Mentre l’IA si insinua nelle nostre vite, gli artisti contemporanei guardano alla natura. Una lettura inedita di Bologna Arte Fiera 2024
Fare ingresso ad un’esposizione di opere implica una sospensione del giudizio, una sorta di atarassia epicurea per cui non sono ammessi – e mai dovrebbero esserlo – pregiudizi. Camminando lungo i padiglioni di Arte Fiera 2024, inoltrandosi nella giungla dei quasi 200 espositori, è saltata all’occhio – che in queste circostanze ha fame di forme, di trame, di pelle, di figure, di materia, di soggetti – una grande abbondanza di Natura. Lungo l’abbuffata itinerante si è potuto constatare un fatto curioso: mentre l’IA si insinua nelle nostre vite e l’ecosistema va in logoramento, quella Natura che non abbiamo più attorno o che per poco resiste in forme che sono alterate e paradossali – i bucaneve senza neve per citare un singolo esempio – quella Natura che ci si domanda dove sia finita, è scivolata nell’arte contemporanea senza traccia di distopie.
IN DISSOLVENZA. PITTURA DI PAESAGGIO
Se è vero che la pittura di Paesaggio è tradizione secolare e si è distaccata dalle correnti che dal Rinascimento italiano condussero all’Ottocento, declinandosi in forme novecentesche metafisiche (che hanno tutt’ora voce in artisti contemporanei stimabili come Ciro Palumbo) o piuttosto in configurazioni destrutturate di taglio installativo, vi sono tre artisti, presentati ad Arte Fiera, che sembrano invece rompere questa virata. Artisti che in modi diversi, sembrano aver scelto di perseguire, con sguardo retroattivo, una voce più sottile, nostalgica, intimista.
Lo stand della Galleria Boccanera, interamente dedicato all’artista Linda Carrara, è un autentico invito ad un’immersione arborea. Gli oli e gli acrilici su tela, a tratti neo-impressionisti, riportano tutti vedute naturalistiche. Dove l’uomo è pressoché assente, se non nella presenza di una grata, dietro la quale il folto di un bosco si manifesta e preme. A una pittura non facilmente incasellabile, se non in un tipo di “astrattismo vestito”, con il suo strascico velato di figurativismo, sembra rispondere il pennello estatico di Nazzarena Poli Maramotti (Z2o Sara Zanin Gallery), nella cui opera, seppure esplosa (o implosa a seconda della prospettiva), è possibile distinguere un richiamo scomposto e tuttavia temperato, alla Natura.
Fiammingheggianti, dallo stand della Société Interludio, sussurrano in meraviglia i paesaggi soffusi di Enrico Tealdi. Minuti scenari vegetali in sequenza, saturi d’ombre e di albe. Osservando i quali si percepisce all’istante l’umidità delle selve come espediente per un’escursione a caccia di ricordi. Una triade di artisti nei quali non può non scorgersi un’impronta romantica, alla quale fanno da controcanto le tele di Thomas Berra (UNA Galleria), nei quali il fitomorfismo, è cromaticamente semplificato, secondo una vocazione naïf dove più che di Rousseau si discerne in filigrana l’ombra di Matisse.
LANDE TRIDIMENSIONALI
Lungo il percorso della Fiera è stato possibile constatare ancora una volta quanto la Natura che abitiamo e che ci abita, sia fonte inesauribile non soltanto d’ispirazione per visioni paesaggistiche più o meno a fuoco. Ma anche miniera cui attingere per la composizione dell’opera stessa. È ciò che racconta il lavoro di Gabriele Silli (Galleria Mazzoli), che adotta carte, colle, resine, spugne marine ed altri materiali organici per la resa di complesse visioni materiche dall’aspetto muschiato. Ed è ciò che narrano i quadri di Marco Emmanuele (Labs Contemporary), mosaici contemporanei composti esclusivamente di sabbia, vetri colorati e detriti raccolti sulla spiaggia.
ZOOMORFIMO NEO-RUPESTRE
Se l’inclinazione a concepirci nell’era dell’After Nature, l’agonia dell’orologio dell’Apocalisse – di fuori – incalzano, il moto artistico che gli si contrappone è quello di tornare alle origini. Consolatori e scevri da ansie sul divenire appaiono i pastelli ad olio di Marta Roberti (Z2O Sara Zanin Gallery). Delicati simulacri su carta cinese, dalla parvenza di sinopie, dove compaiono palme, pavoni, merli e perfino un autoritratto in forma di leopardo. Una contemplazione dello zoomorfismo che si rintraccia seppur in guisa diversa, nell’”Ariete contemporanea” dell’artista Nicola Samorì. Anch’essa delineata su carta, poi applicata su tela. Poiché la carta è materiale antico e l’effige animale, sfregiata, alla maniera di una pittura rupestre, non annichilisce del tutto la sua face archetipica. Cristallizzandosi in un’eternità provvisoria.
FIORI E VISIONI NEL QUADRANTE
Anche nella moltitudine di fotografie presentate all’Arte Fiera di quest’anno, si legge il segno di un ritorno alla Natura. Le stampe digitali di Maria Vittoria Backhaus (Alessia Paladini Gallery), dialogano strettamente con quelle di Denisse Ariana Pérez (Paola Sosio Contemporary Art). All’algida e nitida messa a fuoco dei soggetti fa da contraltare la comparsa di mazzi e mazzi di fiori e di frutta. Immagini sgargianti ed enigmatiche, contrarie al clima anatomico nella quale è fotografata la piovra di Jacopo Valentini (Galleria Antonio Verolino). Ma le stampe gicléé colorate a mano di Simona Ghizzoni (MLB Gallery) sembrano avere qualcosa di più articolato e profondo da dire. Scatti di piccolo e grande formato nei quali alberga una poesia dell’anima. Fenicotteri, rinoceronti, pesci, rami, conchiglie, femminee silhouette, poltrone e mura di mattoni fanno parte dello stesso disegno. Un ritratto della fotografa, che studia la natura per affrescare la propria.
SCULTURE FITOMORFE
Anche nella resa 3D hanno fatto capolino diverse figure che paiono indagare l’ecologia. Le opere dalle parvenze fitomorfe di Alessandro Roma (CAR Gallery) in ceramica dipinta che ragionano sul concetto di metamorfosi, risuonano nelle porcellane di limoges e nelle ceramiche di Guglielmo Maggini (Z2o Sara Zanin Gallery), dove però il colore tende a scomparire affinché, nel verticale snodarsi di figure umane, animali e tralci, il bianco trovi la propria voce.
E se i fiori di cristallo di Christian Achenbach (Galleria Mazzoli) sbocciati nel mezzo della Fiera, non sembrano necessitare di spiegazioni, è opportuno soffermarsi sulle curiose e stravaganti opere di Michal Maku (Paci Contemporary), che hanno costruito, insieme, un’inattesa coreografia marina da museo. Conchiglie ed altri elementi fossili sembrano immersi entro parallelepipedi di vetro. Un effetto ottenuto con la rivoluzionaria tecnica del Glass Gellage. L’artista interviene su blocchi vitrei, suddividendoli in più lastre e imprimendo su ognuna vari negativi in camera oscura. Le lastre vengono poi assemblate attraverso i raggi UVA, per ottenere la tridimensionalità dell’immagine.
COMPOSIZIONI ORGANICHE
Da ultimo non mancano le composizioni costruite con elementi naturali o simil-naturali. È il caso del “Giardino Nero”, il grande quadro materico di Anne e Patrick Poirier (Galleria studio G7) o della scultura blu intenso di Maggi Hambling che sembra cristallizzare il flusso del suo stesso dipinto “Wall of water”. E poi ci sono i fiori di Andrea Branzi, presentati dall’Antonia Jannone Design di Architettura, le opere astratte di Jinge Dong che dalla natura traggono linee e relazioni tra le forme…
Insomma, alla domanda che ci si pone di frequente, ovvero quale sia il rapporto dell’arte con la natura oggi, Arte Fiera Bologna 2024 sembra rispondere in molti modi. C’è desiderio dell’arte di salvarla, di ricordarla, di dilatarla, di sezionarla, di riplasmarla, di fondercisi, di riconfigurarla. Così come in realtà, anche in tempi meno cupi di questo, è sempre stato.