothek di Monaco di Baviera dedica una grande mostra alla grande stagione della pittura veneta del secondo Rinascimento costruita su circa 90 opere con importanti prestiti internazionali. A cura di Andreas Schumacher in collaborazione con Annette Kranz e Johanna Pawis, Venezia500, la rivoluzione gentile della pittura veneta è visitabile fino al 4 febbraio 2024

Nel Cinquecento Venezia, nonostante la recente scoperta dell’America l’avesse tagliata fuori dai commerci occidentali, rimaneva una grande potenza marittima, con un esteso impero orientale da cui attingere risorse e mantenere importanti commerci. Da questa sua apertura a Oriente, la Serenissima aveva assorbito una certa magnificenza, riscontrabile nelle architetture e nello stile di vita (almeno dell’aristocrazia), unita a una solarità che faceva della città un grandioso teatro a cielo aperto. Dall’alto della sua potenza marinara, Venezia costituiva uno dei più floridi Stati Italiani e poteva vantare grandi ricchezze che il ceto aristocratico e mercantile reinvestiva anche nell’arte, dando vita a un dinamico mecenatismo che trovava similitudini soltanto a Roma e Firenze

Tiziano, Palma il Vecchio, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Tintoretto, Giorgione, Cima da Conegliano furono alcuni dei protagonisti di quella splendida stagione che accrebbe ulteriormente il fascino di Venezia nel mondo; accanto alla muscolarità di Michelangelo, si sviluppò una pittura che ebbe in Tiziano Vecellio il principale esponente del manierismo veneto che Vasari, nell’edizione delle Vite del 1568, con assai poca benevolenza, accusava di celare «sotto la vaghezza de’ colori lo stento del non saper disegnare»; un giudizio che toccava anche gli altri esponenti della scuola veneta, che avevano sviluppato nel disegno, in alcuni casi anche prima di Tiziano, un rapporto fra linea e colore, diverso dai canoni dell’Accademia fiorentina. Che il giudizio di Vasari fosse fazioso e sbagliato emerge dal fatto che, nei secoli, la “maniera veneziana” fu presa a modello, fra gli altri, anche da Rubens, El Greco, Géricault e i Preraffaelliti.

Giorgione, Ragazzo con freccia, 1505. Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, © KHM-Museumsverband

La mostra della Alte Pinakothek si concentra principalmente sull’evoluzione della ritrattistica e della pittura di paesaggio in Veneto nella prima metà del Cinquecento, sottolineandone le caratteristiche distintive e le innovazioni introdotte nell’arte europea. Ne fu interessata anche la scultura, documentata a Monaco con una serie di importanti pezzi a firma di Simone Bianco, Antonio Rizzo e Andrea Riccio.

A differenza del Rinascimento fiorentino, più strettamente filosofico intriso com’era di Neoplatonismo, o di quello Romano paganeggiante e celebrativo di Papi e Cardinali, quello veneto ha un carattere che si potrebbe definire borghese, non avendo né un potere ecclesiastico da riverire (celebra nella storia l’anticlericalismo della Serenissima), né una dinastia regnante che tracciasse una linea culturale; a Venezia i veri nobili erano i mercanti e gli ammiragli, ed è fra questi uomini che la Repubblica sceglieva i suoi funzionari. Questo ceto medio-alto, antesignano della futura borghesia, divenne il soggetto della nuova scuola pittorica veneta. Non si può ancora parlare di pittura di genere, tuttavia nasce una pittura più vicina alle esigenze pratiche dell’individuo.

Per questo, nel primo ‘500, il ritratto autonomo – in cui l’individuo è l’unico soggetto dell’immagine – si affermò saldamente a Venezia, traendo ispirazione, in particolare, dai modelli olandesi e tedeschi, cui però seguiva una rielaborazione del tutto peculiare; ad esempio, l’approccio innovativo di Giorgione e Tiziano ha dato origine a ritratti in grado di raccontare sia l’aspetto sia la personalità del soggetto, in modo realistico o idealizzante. Numerosi ritratti maschili del periodo dal 1505 al 1530 documentano il passaggio da una resa accurata degli attributi esteriori a un’interpretazione dell’individuo psicologicamente più motivata. Tiziano in particolare ha prodotto immagini che vanno oltre la rappresentazione dello status sociale per visualizzare più acutamente l’individuo. Capolavori dai quali emerge una società elegante, in particolare nella sua parte femminile, con immagini che sostenevano gli ideali di bellezza muliebre stabiliti da Petrarca, pur mostrando individualità e vicinanza alla vita.

L’ideale femminino lo si ritrova anche nella nuova concezione che gli artisti veneti hanno della natura, indagata nei suoi aspetti misteriosi e più femminili, espressioni di una realtà infinita di cui l’umanità è soltanto una minuscola parte. Natura intesa come luogo di origine della vita e suo scrigno prezioso, valorizzata attraverso raffinati particolari quali i giochi di luci e ombre, le atmosfere idilliache o vagamente fiabesche.

Palma il Vecchio, Ritratto di giovane donna in abito blu, 1514. Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, © KHM-Museumsverband

Tiziano e Palma il Vecchio propendono per una rappresentazione dai toni lirici, mentre assai più drammatico e oscuro è il paesaggio di Veronese e Bassano. Questi differenti approcci gettarono le basi per la nascita, nel Seicento, della pittura paesaggistica come genere indipendente. Se, all’apparire di questi sfondi naturali sempre più imponenti la scuola veneta subì l’ingiusta accusa di mera imitazione del paesaggio, a riscattarla provvide Tiziano con la cosiddetta “ultima maniera”, caratterizzata da una rapida pennellata che lascia ampi tratti di “non finito” e suggerisce l’idea di una natura in eterno movimento e costante cambiamento, e pertanto non facilmente conoscibile dall’intelletto umano. Un linguaggio artistico che tradisce le prime inquietudini sulla possibilità che né l’umanità né la Terra siano il centro (anche ideale e morale) dell’universo.

Allestita in sale decorate con eleganti pannellature che vanno dal blu all’azzurro, la mostra ha una profonda caratura intellettuale e si avvale di prestiti da importanti musei europei, comprese le Gallerie degli Uffizi e l’Accademia Carrara. Fra i capolavori esposti, il ritratto di Carlo V eseguito da Tiziano nel 1548. In virtù di questo prestigioso catalogo di opere, la mostra è un’occasione per conoscere l’evoluzione della pittura italiana nel secondo Rinascimento e con essa l’evoluzione della società che rappresentava.

Bernardino Licino, Ritratto di donna, 1520. Munich, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek, © Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Munich

 

VENEZIA 500<
THE GENTLE REVOLUTION OF VENETIAN PAINTING

10/27/23 — 2/4/24
ALTE PINAKOTHEK
Barer Strasse 27
80333 Munich

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