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Progetto (s)cultura XXVI: Marcello Silvestre, tra il digitale e il fisico

Marcello Silvestre
L’uso di strumenti digitali avanzati ha consento a Marcello Silvestre di esplorare nuove forme e strutture. Ne abbiamo parlato in questa ventiseiesima puntata di progetto (s)cultura

Come architetto e designer hai ottenuto risultati eccellenti. Cosa ti ha indotto a dedicarti alla scultura?
La mia passione per la scultura affonda le radici nella mia infanzia. Ricordo ancora l’emozione profonda che provai da bambino davanti alla Pietà di Michelangelo; fu un momento di rivelazione che ha acceso in me un interesse duraturo per questa forma d’arte. Sebbene avessi il desiderio di frequentare l’Accademia di Belle Arti, scelsi di seguire il percorso di Architettura, anche a causa delle aspettative familiari. Tuttavia, durante la mia carriera come architetto e designer, ho sempre cercato di incorporare nella mia professione gli elementi che maggiormente amavo della scultura. Sono affascinato dall’aspetto creativo, dalla plasticità e dalla dimensione scultorea che gli edifici possono assumere. L’architettura, per me, è un modo per esplorare la quarta dimensione – quella del tempo – e sperimentare come essa modella e definisce lo spazio tridimensionale, un principio che condivido profondamente con l’arte scultorea. Questa connessione intrinseca tra scultura e architettura ha guidato il mio approccio creativo, portandomi infine a dedicarmi anche alla scultura, un campo che sento complementare e intensamente legato al mio lavoro di architetto.

Come è avvenuta la tua formazione?
La mia formazione è stata un percorso unico e ricco di sfaccettature. Inizialmente, ho seguito il tradizionale cammino accademico frequentando la facoltà di Architettura. Tuttavia, parallelamente agli studi universitari, ho sempre mantenuto vivo il mio interesse per le arti, dedicandomi autonomamente al disegno e alle arti plastiche. Questo approccio mi ha permesso di sviluppare una sensibilità artistica che ha arricchito il mio lavoro di architetto. Durante il periodo universitario, mi sono specializzato nell’utilizzo di software 3D, diventando esperto in visualizzazione architettonica e modellazione. Queste competenze mi hanno aperto la strada verso una fusione tra il digitale e il fisico, un elemento distintivo del mio lavoro. L’abilità nell’utilizzare strumenti digitali avanzati per la progettazione mi ha permesso di esplorare nuove forme e strutture, sia nella creazione architettonica che nella scultura. Grazie a questa integrazione tra tecnologia e arte, sono riuscito a sviluppare un approccio unico che coniuga l’innovazione digitale con la sensibilità artistica, permettendomi di esprimere al meglio la mia visione sia nell’architettura sia nel campo della scultura.

Marcello Silvestre, Le città invisibili, trittico

La tua scultura è una riflessione sul corpo e sulla sua natura. Un corpo sovente privo di volto che, come in un’istallazione che ho di recente visto ad ArtVerona, si esprime solo a gesti.
La mia scultura è profondamente radicata nelle mie esperie+nze personali e nella mia visione del mondo. Attraverso le forme antropomorfe, cerco di esprimere ed esplorare temi legati alle problematiche interiori e sentimentali che hanno segnato la mia vita. L’uso di figure astratte e prive di volto non è un caso: questa scelta stilistica è intenzionale e ha uno scopo preciso. Rimuovendo il volto, elemento così carico di espressività e identità personale, le mie sculture diventano un mezzo attraverso cui gli osservatori possono proiettare le proprie esperienze ed emozioni. In un certo senso, queste figure senza volto fungono da specchi, riflettendo i sentimenti e le esperienze del pubblico. La recente installazione ad ArtVerona è un esempio perfetto di questo approccio: le figure si esprimono unicamente attraverso il gesto, invitando chi guarda a interpretare e a sentirsi parte della narrazione, a identificarsi nelle storie che quelle forme silenziose cercano di raccontare. In questo modo, la scultura diventa un dialogo, un interscambio tra l’opera e l’osservatore, un ponte tra le mie esperienze e quelle di chi si trova di fronte alle mie creazioni.

Sempre da quella installazione, mi sono fatto l’idea che i tuoi corpi, composti da tanti piccoli triangoli, sarebbero perfetti per il Modulor di Le Courbusier.
La figura del Modulor di Le Corbusier, senza dubbio, rappresenta un riferimento inconscio ma radicato per ogni architetto, e la sua influenza si può riscontrare anche nel mio lavoro, seppur in maniera indiretta. Nelle mie sculture, tuttavia, prendo la libertà di alterare le proporzioni umane standardizzate, enfatizzando particolarmente le gambe che sono volutamente allungate. Questa scelta non è soltanto estetica, ma anche simbolica: le gambe allungate rappresentano un’esplorazione del tempo, sia nel suo aspetto effimero che in quello eterno. La patina di ruggine che ricopre le mie sculture è un altro elemento che gioca con la nozione del tempo. Essa non solo aggiunge una dimensione visiva unica, ma simboleggia anche il processo di invecchiamento, di trasformazione, e di decadenza. Immagino queste figure esposte alla pioggia battente, in cui il tempo e gli elementi naturali contribuiscono a modificarne l’aspetto, facendole arrugginire e ‘sciogliersi’. Questo processo crea un legame diretto tra le sculture e l’ambiente circostante, e suggerisce un dialogo tra il tempo effimero dell’esperienza umana e quello infinito della natura e della storia.

In altre opere recenti, come nella serie dedicata al “non finito” di Michelangelo, l’attenzione è rivolta all’interno, a ciò che la geometria nasconde.
La serie dedicata al “non finito” di Michelangelo rappresenta per me un esperimento affascinante nel quale esploro la tensione tra il definito e l’indeterminato, tra il figurativo e l’astratto. In queste opere, inizio con una figura definita e figurativa che successivamente scarnifico, svelando l’interno composto da una complessa rete di triangoli e geometrie. Il mio intento è di evocare il concetto del “non finito” di Michelangelo, dove l’opera, già esistente nei blocchi di marmo, viene “tirata fuori” gradualmente. Questa tecnica non solo evidenzia il processo creativo ma dà anche vita a una narrazione in divenire, un’opera che si svela e si trasforma sotto gli occhi dell’osservatore. L’incompiutezza di queste sculture è intenzionale e affascinante, poiché permette all’osservatore di partecipare attivamente all’interpretazione e al completamento dell’opera. Questo processo riflette le mie due anime: una che si orienta verso il classico, ispirata dai grandi scultori del passato e la loro ricerca dell’armonia e della simmetria; l’altra che si avvicina al digitale, all’astratto e all’asimmetrico. Questa dualità si manifesta nelle sculture stesse, in cui l’armonia classica si fonde con la dissonanza digitale, creando un dialogo visivo e concettuale che sfida e invita a una riflessione più profonda sul ruolo e il significato dell’arte.

Marcello Silvestre, 100000 ampere

Parliamo del processo. Come vengono alla luce i tuoi lavori, dall’idea alla creazione?
Il processo di creazione delle mie opere inizia sempre con una storia, un frammento della mia vita o un’emozione che voglio esprimere e condividere. Questo racconto personale è il nucleo da cui tutto prende forma. A partire da qui, sviluppo delle visioni mentali dell’opera, che spesso sono già ben definite nella mia mente. A volte, queste visioni vengono catturate in uno schizzo preliminare, altre volte inizio direttamente a modellare utilizzando software di scultura digitale. Questo approccio digitale mi permette di realizzare l’opera in un ambiente virtuale, dove posso sperimentare liberamente con forme, luci e materiali. Creo dei render fotorealistici per verificare come l’opera interagisce con la luce e per valutare l’effetto dei materiali scelti. Questo passaggio è fondamentale per affinare la mia visione e per assicurarmi che l’opera finale comunichi esattamente ciò che desidero. Una volta soddisfatto del risultato digitale, procedo con la stampa 3D dell’opera. Questa fase inizia a tradurre il lavoro virtuale in una forma fisica. Successivamente, intervengo personalmente sulla scultura finita, applicando finiture sperimentali e personalizzate, o invio il master alla fonderia con cui collaboro per realizzare una fusione in bronzo a cera persa. Questo processo di fusione aggiunge un ulteriore strato di artigianalità e unicità all’opera. In sintesi, il mio processo creativo è un viaggio che va dall’intimo e personale – il racconto e l’emozione – fino all’oggettivo e tangibile, passando attraverso la tecnologia e la tradizione artigianale. Ogni opera è un’incarnazione di questo percorso, un dialogo tra il digitale e il fisico, tra l’interno e l’esterno.

Quale importanza attribuisci alle patine e ai materiali in cui i tuoi pezzi sono realizzati?
Le patine e i materiali scelti per le mie sculture giocano un ruolo fondamentale, poiché non sono solo componenti estetiche, ma elementi narrativi che aggiungono significato e profondità all’opera. Come ho accennato prima, l’uso delle patine, in particolare la patina di ruggine, è un modo per introdurre e manipolare la dimensione del tempo nelle mie sculture. La ruggine, per esempio, simboleggia il processo di invecchiamento e di trasformazione, rappresentando visivamente il passare del tempo e la sua influenza sugli oggetti e sugli esseri. Questo aspetto della temporalità è fondamentale nelle mie opere, poiché desidero che riflettano non solo un istante, ma una storia, un percorso che si estende nel tempo. La patina diventa così una testimonianza visiva di questo percorso, suggerendo storie e trasformazioni che l’opera potrebbe aver vissuto o che potrebbe vivere in futuro. In questo modo, ogni scultura diventa un un oggetto che porta in sé le tracce del passato, del presente e un accenno al futuro. Inoltre, la scelta dei materiali è cruciale per il modo in cui l’opera interagisce con il suo ambiente e con l’osservatore. Materiali come il bronzo, per esempio, non solo offrono una durata e una resistenza nel tempo, ma aggiungono anche un peso e una presenza fisica che influenzano la percezione dell’opera. La scelta di utilizzare materiali tradizionali come il bronzo in combinazione con tecniche e finiture moderne è un altro modo in cui cerco di unire il passato e il presente, creando opere che sono contemporaneamente atemporali e profondamente radicate nel loro tempo. In sintesi, le patine e i materiali non sono solo finiture superficiali, ma strumenti essenziali nel racconto delle mie sculture, elementi che aiutano a costruire e a rivelare le molteplici dimensioni del tempo e della storia che ogni pezzo racchiude.

Chi sono i tuoi maestri, gli scultori cui guardi? Certe cose fanno pensare a Boccioni, o alla scultura cubista…
Il mio percorso artistico è stato fortemente influenzato da una varietà di maestri, sia classici che contemporanei. Da Michelangelo e Borromini, ho appreso l’importanza della forma, della proporzione e del dettaglio, elementi che hanno definito in maniera fondamentale l’arte scultorea e architettonica per secoli. Le loro opere rappresentano per me un punto di riferimento costante per la loro maestria nella cattura del movimento e nell’espressione delle emozioni attraverso la pietra. Rodin, con la sua capacità di infondere vita e dramma nelle sue figure, è un’altra fonte di ispirazione significativa. La sua abilità nel trasmettere tensione e pathos attraverso la scultura è qualcosa che cerco di emulare e reinterpretare nelle mie opere. Nel panorama contemporaneo, artisti come Antony Gormley e Igor Mitoraj hanno influenzato il mio approccio artistico. Gormley, con le sue esplorazioni dell’essere umano e del suo rapporto con lo spazio, ha contribuito a plasmare la mia visione della figura umana come entità dinamica e in costante interazione con l’ambiente circostante. Mitoraj, d’altra parte, con la sua rivisitazione della classicità attraverso un linguaggio moderno, mi ha ispirato nel trovare un equilibrio tra il tradizionale e il contemporaneo. Sebbene possano essere percepiti echi di movimenti come il Futurismo di Boccioni o la scultura cubista nelle mie opere, la mia visione artistica è principalmente radicata e alimentata dall’interazione con questi grandi maestri. Il loro insegnamento, sia diretto che indiretto, permea il mio lavoro, guidandomi nella continua esplorazione ed espressione delle mie idee attraverso la scultura.

Marcello Silvestre, Non Finito

La tua opera più rappresentativa?
Tra le mie opere, il ciclo La Ruggine dei Sentimenti si distingue come il più rappresentativo e ha ricevuto un grande apprezzamento da parte dei collezionisti. Questa serie di sculture ha un significato particolare per me, poiché racconta un periodo molto delicato della mia vita. Attraverso queste opere, ho scoperto come trasformare le cicatrici emotive in qualcosa di bello e tangibile. È stato un processo di terapia personale, un viaggio di trasformazione e miglioramento, dove ho potuto esprimere e concretizzare le mie esperienze e sentimenti più profondi. Altrettanto significativo è il ciclo ispirato a Le città invisibili, che ha ottenuto un riconoscimento importante con la targa d’oro alla scultura al premio Arte Mondadori. Queste opere riflettono non solo la mia sensibilità artistica, ma anche il mio profondo legame con l’architettura. Da architetto-scultore, ho sempre cercato di fondere queste due discipline, esplorando come le forme architettoniche possono ispirare e influenzare le sculture. In Le città invisibili, ho intrecciato la mia passione per l’architettura con la scultura, creando opere che rappresentano un dialogo tra spazio fisico e immaginario, tra realtà costruita e percezione. Il premio Arte Mondadori ha rappresentato non solo un’importante affermazione artistica, ma anche un riconoscimento del mio continuo impegno nel collegare l’arte della scultura con la pratica e il pensiero architettonico. Entrambi questi cicli rappresentano momenti chiave del mio percorso artistico e riflettono diversi aspetti della mia visione e del mio linguaggio scultoreo. La Ruggine dei Sentimenti incarna la mia capacità di trasformare le esperienze personali in arte, mentre Le città invisibili testimonia la mia ricerca di un dialogo tra letteratura, scultura e architettura, tra l’immaginario e il tangibile.

E quella che avresti voglia di rifare?
Riflettendo sulle opere che ho creato, mi trovo spesso a pensare a una delle mie prime sculture, dove stavo esplorando l’idea di una forma unica composta da molteplici figure interconnesse. In particolare, una creazione che mi ha sempre affascinato è un intricato groviglio di corpi che insieme formavano un ‘Albero della Vita’. Quest’opera, realizzata in stampa 3D, aveva una finitura che emulava le spaccature del legno, benché fosse completamente bianca. Se avessi l’opportunità di rifare questa scultura, vorrei realizzarla in dimensioni maggiori e in bronzo. L’idea di trasformare quella struttura complessa e delicata in un materiale così nobile e resistente mi affascina profondamente. Credo che il bronzo, con la sua durata e la sua capacità di catturare i dettagli, possa esaltare ulteriormente il concetto dietro l’opera. La scultura originale esprimeva il modo in cui la molteplicità delle figure individuali poteva fondersi in un unico, grande organismo, e viceversa, come questo organismo potesse essere visto come la somma delle sue parti individuali. Questa interconnessione mi ricordava il concetto di solidarietà, l’idea che insieme, come comunità o collettività, possiamo formare qualcosa di più grande e significativo rispetto alla somma delle nostre singole esistenze. Rifare questa scultura su una scala più grande e in un materiale così prestigioso come il bronzo sarebbe un modo per rinnovare e amplificare questo messaggio, dando nuova vita a un’idea che continua a ispirarmi.

Che cosa pensi della scultura italiana di oggi, è viva o morta?
La scultura italiana contemporanea, a mio avviso, è tutt’altro che morta. È vero che potrebbe non ricevere sempre la stessa attenzione mediatica o il sostegno del grande pubblico come altre forme d’arte, ma ciò non toglie che in Italia si stia ancora lavorando intensamente e con grande talento nel campo della scultura. Abbiamo artisti come Jago e Fabio Viale, che hanno guadagnato riconoscimenti e ammirazione a livello internazionale, dimostrando che la scultura italiana è viva e vibrante. Questi artisti rappresentano la capacità della scultura italiana di rinnovarsi e di dialogare con i tempi contemporanei, sfidando le convenzioni e esplorando nuovi linguaggi e materiali. La loro opera testimonia che la scultura, in Italia, non è solo una gloriosa eredità del passato, ma una forma d’arte attiva, in evoluzione e piena di potenziale. Inoltre, la scultura italiana continua a godere di una profonda radicazione nella sua ricca storia artistica, pur essendo proiettata verso il futuro. Questo legame tra tradizione e innovazione è uno dei tratti distintivi della scultura italiana, che permette ai nostri artisti di creare opere che sono sia rispettose del nostro patrimonio culturale sia audacemente contemporanee. Dunque, anche se la scultura potrebbe non essere sempre al centro della scena culturale come altre forme d’arte, rimane un settore dinamico e fondamentale del panorama artistico italiano, capace di produrre talenti di calibro internazionale e di continuare a raccontare storie rilevanti attraverso la forma e la materia.

Molti scultori lamentano la scarsa attenzione dedicata dalle accademie alla pratica: i dirigenti – dicono – all’organizzazione di un laboratorio preferiscono l’acquisto di una stampante 3D. Sei d’accordo? 
[ride] La preoccupazione espressa da molti scultori sulla scarsa attenzione dedicata dalle accademie alla pratica tradizionale è un punto di vista che comprendo e rispetto. Tuttavia, personalmente ritengo che l’approccio ideale in un’accademia dovrebbe essere quello di un equilibrio tra tradizione e innovazione. È fondamentale che gli studenti abbiano accesso a un laboratorio tradizionale, dove possano imparare e perfezionare le tecniche classiche della scultura. Questa formazione classica è essenziale perché offre una solida base su cui gli artisti possono costruire la propria espressione creativa. Imparare a lavorare con materiali come il marmo, il bronzo, o l’argilla fornisce una comprensione profonda dei fondamenti dell’arte scultorea. D’altra parte, l’integrazione di tecnologie innovative come la stampa 3D e gli scanner 3D è altrettanto importante. Questi strumenti aprono nuove possibilità espressive e permettono agli artisti di esplorare forme e tecniche che altrimenti sarebbero fuori portata. L’arte è in continua evoluzione, e le accademie devono preparare gli studenti a questo panorama in mutamento, fornendo loro le competenze per utilizzare sia gli strumenti tradizionali sia quelli moderni. Quindi, sì, sono d’accordo che non bisogna precludersi nuove forme espressive, ma allo stesso tempo è cruciale non tralasciare la formazione classica. Gli artisti dovrebbero avere la libertà di allontanarsi dalle convenzioni, ma solo dopo aver acquisito una comprensione approfondita delle tecniche tradizionali. Questa combinazione di tradizione e innovazione è, secondo me, la chiave per una formazione completa e versatile nell’arte scultorea.

Marcello Silvestre, Le città invisibili Valdrada

Se dovessi scrivere, come Rilke, una lettera a un giovane scultore, su cosa insisteresti?
Caro giovane scultore,
In questo momento del tuo viaggio artistico, vorrei condividere con te alcune riflessioni che ho maturato lungo il mio percorso. La prima tra queste è l’importanza di raccontare una storia attraverso la tua arte. Ogni scultura dovrebbe essere un veicolo di emozioni e narrazioni, non solo un esercizio di tecnica. Cerca di infondere in ogni opera un pezzo della tua anima, delle tue esperienze, dei tuoi sogni. Lascia che le tue creazioni parlino al cuore e alla mente di chi le osserva. Nel perseguire la tua arte, ti incoraggio a seguire una strada personale e autentica. Non lasciarti troppo influenzare dalle leggi di mercato o dalle mode del momento. La sincerità narrativa e la fedeltà alla tua visione artistica sono fondamentali. È attraverso la coerenza e l’onestà del tuo linguaggio che potrai creare opere che lasciano un’impronta duratura. Ricorda anche di essere contemporaneo nella tua espressione, ma sempre rispettoso e studioso del passato. La conoscenza e l’apprezzamento delle radici storiche e culturali della scultura arricchiranno profondamente il tuo lavoro. L’arte è un dialogo continuo tra passato, presente e futuro, e tu sei parte di questa conversazione. Infine, ti esorto a trovare un tuo linguaggio unico e a esprimere qualcosa di veramente profondo e personale. La tua arte dovrebbe emergere da una ricerca interiore sincera e da un desiderio autentico di comunicare. Quello che ha veramente valore è l’arte che nasce dal cuore e che parla alle persone in modo diretto e genuino. Con questi pensieri, ti auguro un percorso artistico ricco di scoperte, soddisfazioni e connessioni profonde.
Con affetto e rispetto,
Marcello

A cosa ti stai dedicando, a cosa ti dedicherai?
In questo periodo, ho deciso di prendermi una pausa per ricaricare le mie energie creative, che hanno subito una notevole pressione nel corso dell’ultimo anno. Ritengo che ogni artista abbia bisogno di momenti di riflessione e di rinnovamento per mantenere la freschezza e la vitalità del proprio lavoro. Una volta ricaricate le batterie, ho in programma di tornare alla creazione con rinnovato vigore ed entusiasmo. Mi sento pronto a raccontare ancora molto attraverso la mia arte e, soprattutto, ho l’intenzione di concentrarmi sulla realizzazione di opere in bronzo. Il bronzo è un materiale che offre possibilità espressive uniche e desidero esplorare ulteriormente le sue potenzialità. Inoltre, ho in mente di introdurre nuovi elementi all’interno delle geometrie delle mie sculture. Questo processo di innovazione e sperimentazione è essenziale per il continuo sviluppo del mio linguaggio artistico. Voglio che le mie opere crescano in termini di potenza comunicativa e di profondità espressiva, sfidando continuamente me stesso e il mio pubblico. Questo è un momento di rinnovamento e di aspettativa, in cui mi preparo a intraprendere una nuova fase del mio percorso artistico. Sono ansioso di vedere dove mi porterà questa nuova energia creativa e quali nuove storie sarò in grado di raccontare attraverso la mia arte.

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