Glitch è il titolo della mostra in cui Building Gallery espone dieci artisti internazionali con 24 opere, presentando la pittura nel suo procedimento più umile e vero, quello materiale e artigianale. Il progetto è curato da Chiara Bertola e Davide Ferri. Visitabile a Milano fino al 27 gennaio 2024.
Building Gallery è dove l’arte trova modo e spazio di esprimersi, è così dalla sua apertura nel 2017 per mano dell’autorevolissimo mercante di tappeti iraniano Moshe Tabibnia. Gli spazi di un ex banca iniziarono così a respirare un’aria più creativa, più libera. E ora la galleria torna con una nuova mostra, Glitch, allo stato puro della materia grazie alle opere di dieci artisti che, nonostante utilizzino materiali apparentemente distanti, dimostrano di comunicare con logica e fantasia.
Chiara Bertola, nuova direttrice della GAM di Torino, e Davide Ferri, docente di Museografia all’Accademia di Belle Arti di Macerata e Bologna, hanno studiato il luogo e reso evidenti grazie all’allestimento le tante assonanze pittoriche tratte dalle opere di Simon Callery, Angela de la Cruz, Peggy Franck, Pinot Gallizio, Mary Heilmann, Ilya & Emilia Kabakov, Andrea Kvas, Maria Morganti, Farid Rahimi, Alejandra Seeber. Dieci voci molto differenti che condividono però il ritorno al fascino, alla pazienza, alla meticolosità del lavoro a mano, a una pittura capace di ritrovarsi nel suo vero essere, quello primordiale.
Al piano terra domina il lavoro di Angela de la Cruz (A Coruña, 1965), inserito in una nicchia, che gioca con la mobilità del colore e del suo supporto, a contrasto con i due lavori geometrici a parete di Mary Heilmann (San Francisco, 1940) e con il più contemplativo Farid Rahimi (Losanna, 1974), questi ultimi due volutamente uno di fronte all’altro. Farid Rahimi è presente anche al piano superiore, con un lavoro in prospettiva che, per come fissato da Building, ricorda vagamente quello del Borromini nella Galleria Spada a Roma.
Sotto il lucernario vetrato della galleria, troviamo l’italiano Andrea Kvas (Trieste, 1986) con l’opera probabilmente più mistica di Glitch, un tornado di colori, forme ed oggetti di uso quotidiano (mestolo, cucchiaino). Simon Callery (Londra, 1960), che troviamo sia al piano terra che al primo piano di Building, gioca con la tela, un po’ come faceva Lucio Fontana, tagliandola, segnandola con il suo tocco, ricercando i suoi vuoti e pieni, soprattutto i vuoti. La sua opera e il suo intento stabiliscono un dialogo con gli sgocciolanti diari/archivi di memoria e di spazi dell’artista Maria Morganti (Milano, 1965). Il rapporto con la cura e con le infinite possibilità del non vuoto espresso in un solo e unico modo: la ciotola.
Ilya (Dnepropetrovsk, 1933-2023) & Emilia Kabakov (Dnepropetrovsk, 1945), marito e moglie, maestri dell’arte concettuale, realizzano un lavoro che vive con l’apporto di una piccola lucina inserita dietro il quadro. Un’opera dipinta su un supporto molto simile ad una scatola di fiammiferi. Tra i protagonisti raffigurati c’è Charles Rosenthal, fittizio nome d’artista di Ilya. Pinot Gallizio (Alba, 1902-1964) e Peggy Franck (Zevenaar, 1978) fanno propri i piani superiori di Building, con le movimentate pennellate di quest’ultima che si azionano direttamente sul muro.