Manuela Carrano vive l’arte come necessità vitale, e da oltre vent’anni incentra la sua ricerca sulle relazione fra uomo e natura, naturale e artificiale, denunciando gli squilibri dell’ecosistema causati dall’uomo nell’epoca dell’Antropocentrismo. Il suo principale mezzo espressivo è il disegno, la matita che affianca alla pittura, acquaforte, scultura, fotografia e al ricamo. Ecco le sue proposte per nuovi mondi e poetiche, in relazione alla figura di Italo Calvino.
Ti si consideri un erede di Italo Calvino, perché?
Penso di potermi considerare una seguace di Calvino che ha lasciato un importante testamento a disposizione di tutti quelli che sentono la necessità di mettere ordine nella complessità del presente. Sono affascinata dalla sua ricerca costante di leggerezza, trasparenza con soluzioni espressive fiabesche, semplici e capaci di raggiungere un pubblico vasto in modo immediato. La sua complessità e necessità di sperimentare sempre forme e generi diversi con la curiosità esplorativa verso il mondo e verso ciò che è sconosciuto mi appartiene. Sarebbe auspicabile, in un momento in cui ci sentiamo condannati alla pesantezza, riuscire “a volare come Perseo in un altro spazio”, ovvero guardare il Mondo con un’altra logica, con la complicità della scienza, per vivere la pesantezza del presente con levità. Il fantastico, sullo sfondo della burrasca del Mondo, l’inferno in cui viviamo rappresenta anche per me il modo per creare mondi diversi da quelli conosciuti, per trovare altri spazi d’incantamento e farli durare. “Credo questo: le fiabe sono vere” diceva Calvino, è una spiegazione generale della vita che si nutre di memorie dell’infanzia e consuetudine con la Natura. Sento anche io l’attitudine verso il meraviglioso, la fascinazione per l’universo poetico della fiaba e nella dimensione del genere fantastico che è fondamentale per la mia ricerca. Condivido la sua capacità di dissolvere la compattezza del mondo per scoprire che c’è una parità essenziale, una sostanza unitaria del tutto fra uomini e bestie, piante e cose. Leggere Calvino, per me, significa aprirsi a un’infinita possibilità di metamorfosi contro qualunque gerarchia che annulli il confine fra reale e irreale. Nel mio lavoro classicità, e sperimentalismo, gioco combinatorio, coesistono nella leggerezza contrapposta all’opacità del mondo. Pongo l’autoironia come condizione primaria dell’intelligenza, e come Calvino sento l’esigenza di rivolgermi ad un pubblico nuovo, aprendomi a sperimentazioni possibili di nuovi scenari in bilico tra reale e immaginario.
Secondo te leggerezza, rapidità, esattezza , visibilità, molteplicità, le 5 categorie della modernità raccolte nel libro “Lezioni americane” (1988),nella nostra epoca connessa sono ancora attuali, come, dove e perché?
Queste categorie sono, secondo me, attuali e necessarie in tutti i campi che coinvolgono l’immaginazione come la narrativa, il cinema ,il teatro, l’arte visiva, la performance e anche la scienza. La” leggerezza” comunicativa è un valore che non esclude l’impegno nei temi, non è inseguimento dei sogni ma mobilità e vivacità dell’intelligenza, che sfugge alla condanna di un peso insostenibile cercando sempre nuove vie da esplorare, la pesantezza del mondo può essere sconfitta dal suo contrario anche accettando l’idea che la vita è un percorso circolare di cui fanno parte sia la pesantezza che la leggerezza. La velocità nella nostra epoca digitale trionfa, lo testimoniano i social media che consumiamo in maniera compulsiva, che però appiattiscono ogni comunicazione in una “crosta uniforme” mentre la funzione della letteratura e dell’informazione dovrebbe essere quella di comunicare fra le varie diversità esaltandone il valore. La “rapidità” stava per Calvino nel pensiero e nello stile, quindi penso all’agilità del tratto che sintetizza rapidamente un pensiero,alla disinvoltura nello scritto come nelle arti, alla capacità di divagazione fra un argomento e un altro per poi tornare al punto di partenza. Mi piace la sua elasticità mentale. Per contrastare la corrente abitudine all’approssimazione, alla superficialità, alla casualità sia nei dialoghi che nell’informazione, ecco “l’esattezza” ovvero la necessità di agire in maniera ben definita e calcolata per evocare immagini incisive, nitide, cercare di rendere le sfumature del pensiero e dell’immaginazione in modo preciso. La deriva bulimica del web produce una visione inconsistente del mondo. L’inclusione della “visibilità” nell’elenco è necessaria per capire che stiamo perdendo una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni ad occhi chiusi, di pensare per immagini, controllare una propria visione interiore senza soffocarla e lasciarla cadere in un confuso fantasticare. Tutte le realtà e fantasie possono prendere forma, attraverso video, cortometraggi, pitture, romanzi per descrivere lo spettacolo variopinto del mondo. Oggi con il termine “visibilità” si intende invece l’ansia di apparire non di esprimere la propria interiorità. La “molteplicità è del nostro tempo. Sarebbe bello concepire opere che escano dal “my self” e dalla sua limitata prospettiva per entrare non solo in altri “io” simili a noi ma anche dar voce a chi non ha parola come per esempio gli animali, le piante, le pietre, il cemento, la plastica e, come suggeriva Ovidio, raccontare la continuità delle forme e la molteplicità della Natura.
Il nuovo chatbot ChatGPT, strumento di intelligenza artificiale generativa, rapidamente adottato dagli studenti per creare composizioni liceali o addirittura saggi accademici, già da tempo utilizzato nell’ambito artistico con Dall- E , strumento di A.I capace di riprodurre immagini a partire da un testo scritto, suscitando non pochi problemi di autorialità, secondo lei , può contenere o superare le 5 categorie indicate da Calvino ? Perché?
Penso che questi strumenti di intelligenza artificiale non possano assolutamente né contenere né tantomeno superare le 5 categorie indicate da Calvino, semplicemente coesistono con il nuova tecnica. Le macchine non pensano, vengono istruite (dagli uomini comunque) e affidare la nostra intelligenza ad una macchina mi sembra l’inizio della fine. Diciamo che sono affetta da “tecno pessimismo” e percepisco i rischi connessi alla crescente e inarrestabile capacità di conquista delle menti da parte di questi “poteri digitali”che, secondo me,incatenano le menti, mettendo gravemente a rischio i diritti fondamentali e l’autorialità perché hanno un grande potere che si sviluppa in assenza di regole. Il mondo che ci aspetta è un mondo in cui ChatGPT avrà sotto di se un popolo di “non pensanti”, marionette, dove le persone intelligenti e istruite, umani pensanti, saranno, in una percentuale minima, gli unici in grado di decidere autonomamente del proprio destino. Non subisco affatto il fascino di queste tecnologie che promettono di semplificare le vite e non mi interessano i risultati estetici strabilianti e più o meno ad effetto.