I segreti di Dune – Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides, in libreria la guida di Paolo Riberi e Giancarlo Genta
Ci sono pellicole che hanno fatto la storia del cinema scalando le classifiche dei botteghini, il Dune di Denis Villeneuve (Arrival, Blade Runner 2049), di cui è uscita in sala in questi giorni la seconda parte, probabilmente sarà tra questi. Altre pellicole invece hanno lasciato il segno senza nemmeno esistere. Produzioni titaniche naufragate nel nulla, copioni riscritti per anni, traversie a non finire, il Dune di Alejandro Jodorowsky, per esempio. Nel 1975, dopo il successo di El Topo e La montagna sacra, Alejandro Jodorowsky è il cineasta intellettuale e magico più ricercato del mondo, ha carta bianca e quello che vuole è realizzare il film più importante della storia del cinema, l’adattamento dei romanzi della saga di Dune di Frank Herbert, uno dei testi sacra per gli appassionati di fantascienza. Missione impossibile? Missione impossibile. Il suo Dune avrebbe dovuto essere un film rivoluzionario, un’opera d’arte totale, e per fare questo il regista coinvolge nel suo progetto faraonico un team che comprende Giger, Moebius e Chris Foss, oltre all’esperto di effetti speciali Dan O’Bannon, per le musiche i Pink Floyd e attori come David Carradine, Mick Jagger, Salvador Dalì e Orson Welles. «Per me Dune avrebbe dovuto rappresentare la discesa in terra di un dio – ha spiegato Jodorowsky – Volevo realizzare qualcosa di sacro, libero, guidato da una prospettiva del tutto nuova. Aprire la mente delle persone». Per due anni, il regista e il suo team di “guerrieri spirituali” lavorarono giorno e notte all’immane compito di creare il favoloso (e complesso) mondo di Dune: vengono realizzati più di 3.000 storyboard, numerosi dipinti, costumi e una dettagliatissima sceneggiatura. Alla fine non se ne fa nulla. Il progetto è troppo ambizioso, troppo rischioso, troppo libero, distante dal modello del romanzo (insomma, poco fedele), ma la mole di lavoro prodotta ha ispirato i grandi successi della fantascienza cinematografica che sarebbero arrivati in seguito: Star Wars (1977), Flash Gordon (1980), I predatori dell’arca perduta (1981), Il quinto elemento (1997) e – ovviamente – Alien (1979). Questa storia tutta matta è raccontata anche in documentario, per la regia di Frank Pavich. Poi, nel 1984 Dune esce al cinema diretto da David Lynch, che in seguito però – insoddisfatto dalle ingerenze dei produttori – disconosce la pellicola. Ora, il complessissimo immaginario di Dune rivive nello splendore dell’adattamento di Villeneuve, con Timothée Chalamet (superstar del botteghino dopo il grande successo di Wonka) e Zendaya. Che sia quella naufragata di Jodorowsky, quella fallimentare di Lynch o quella di successo di Villeneuve, l’operazione di trasposizione dal romanzo alla pellicola si è sempre rivelata un’impresa titanica, bisognosa di un’incredibile energia creativa in grado di animarla.
Ma perché questo romanzo, ormai mitico, germinato poi in un lunga saga di romanzi (in parte a firma di Frank Herbert, altri – molti altri – scritti invece dal figlio), è così complesso? Cos’ha di così complicato?, e da dove arriva questo immaginario incredibilmente articolato?
A farci da guida è arrivato in libreria I segreti di Dune – Storia, mistica e tecnologia nelle avventure di Paul Atreides di Paolo Riberi, Giancarlo Genta (Mimesis). I due autori in questo saggio fanno luce sulle innumerevoli tematiche che si nascondono in questa saga letteraria: i culti messianici mediorientali, l’intelligenza artificiale, l’esplorazione dello spazio, le dinamiche della società feudale, la mistica medievale sufi dei Fremen, la droga sacra e le suggestive ipotesi tecnologiche dell’autore, tra plausibilità e fantasia. Il segreto del successo di Dune, ma anche il motivo della sua complessità a livello di immagini, è proprio questo sincretismo, laico e spirituale, sfacciato e impudente.
Nell’introduzione del libro viene fatto un po’ di ordine in questa “saga infinita”, dalla genesi dei romanzi agli adattamenti cinematografici, allo sviluppo della trama (“in breve”) nell’evolversi dei romanzi, fino a un appunto legato all’impatto culturale di quest’opera mondo. Il volume di si divide poi in due parti. La prima è dedicata alle fonti storiche e mistiche che hanno ispirato Herbert nella definizione del suo universo. Qui si vanno a indagare i modelli feudali a cui rimanda la struttura: “Il punto di partenza ideale per esplorare questo arazzo variopinto è […] la sua cornice, rappresentata dal sistema feudale che permea l’intero universo di Dune“.
All’inizio del primo romanzo della saga, la reverenda madre Gaius Helen Mohiam sintetizza così lo status quo della galassia: “La nostra civiltà si basa su tre punti fermi: la Famiglia Imperiale, in equilibrio con le Grandi Case federate del Landsraad, e in mezzo la Gilda, col suo maledetto monopolio dei trasporti interstellari. In politica, un tripode è la più instabile delle strutture. Sarebbe già brutto, anche senza le complicazioni di una cultura commerciale feudale che osteggia praticamente qualsiasi scienza”. Sono espliciti i rimandi alla struttura del feudalesimo, all’imperatore e alle Grandi Case vassalle, che dimorano nei castelli e governano singoli pianeti, tutti elementi che non non possono non far pensare al Sacro Romano Impero e all’alto medioevo. “Nella prima metà del Quattrocento – come spiegano Riberi e Genta nel loro saggio / guida – con un’ordinanza di re Carlo VII di Francia divenne addirittura possibile sia per il sovrano sia per il vassallo delegare un intermediario a partecipare alla cerimonia dell’omaggio in loro vece. In definitiva, al di là delle apparenze formali, l’imperatore e i suoi feudatari finirono per diventare a tutti gli effetti due forze politiche indipendenti, sempre in lotta tra loro e alla continua ricerca di un precario equilibrio. È proprio questa seconda fase dell’età medievale che sta alla base dell’universo fantascientifico di Dune. I feudi, che qui si estendono a interi pianeti, sono governati da autentiche dinastie nobiliari, come gli Atreides e gli Harkonnen: nel primo romanzo il giovane Paul è l’erede del duca Leto, e Feyd-Rautha è destinato a succedere al barone Harkonnen, senza che la casa imperiale abbia alcuna voce in merito alla prosecuzione del loro status di vassalli”.
Ma il viaggio alla scoperta delle fonti di ispirazione di Dune è solo all’inizio, e prosegue ricchissimo, perché quest’opera letteraria fugge da una qualsiasi matrice unitaria, da qualsiasi interpretazione univoca. Gli ingredienti e le fonti storiche che confluiscono nella saga si sovrappongono, si amalgamo e si contaminano tra loro in continuazione. Il modello politico dell’Europa medioevale si sovrappone con quello dell’Impero romano (con schiavi e gladiatori), con la Compagnia delle Indie Orientali, in un pastiche postmoderno di linguaggi e immagini, con debiti anche nei confronti delle guerre combattute a metà Ottocento tra la Russia e i ribelli di Shamil, e molti altri ancora… Per esempio, “Tracciando una biografia del padre, Brian spiega che “le sue cattoliche zie irlandesi, che cercarono in ogni modo di imporgli la Toro religione, divennero i modelli di riferimento per la sorellanza del Bene Gesserit in Dune. Non è un caso che, in inglese, la pronuncia di Gesserit e la parola Jesuit siano così simili: Frank concepiva le sue zie e l’ordine del Bene Gesserit come una versione femminile dei Gesuiti” […] non è certo difficile intuire il chiaro parallelismo tracciato da Herbert: proprio come i gesuiti divennero i confessori privati e i confidenti politici di molti regnanti europei, esercitando un’enorme influenza sul loro operato, in Dune le sorelle Bene Gesserit prestano i propri servizi come veridiche” e consigliere di palazzo, condizionando costantemente le scelte e le decisioni dell’imperatore e delle Grandi Case”.
In questa prima parte viene indagata anche la figura del suo protagonista, Paul Atreides, figura messianica che incarna nel suo personaggio numerose ispirazioni mitologiche e religiose, con una parabola che ricalca quella classica del viaggio dell’eroe (iniziazione, separazione, ritorno), martire, eroe, simbolo di rinascita e prefigurazione dell’Uomo Perfetto. Una figura utopica e grandiosa, che traina la saga di Dune tra gli orizzonti etici e morali, filosofici e religioni, fino ai confini del transumanesimo.
C’è poi una seconda parte, altrettanto ricca (anzi ricchissima), che va a indagare il mondo tecnologico di Dune, la tecnologia dei viaggi spaziali, degli armamenti fantascientifici, il rapporto tra l’umano e l’intelligenza artificiale, bandita per sempre in seguito a una guerra santa (Jihad Butleriano): Gaius Helen Mohiam, Reverenda Madre del Bene Gesserit, spiega “Un tempo gli uomini dedicavano il proprio pensiero alle macchine, nella speranza che esse li avrebbero liberati. Ma questo consentì ad altri uomini di servirsi delle macchine per renderli schiavi”, uno scenario che oggi sembra sinistramente attuale e profetico. Questo volume si rivela una guida indispensabile per districarsi, almeno in parte, nell’universo di Dune, tra droghe persiane, guerre sante, voci di altri mondi, profeti, ornitotteri, ribelli e minacce cosmiche, all’inseguimento di simbologie cristologiche, degli oscuri poteri della mente, di intrighi di palazzo e di rinascite stellari.