Uno sguardo avvincente sulla carriera di Giovanni Morbin, alla Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia, con la curatela di Daniele Capra, omaggiando un body artist di risonanza internazionale, noto per la sua dialettica e il suo spessore artistico
Morbin, originario di Valdagno, ha affrontato la sua formazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia con un approccio anticonformista che lo ha distinto fin da subito. Sebbene abbia frequentato il laboratorio di Emilio Vedova, rinomato maestro veneziano, Morbin si è ribellato alle convenzioni, emergendo come l’unico studente a resistere al pennello del grande pittore, cosa non semplice andare contro i grandi, ma questo spirito ribelle ha plasmato il suo percorso, guidandolo verso l’esplorazione della performance e della scultura.
“Campo di Ricerca” offre uno sguardo profondo sulla vastità della ricerca artistica di Morbin, che va oltre le tradizionali definizioni di contenitore e contenuto. Morbin utilizza il suo corpo come medium, estendendone la fisicità attraverso l’uso del sangue come pigmento, come testimonia la potente serie Ritratti. Questa propensione all’espansione si manifesta anche nella scelta di presentare alcune opere al di fuori dello spazio espositivo convenzionale, come sulla facciata dell’edificio (.ostra) o sui banchi del fruttivendolo in Campo San Barnaba (Body – ibridazione 2).
Tra le opere in mostra, i Bianchi emergono come un capovolgimento dell’attività pittorica tradizionale. Morbin strappa l’intonaco nello spazio espositivo, seguendo le modalità tipiche del restauro, trasformando il gesto distruttivo in un’opera creativa. La mostra svela anche il modo in cui l’artista esplora le trasformazioni del tessuto dell’ordinario, evidenziato in Materia cedevole al tatto, che documenta la modificazione plastica del corpo dell’artista in seguito a un incidente.
La ricerca di Morbin si estende oltre i confini convenzionali dello spazio espositivo, includendo opere inedite come Manomissore, un volume in cemento osseo che rappresenta lo spazio vuoto tra le mani dell’artista, testimoniando l’interesse verso la postura e le abitudini comportamentali, mentre la serie dei Ritratti reinventa l’idea di somiglianza, basandosi sull’uso del sangue anziché sui tratti fisiognomici del soggetto.
La mostra sottolinea il momento particolare nella vita di Morbin, che ha raggiunto l’età pensionabile nel novembre 2023, ma nonostante questo, l’artista è coinvolto in una intensa attività espositiva, testimoniata da progetti come “Ozionismo” alla Galerie Michaela Stock di Vienna e “Ibridazioni” alla Galerija Vžigalica di Lubiana. La sala dedicata alle Ozioni offre uno sguardo sulla riflessione di Morbin sul concetto di azione, presentando un ribaltamento creativo che suggerisce l’otium degli antichi romani come alternativa all’incessante agire della società contemporanea.
“Campo di Ricerca” è reso possibile grazie al generoso supporto di Tecres S.p.A., Unocad S.r.l. e dei collezionisti Roberto Pellizzari e Renato Tengattini. L’esposizione offre un’opportunità unica per immergersi nell’universo provocatorio e innovativo di un artista che continua a sfidare le convenzioni e ad esplorare nuovi territori nell’arte contemporanea.
Non perdete l’occasione di immergervi in queste opere straordinarie e di esplorare i molteplici campi di ricerca che caratterizzano la sua storia artistica. Fino al 11 febbraio 2024 presso il Palazzetto Tito a Venezia.