Il progetto teatrale La buona novella è andato in scena a Genova dal 27 febbraio al 3 marzo 2024 al Teatro Ivo Chiesa con Neri Marcorè e la regia di Giorgio Gallione
Quando Fabrizio De Andrè realizzò il concept-album, cioè l’Lp a 33 giri (come si chiamavano allora), La buona novella sembra fosse in un periodo di crisi che lo portò a cogliere al volo la portata rivoluzionaria di quella proposta. Fabrizio e il produttore Danè lavorarono un anno alla stesura delle canzoni elaborate dalla lettura di alcuni Vangeli apocrifi (in particolare, come riportato nelle note di copertina, «dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo arabo dell’infanzia»).
L’album fu pubblicato nel novembre 1970 e quando uscì dalla sinistra giovanile si levarono non pochi mugugni. Si era in piena lotta studentesca e alcuni considerarono quel disco come anacronistico. La buona novella non fece mugugnare solo i giovani, ma provocò il mondo cattolico per la sua lettura ‘non canonica’ dei Vangeli, mentre al contempo indicava Gesù Cristo come «un modello» da seguire.
Il capolavoro di De Andrè è una sorta di arcaica Sacra Rappresentazione, l’ossimoro di un laico che ha fede in un Gesù molto terreno: «Dio che il male non volle finché restò uomo», «Non figlio di Dio ma figlio dell’uomo, fratello anche mio». Il Cristo di De Andrè predica un messaggio di pace e uguaglianza, contro cui si schiera l’arroganza di un potere che «uccide nel nome di un dio» e mal sopporta tanta libertà. E poi c’è Maria: prima bambina, «corpo di vergine che si fa lotteria», costretta alla maternità da una entità astratta; e poi madre, dolente sotto la croce, «in agonia» per quel figlio strappato, rabbiosa per un destino che lei non avrebbe voluto. Tra madre e figlio si inserisce Giuseppe col suo stupore. Un vecchio marito che torna dalla giovane sposa accettando un mistero che forse non comprenderà mai. E il ladrone Tito che grida un decalogo fatto di soprusi subiti, invocazione d’aiuto di un uomo che si scopre abbandonato da un Dio che forse era troppo stanco o lontano da chi spesso lo ha «nominato invano».
Nello spettacolo in scena a Genova dal 27 febbraio al 3 marzo 2024 al Teatro Ivo Chiesa, protagonista sul palco è Neri Marcorè, che insieme a Giorgio Gallione ha già esplorato il mondo di De André a teatro con Quello che non ho. Guidato da Gallione, Marcorè si affida alle sole parole di De André, quelle delle canzoni e del suo brano “Si chiamava Gesù” usato da prologo intervallate ai testi evangelici che le avevano ispirate. Si avvicina a questo De André in punta di piedi e con delicatezza lo narra e canta fedele all’originale. E’ bravo ed avvincente, ma la preziosità dello spettacolo sta nell’arrangiamento di Paolo Silvestri eseguito da un ensemble composto di musiciste (chitarra, fisarmonica, violino, percussioni) che sono anche voci. L’aspetto musicale è senz’altro l’elemento centrale dello spettacolo La buona novella il cui merito non va ad un singolo, ma al complesso orchestrale di tutti i professionisti, da Giua (voce e chitarra), a Barbara Casini (voce, chitarra e percussioni), Alessandra Abbondanza (voce e fisarmonica), Francesco Negri al pianoforte, in cui spicca senz’altro il violino di Anais Drago.
Il pubblico, che riempie il teatro tutte le sere, viene così coinvolto dalla bellezza della musica e dalla sinergia con la quale gli artisti la suonano dal vivo. In questo si inserisce la sapiente narrazione di Marcorè e di Rosanna Naddeo che permette allo spettatore di immergersi ulteriormente fungendo da collante tra i diversi momenti cantati.
Forse non sarà piaciuto a molti il ritratto di un Gesù Bambino capriccioso e incline a un uso smodato di super poteri più simile a quelli del Super Saiyan Goku, il protagonista Dragon Ball, uno dei manga più amati di sempre, che a quelli che il Catechismo ci ha fatto conoscere del figlio del falegname di Nazareth. Ma invece tocca senz’altro il cuore una Maria molto umana, una madre a tutto tondo a cui dedica ben cinque canzoni, quasi la metà dell’album. Maria è il personaggio più delicato e struggente perché è l’immagine dell’oppresso che perde la propria libertà, burattino nelle mani di chi sta in alto.
Come La Buona Novella di De Andrè è l’invito a rispondere con coraggio, compassione ed amore agli abusi di un potere corrotto e crudele, così anche lo spettacolo di Gallione e Marcorè lancia lo stesso messaggio: bisogna difendersi e combattere un sistema meschino che è riuscito a sopravvivere durante i secoli fino ai giorni d’oggi, come possiamo tristemente vedere. Lo ha fatto Gesù uomo e non Figlio di Dio, quel Gesù rivoluzionario come lo può essere ognuno di noi.