Alice Zanin, classe 1987, artista piacentina autodidatta, è una “animalier littéraire” colta e raffinata, unica nella capacità di scolpire con la cartapesta (dal 2012) un bestiario fluttuante immaginario che avrebbe incantato Jorge Luis Borges. Le sue creature, dragoni marini, lumache di mare, uccelli del paradiso, hippocampus e altro ancora, sembrano uscite fuori da libri di racconti del XIX – XX secolo. Queste creature effimere in bilico tra reale e simbolico, sfiorano possibili verità poiché richiamano la nostra attenzione su processi di cambiamenti genetici in atto causati dall’uomo, con profondissima leggerezza ed eleganza.
TI consideri una erede di Italo Calvino, perché?
Sono un’erede senza concretezze di molti, ma in effetti a Calvino mi sento più vicina che ad altri, per l’attitudine fiabesca ed ironica nel trattare temi siano essi “esistenzialisti” che legati alle più variegate realtà del mondo. Ricordo della primissima lettura di Calvino il forte senso di incredulità che ne ebbi, derivante sicuramente dall’irrealtà dei suoi personaggi, presentati in un contesto di assoluta verosimiglianza. La sua incredibile capacità di far accettare tacitamente che le cose, semplicemente, stessero così: un uomo vivo diviso a metà? Ah, sì. Un altro che vive sugli alberi? Certamente. Un’ armatura del tutto vuota, attraversata dagli spifferi ma pur pensante ed animata dalla volontà di un individuo? Perché no. E del resto per esempio quest’armatura vuota deve essersi sedimentata così tanto nella mia memoria, nel mio inconscio, che a distanza di anni ho cominciato a crearne anch’io. A volerci ben pensare infatti, tutti i miei animali sono proprio armature di ferro e carta, che avvolgono una porzione di niente, che fino a prima della loro realizzazione era invisibile, e tale resta all’interno dell’involucro, ma insieme alla mia volontà di farli esistere. E come Calvino credeva che di un autore contino solo le opere (Quando contano, naturalmente.), si potrebbe anche aggiungere che le parole fatali del cavaliere inesistente “il mio nome è al termine del mio viaggio” non le ho mai scordate e io, si sa, di solito scordo tutto.
Secondo te leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, le 5 categorie della modernità raccolte nel libro Lezioni americane (1988), nella nostra epoca connessa sono ancora attuali, come, dove e perché?
Calvino, preconizzatore, ha auspicato cinque categorie che oggi dovrebbero essere non solo un’attualità, ma anche un monito. L’epoca connessa e globalizzata da una parte facilita e velocizza enormemente lo scambio di informazioni, ma Calvino insegna che rapidità non necessariamente è velocità, semmai lentezza nella rielaborazione che porta poi a un’attitudine che anziché dilungarsi sceglie con cura le sue parole, ed è quindi essenziale nella sua economia espressiva. Gli aspetti potenzialmente negativi della rete sono naturalmente la superficialità con cui ci informiamo, l’omologazione, l’appiattimento dell’immaginazione che la modernità può portare con sé, col suo assordante e continuo martellare di notizie di cronaca sempre più macabre, di immagini stereotipate, di jingle pubblicitari, di social che fagocitano il tempo della noia individuale. Ancore salvifiche l’esattezza, intesa come nitidezza, incisività di un’immagine, di una frase, che punti a divenire memorabile e la visibilità, cioè in qualche modo la capacità di trasmettere ad altri, che sia attraverso la letteratura o le arti in generale, quell’immagine che ci appare, sostanza della nostra fantasia, immaginazione, ispirazione. Nell’epoca del molteplice, impossibile non confrontarsi con il concetto di molteplicità, che però non è mai mera coesistenza di realtà disgiunte, ma il saper tessere insieme diversi codici per tradurre una visione plurima, la convergenza delle infinite possibilità o potenzialità, la traduzione di punti di vista altri, senza che siano soffocati dal nostro. Ho lasciato per ultima la leggerezza, salvavita universale dalla pesantezza di tutte le sovrastrutture, le aspettative e le tristezze della vita, che Calvino nelle Lezioni Americane ci evoca proprio per immagini: Pegaso che nasce dal sangue di Medusa, rovesciando la pesantezza della pietra nel suo contrario.
Il nuovo chatbot ChatGPT, strumento di intelligenza artificiale generativa, rapidamente adottato dagli studenti per creare composizioni liceali o addirittura saggi accademici, già da tempo utilizzato nell’ambito artistico con Dall- E 2, strumento di A.I capace di riprodurre immagini a partire da un testo scritto, suscitando non pochi problemi di autorialità, secondo te, può contenere o superare le 5 categorie indicate da Calvino? Perché?
Una macchina potrebbe forse equipararsi ad un cervello umano senza sbavature, e in questo, probabilmente arrivare a soddisfare razionalmente qualcuna delle categorie elencate in precedenza. Ma cosa ne sa un’intelligenza artificiale della pesantezza? Dubito fortemente che non potendone fare esperienza sia in grado di ribaltare un concetto nel suo opposto e di distinguere ulteriormente fra una “leggerezza della frivolezza” e una “leggerezza pensosa”…. I miei dubbi si estendono poi anche alla molteplicità. Al tentativo di resa non mancherebbe il rumore di fondo? La rielaborazione di quello strano miscuglio che è l’errore, l’angoscia dell’animo umano, gli splendori e i fallimenti della sua vicenda, l’amore che ne muove il mondo. La confusione generatrice è primigenia, ha una componente istintuale che l’intelletto non può (e magari neanche vuole) sopprimere del tutto, e che l’artificio non può saper fingere. Perciò l’A. I. coi suoi strumenti è diventata un altro possibile mezzo artistico, e non dubito che nel tempo sarà sempre più utilizzata, ma personalmente, non credo potrà arrivare a superare le categorie calviniane, per quanto ben educata.