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Il misterioso banco di lavoro di Sophie Franza: una riflessione sulla rappresentazione

Sophie Franza, Marina Bastianello Gallery
Sophie Franza, originaria di Grenoble, oggi divide il suo tempo tra la Francia e Venezia. Dopo gli studi di grafica a Parigi, nel 1996 si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma, stabilendo poi la sua residenza artistica nella città lagunare nel 1997. La sua ricerca artistica è intrisa di esplorazioni tra la pittura e la fotografia, giocando con la storia dell’arte classica e le forme contemporanee.

Il cuore pulsante di “L’Établi” mostra di pittura presso la Marina Bastianello Gallery risiede nel processo unico di Franza, che trasforma ogni oggetto rappresentato in un’opera d’arte in sé.
Ogni elemento, estratto dal suo ambiente originario, viene fotografato in bianco e nero in un contesto neutro durante l’arco di una giornata. La luce naturale e artificiale si alternano, creando un balletto di ombre e riflessi che Franza cattura con maestria.
Ma la magia vera avviene nella successiva trasformazione delle fotografie in tele dipinte: ogni immagine viene fotocopiata più volte, aumentando gradualmente la scala, questa fotocopia finale diventa il modello per la trasposizione pittorica dell’immagine sulla tela. Il risultato finale è una rappresentazione dell’oggetto che subisce una metamorfosi, un détournement delle tecniche di riproduzione che sfida la nostra percezione della realtà.
Franza, attraverso questo processo, trasforma la cattura, la trasformazione e l’alterazione dell’immagine in parte essenziale della sua poetica. La lotta dell’artista con l’immagine fotografica è uno scontro che rivendica l’autonomia e l’insostituibilità della pittura nel processo di conoscenza del reale.
Attraverso la stessa arma della fotografia, Franza costruisce la sua poetica dell’immagine, sfidando le convenzioni e lasciando aperto l’interrogativo sulla rappresentabilità del reale.

Sophie Franza, La Bille

Il banco di lavoro di Franza, con i suoi 93 simulacri di oggetti, diventa un viaggio attraverso il tempo e lo spazio dell’operare dell’artista. La sua scelta di rappresentare gli oggetti come immagini di immagini di immagini ci spinge a riconsiderare il visibile, dove il reale diventa un mistero, una lontananza, un’astrazione. Interessante, soprattutto, il diario dei vari passaggi di colore e non solo che l’artista ha messo in mostra, per aiutare ulteriormente il pubblico a capire meglio il processo pittorico e di pensiero dietro il suo lavoro.
Le tele che compongono “L’Établi” evocano un senso di primitività e aurora, richiamando le pitture delle grotte di Lascaux. Franza tenta di esorcizzare e assimilare il magico, il simbolico, l’allegorico che il mondo esprime nel suo continuo apparire, affermando e significando contemporaneamente qualcosa di sempre diverso rispetto al suo contenuto.
In un’epoca dominata dalle immagini e dalla politica, la pittura di Franza si presenta come una ritessitura del velo dell’enigma che avvolge l’apparenza. L’immagine riflessa nell’arte è una trasfigurazione, un enigma che si cela nella superficie in virtù di qualcosa di soggiacente. Le opere di Franza, con la loro estetica tra figurazione e astrazione, si pongono come un dialogo col reale, un invito a una rilettura del visibile.
Una volta un amico pittore mi disse: “O sei capace di dipingere e di raccontare attraverso le immagini il tuo tempo o non lo sei”, e nel caso di Franza la sua tecnica è un ottimo strumento di racconto del nostro tempo e delle immagini che lo compongono.

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