Print Friendly and PDF

Il mercato rende liberi. Nuova pittura cinese al Mart

Feng Zhijia (Tangshan, Hebei, 1989), Billiard hall, 2023, acrilico su tela, 120 x 160 cm Feng Zhijia (Tangshan, Hebei, 1989), Billiard hall, 2023, acrilico su tela, 120 x 160 cm
Feng Zhijia (Tangshan, Hebei, 1989), Billiard hall, 2023, acrilico su tela, 120 x 160 cm
Feng Zhijia (Tangshan, Hebei, 1989), Billiard hall, 2023, acrilico su tela, 120 x 160 cm

La pittura cinese si presenta senza complessi di inferiorità sulla scena internazionale con la mostra Global Painting. La nuova pittura cinese al Mart di Rovereto

Il noto e influente critico d’arte Lü Peng, una vera e propria autorità nel campo della storia dell’arte moderna e contemporanea cinese (si veda soltanto la sua monumentale Storia dell’arte cinese del XX e XXI secolo edita in Italia per Rizzoli), dichiara nel catalogo della mostra Global Painting. La nuova pittura cinese, appena inaugurata al Mart di Rovereto, che la pittura cinese contemporanea nasce quando, liberandosi delle imposizioni dell’ideologia ufficiale, “molti artisti scelsero di credere che l’arte fosse libera, poiché l’accettazione della logica di mercato avrebbe aperto la strada all’autonomia artistica e l’economia di mercato avrebbe avuto un nuovo impatto sulla produzione dell’arte”.

Affermazione che per quanto riguarda la seconda parte, ovvero l’impatto dell’economia di mercato sull’arte, non ci dice niente di particolarmente nuovo, mentre la prima parte, che cioè la logica di mercato rende libera l’arte, apre possibilità di stimolanti discussioni e inaspettati punti di vista. Più volte su questa stessa rivista si è discusso del rapporto tra arte e mercato, artisti e sistema dell’arte, dando vita a dibattiti interessanti ma che in fondo non possono essere risolti all’interno dei parametri storico artistici occidentali. Perché ne siamo così immersi da poterli senza dubbio, e a ragione, criticare ma non uscirne né osservarli da punti di osservazioni esterni ad essi.

 

Meng Site (Shaoyang, Hunan, 1988), Galaxy Dust, 2017, olio su tela, 115 x 150 cm
Meng Site (Shaoyang, Hunan, 1988), Galaxy Dust, 2017, olio su tela, 115 x 150 cm

L’affermazione di Lü Peng è a tal proposito risolutiva: il mercato rende liberi (dall’ideologia). Alle nostre latitudini vale infatti esattamente il contrario (è cioè l’ideologia che dovrebbe liberare dal mercato, a meno che non si tratti dell’ideologia neoliberista del mercato), mentre a ribadire l’autonomia del mercato da qualsiasi tipo di controllo esterno (valore estetico e culturale in primis) ci pensa il sistema stesso dell’arte, di cui non è vero che siamo tutti complici, semmai partecipi a vari livelli (da chi è complice a chi lo subisce), perché comunque inseriti nei – e dipendenti dai – processi stessi del mercato occidentale.

Ad altre latitudini, quali quelle cinesi, il mercato avrebbe offerto invece un’importante forma di indipendenza, permettendo a nuove generazioni di artisti (in particolare ai nati negli anni ‘80 e ‘90, quali i pittori esposti nella mostra Global Painting) di attraversare miti contemporanei, storia dell’arte antica, icone della globalizzazione e del consumo, simboli ideologici, senza nessun tipo di sudditanza, in modo non irrispettoso ma deradicalizzato, tanto che ogni immagine diventa parte di un universo privato, personale ed estremamente individuale. Comune denominatore la figurazione, dalla bad painting a interessanti rifacimenti di dipinti di Van Gogh in Feng Zhijia, da ispirazioni postmoderne o della Scuola di Lipsia in Qiao Xiangwei fino a composizioni quasi grafiche e astratte in Fu Meijun, magico surreali in Meng Site, per arrivare a citazioni museali in Wu Qian e Zhang Zhaoying, solo per citare alcuni dei 23 artisti in esposizione per circa 120 opere.

 

Wu Qian (Xiamen, Fujian, 1991), Tribute to Rembrandt, 2023 tecnica mista su tela, 180 x 130 cm
Wu Qian (Xiamen, Fujian, 1991), Tribute to Rembrandt, 2023 tecnica mista su tela, 180 x 130 cm

Un primo dato significativo: nella nuova pittura contemporanea cinese manca del tutto chi utilizza un linguaggio radicalmente astratto o comunque non figurativo, perché è il linguaggio astratto, dal punto di vista della critica cinese, ad essere più facilmente compromesso con l’arte commerciale, quasi un paradosso se pensiamo al significato che ha avuto in occidente questa tendenza (da quella storica all’action painting all’informale all’Astrazione povera), come espressione di rottura massima dalle logiche del mercato e dai dettami ideologici.

Proprio mentre alla Triennale di Milano si celebra con una mostra la pittura italiana d’oggi dei nati dopo il 1960, accolta in modo non unanime dalla critica e, sembrerebbe, non del tutto elogiativo, la pittura cinese si presenta senza complessi di inferiorità sulla scena internazionale, avendo dovuto inventare il proprio DNA saltando molti passaggi in pochi decenni, senza sentire l’esigenza di dipingere con altri mezzi né di dover giustificare i motivi del dipingere nell’epoca della globalizzazione, nè senza peraltro ibridazioni con interventi digitali (pensiamo a Julie Mehretu, Avery Singer), virtuali (Refik Anadol), installativi (Katharina Grosse), oggettuali (Anselm Kiefer), a collage (Paulina Olowska) o fotografici (Vik Muniz).

 

Zhang Zhaoying (Guangzhou, 1988), Life Props - Heading to a Splendid Color Field Painting Exhibition, 2021-2022, olio su tela, 220 x 200 cm
Zhang Zhaoying (Guangzhou, 1988), Life Props – Heading to a Splendid Color Field Painting Exhibition, 2021-2022, olio su tela, 220 x 200 cm

Non reazionaria né concettuale, la giovane pittura cinese offre dunque un’opportunità di confronto per comprendere meglio a che punto siamo della nostra stessa storia e domandarci se, in fondo, la contemporaneità della pittura possa stare non solo nel continuare a praticarla, ma nel praticarla anche con mezzi difformi, pur nel rispetto del sacro recinto del quadro, presupposto oggettuale che i pittori cinesi sembrano ritenere, pur nelle loro estreme diversità di stile, indiscutibile.

Commenta con Facebook